Paper Moon – Luna di carta (recensione di Roberto Di Vito)

Paper Moon – Luna di carta (recensione di Roberto Di Vito)

è un film del 1973 diretto e prodotto da Peter Bogdanovich, basato sul romanzo Addie Pray di Joe David Brown. Salve Catello. (Vi ringrazio ancora delle proiezioni al vostro cineclub dei corti che realizzai ad Expo Milano 2015 – L’esperienza di Expo è stata e sarà per me indimenticabile) Ho letto la tua recensione su “Paper Moon” e concordo in pieno con la tua analisi e con la scelta del film da parte del vostro presidente. Ricordo benissimo che quando il film uscì, ero piccolo, e andai a vederlo con mia madre, al cinema Aventino…vicino casa. Ora purtroppo da tanti anni è diventato una sala Bingo (segno dei tempi). Il film mi piacque tanto e fui affascinato dalla protagonista Tatum O’Neal. Mia coetanea. Mi ricordo l’emozione nel rivederla in TV nel 1974 quando ritirò la statuetta dei David di Donatello al Teatro Greco-Romano di Taormina, mentre scendeva gli antichi gradini per arrivare al palco. Dal 1982 invece la cerimonia dei David si svolse sempre a Roma. Chiedo scusa a Catello se faccio notare che Tatum non ha vinto il premio Oscar come protagonista, ma come non protagonista. Confermo che ha il record ad oggi della più giovane vincitrice di un Oscar in qualsiasi categoria. Purtroppo, nonostante compaia in quasi tutte le scene del film, i giurati non vollero nominare una bambina nella categoria come migliore protagonista Il successo le fruttò anche un Golden Globe, anche se il resto della carriera non è stato all’altezza di questo esordio fulminante. – L’attrice prodigio attraversò momenti difficili che culminarono nell’arresto per possesso di droga nel 2008, a conferma che la vita post-Oscar non è stata affatto semplice. Scrisse anche un libro autobiografico di memorie nel 2004, “Una vita di carta” dove ha anche raccontato che nessuno dei suoi genitori ha partecipato alla sua cerimonia di premiazione. Pare che il padre la picchiava ed era geloso del suo grande successo…e lei si sentiva in colpa. Oggi ci si ricorda di Tatum anche come ex fidanzata del tennista John McEnroe e come primo flirt di Michael Jackson. Riguardo al film, che ho rivisto anni dopo in un bel dvd con inserti e commenti, posso dire che la sua riuscita è dovuta anche ai suoi collaboratori…a cominciare della ex moglie del regista: Polly Platt. Scenografa del film, quindi determinante nella scelta delle location…ho letto che fu lei a suggerire Tatum come attrice. Inizialmente il progetto del film prevedeva la regia di John Huston con Paul Newman e sua figlia. Quando Huston lasciò la realizzazione del progetto, anche l’attore diede forfait. Il titolo del film non fu uguale a quello del romanzo: “Addie Pray”..il regista scelse il nome di una canzone d’epoca. Del titolo ne fu entusiasta anche il grande Orson Welles amico e mentore del regista…fu lui anche a suggerire di utilizzare il bianco e nero per le riprese del film. Il commento fu: “Quel titolo è talmente buono, che non dovresti nemmeno fare il film. Ti basterebbe mostrare nelle sale solo il titolo!”. Importante anche la bravura del direttore di fotografia László Kovács, che recuperò il bianco e nero degli anni Quaranta e la pratica del pan-focus, attraverso una forte illuminazione sul set per bilanciare la perdita di luce dovuta all’utilizzo di filtri rossi per il cielo e per la necessità di illuminare anche i personaggi sul fondo. Fu sceneggiato da Alvin Sargent premio oscar per “Giulia” e “Gente Comune” e scrittore anche in Spider Man 2 e 3 (Pensa te! Molto eclettico) Invece mie riflessioni informali. Il film è dolce ma anche amaro…e ha degli elementi che si direbbero oggi “politicamente scorretti” La ragazzina fuma pur avendo solo 9 anni. Chissà se oggi sarebbero censurate quelle scene. Invece di essere meno moralisti lo siamo di più? Nel film c’è anche una critica anti-borghese che risente delle contestazioni giovanili e del periodo degli anni 70. Una recensione mi ha fatto notare che la polizia è vista negativamente…sono vestiti con delle uniformi nere, simil-fascisti. Sono dei cattivi corrotti che controllano il paese, compresa la malavita, come se ci fosse un “regime” poliziesco. La fine del film è molto chiara…si nota facilmente la delusione della carina e irrequieta Tatum quando giunge a destinazione, nella casa dalla Zia. Gli bastano pochi secondi per decidere che non vuole rimanerci. La casa è anche bella, pulita e super ordinata…con una zia forse premurosa, ma priva di slanci…purtroppo ordinaria, banale…piccolo borghese appunto. Nel dvd, nella versione con i commenti…il regista dice che sente subito la nostalgia del “padre” Moses… invece io ci vedo anche altro. Un’adesione ad un altro stile di vita. C’è il rifiuto di una vita ordinaria e banale incanalata in stereotipi che stanno stretti ad una ragazzina precoce e ribelle come Tatum. Un finale iconoclasta, Vasco direbbe “voglio una vita spericolata”. In fondo lei preferisce il presunto padre anche se sembra rifiutarla, anche se è un piccolo truffatore…non tanto edificante. Un truffatore giustificato dal periodo di povertà e non violento (non le da mai neanche uno schiaffo anche durante i continui battibecchi) e non cattivo d’animo. Invece una mia annotazione sulle stranezze della vita e del film. riguarda la talentosa ed eccezionale Tatum Paper Moon è un film del 73. Il suo secondo film uscì ben 3 anni dopo: “Che botte se incontri gli “Orsi”, regia di Michael Ritchie è del 1976, con Walter Matthau. (Pare che sia un film piaciuto stranamente molto a Tarantino.) Non sono troppi anni ? Strano. Sembrava lanciatissima…Forse per la sua età era difficile trovare dei ruoli? Poi il film uscì in “sordina”, sparì subito… Non lo vidi neanche… Il film l’ho visto solo tanti anni dopo… carino…ma con grande sorpresa una Tatum diversa, cresciuta, quasi sotto tono. Sempre carina e un po’ maschiaccio…ma meno incisiva. Normalizzata, forse anche colpa del personaggio. Non so. Priva di mordente. Ancora peggio nel film seguente: “Vecchia America (Nickelodeon)” regia di Peter Bogdanovich (1976) Purtroppo un film che “gira a vuoto”. Carino, ma noioso… qui Tatum recitava sempre con suo padre e con lo stesso regista…ma tutto è cambiato. Lei quasi sdolcinata sia nella recitazione che nel personaggio. Non so perché una scelta “suicida” anche nei ruoli. Mah… vabbè. Stranezze della vita. Come se “Paper Moon” avesse un tocco speciale, difficilmente ripetibile. In fondo ogni film nasce anche da una serie di coincidenze in parte fortuite, come fosse un prototipo. Un ultimo grazie a Catello per la recensione perché mi ha regalato una ennesima e nuova scoperta sul film che non sapevo e mi ha sorpreso. La voce di Tatum in italiano non è di una giovane doppiatrice, ma di un doppiatore. Incredibile! Funziona benissimo…stento a crederci. Magie del cinema e dei film.

Roberto Di Vito

(Nella Foto Peter Bogdanovich e Orson Welles)