Gillo Pontecorvo, 100 anni dalla sua nascita di Armando Lostaglio

                              Gillo Pontecorvo, 100 anni dalla sua nascita

di Armando Lostaglio

Avrebbe compiuto 100 anni il regista Gillo Pontecorvo. Era nato a Pisa il 19 novembre 1919, una militante carriera da cineasta e non solo, conclusasi a Roma nell’autunno di 13 anni fa. Gillo (come tutti lo chiamavamo a Venezia durante la sua direzione della Mostra dal ‘92 al ‘96) non era stato solo un grande regista (talvolta definito pigro per i suoi soli 5 film girati fra il ’57 e il ’79). Gillo aveva conseguito la laurea in chimica (suo fratello Bruno era il noto fisico allievo di Enrico Fermi); è stato anche giornalista e soprattutto un critico di cinema ed aveva combattuto nella Resistenza. Una vita poliedrica dunque, condita sempre con quel luminoso sorriso. Almeno questo appariva a noi appassionati di Cinema che partivamo dalla Basilicata alla volta di Venezia per vedere film così intensi e particolari, che la sua maestria aveva saputo ben amalgamare fra l’impegno civile e la spettacolarizzazione: ma sempre drammaturgicamente eccellenti. Con Pontecorvo la Mostra del Lido si sdogana finalmente ai giovani, a centinaia: l’intento è quello di portarli a vivere da protagonisti il Festival più antico del mondo, istituendo la prima giuria dei giovani che consegna il prestigioso premio Anica-Flash al miglior film opera prima. Venezia che nel 1966 gli conferisce il Leone d’oro per il capolavoro La battaglia di Algeri, candidato pure all’Oscar. Gillo aveva avuto anche una precedente candidatura con il suo primo film nel 1961: Kapò interpretato da Susan Strasberg (era la figlia di Lee, fondatore dell’Actor’s Studio), che anticipa il rapporto masochista fra vittima e carnefice. Gillo stabiliva con i suoi protagonisti un rapporto empatico. Rimarrà famoso quello con Marlon Brando, con il quale pure arrivò a litigi furiosi durante le riprese di Queimada, film straordinario (del 1969, negli anni della contestazione giovanile) sulle guerre di liberazione e sul colonialismo;  eppure rimasero molto amici. Perché era difficile non amare una persona come Gillo. Lui che aveva esperienza da vendere: fin da giovane era stato assistente di autori importanti come Yves Allegret e Joris Ivens in Francia, e quindi anche di Mario Monicelli; documentarista, regista di spot, autore di collettivi e organizzatore culturale. Con un imperativo ben preciso: salvare il cinema. Giocava bene anche a tennis, ma ogni immagine lo ricollega al mondo della celluloide, che ha amato tanto e con cui aveva diffuso il suo credo. Con La grande strada azzurra del 1957 dirige Alida Valli e Yves Montand nei panni di un pescatore di frodo che la polizia non riesce a prendere. L’anno prima aveva girato l’episodio “Giovanna” sulla occupazione delle operaie di una fabbrica tessile di Prato. Suo stretto collaboratore è stato lo scrittore e sceneggiatore Franco Solinas, che il regista, dopo la sua scomparsa, omaggerà dal 1986 istituendo il Premio Solinas dedicato a giovani sceneggiatori. Dal 1992, dicevamo, Pontecorvo assume l’incarico di direttore della prestigiosa Mostra di Venezia, e quell’anno, in pieno conflitto balcanico invita il film jugoslavo Tango argentino di Goran Paskaljević, nonostante la Jugoslavia fosse sotto embargo ONU. Il film vincerà il Premio del pubblico.                                                                                         Impegno civile e lezioni di cinema: Gillo resterà un faro in quell’universo così complesso, e il CineClub “V. De Sica” (di cui aveva molta stima) intende sempre ricordarlo.