L’artista
(“El artista”)
Genere: commedia
Nazione: Argentina/Italia
Anno produzione: 2008
Durata: 100’
Regia: Mariano Cohn e Gastón Duprat
Cast: Sergio Pángaro, Alberto Laiseca, Ana Laura Lozza, Marcello Prayer
Produzione: Costa Films e Aleph Media
Sceneggiatura: Andrés Duprat
Se questo è un genio?
Jorge lavora come infermiere in un istituto geriatrico. La sua vita monotona cambia improvvisamente quando scopre che un suo anziano paziente, che passa la maggior parte del tempo in stato catatonico, è dotato di uno straordinario talento pittorico. Decide allora di appropriarsi dei suoi quadri e di proporli a una galleria d’arte spacciandosi per l’autore. Diventa così in brevissimo tempo un artista di fama nazionale, osannato dai critici come il nuovo fenomeno della scena contemporanea. Egli si ritrova repentinamente proiettato nel sofisticato mondo delle gallerie, fatto di curatori cervellotici e collezionisti snob. Tuttavia il suo destino è legato a doppio filo a quello del suo paziente e al perdurare della sua creatività.
Prendersi poco sul serio
Trovare una precisa definizione di arte è un tema esplorato da decenni da critici e filosofi. La ambiguità del termine stesso ha sollevato diverse controversie e scontri tra varie scuole di pensiero. Oggi, il panorama dell’arte ha drasticamente cambiato il proprio orientamento, assottigliando drammaticamente la linea di demarcazione tra cosa è arte e cosa non lo è. Questo bel film, opera prima dei due registi, nonché artisti loro stessi, argentini, tenta in qualche modo di esorcizzare il serioso dissertare intorno a tale annoso problema.
Una crew fatta quasi esclusivamente di persone che hanno attivamente a che fare con l’arte, dunque lontani dai meccanismi dell’industria cinematografica, riesce nella creazione di un raffinato prodotto filmico. Cinematograficamente parlando, trattasi di una pellicola un po’ scarsa, con quell’uso eccessivo e inaccurato della camera fissa, che è però giustificato almeno in parte dalla idea che le immagini sullo schermo siano anche dei quadri; come del resto lo spettatore che guarda il film è a sua volta guardato dagli attori, proponendo così un interessante discorso metafilmico.
L’umorismo della storia risulta sobrio ma acuto, in una trama che si attesta come una intelligente, anche se non ci è dato sapere quanto volontaria, presa in giro, e sovente persino messa in ridicolo, del mondo dell’arte contemporanea. La pellicola avanza inoltre una specie di monito temperato verso questo elitario ambiente “culturale”: se proprio l’arte ha da tempo rinunciato a mostrarsi in modo comprensivo (“onesto” diceva John Ruskin [1819 – 1900]) alla gente, perdendo la sua funzione educativa ed estetica, che almeno cerchi di essere più simpatica, prendendosi meno sul serio!
Riccardo Rosati
Conferenza stampa
Interviene alla conferenza stampa del film, tenutasi presso il MACRO di Roma, lo sceneggiatore Andrés Duprat, fratello di uno dei due registi.
Come è nata questo storia?
L’ho scritta per esorcizzare questo mondo che considero snob ed elitario, ma che in parte amo e che ai miei occhi è sempre un po’ pazzo! Non intendevo fare il solito noioso documentario sull’arte contemporanea.
Qual è il senso principale di questa opera?
La domanda principale che viene posta dal film è: “Chi è veramente l’artista, il giovane o il vecchio?”. Per me lo sono entrambi.
È molto semplice prendere in giro il mondo dell’arte, ma il film non si prefigge questo. Ho scelto il cinema per la mia storia, poiché la trovo una forma di espressione più democratica dell’arte contemporanea, dove il pubblico è sempre troppo intimidito dalla critica.
Ma il mondo dell’arte contemporanea è veramente così chiuso ed esclusivo?
Purtroppo sì. Nel film appare come un ambiente quasi surreale, ma la verità è che è proprio così. Ai vernissage, ad esempio, accadono delle cose davvero terribili. A volte, mi vien voglia di abbandonare, cambiare mondo, perché penso che ormai esso non abbia niente a che fare con me e, specialmente, con l’arte!
Ha mai pensato a un finale alternativo o diverso per la sua storia?
No, i registi e io non avevamo dubbi. Volevamo far capire che l’artista non era solo uno dei due protagonisti, ma entrambi. Inoltre, per noi argentini il viaggio in Italia che compie Jorge ha sempre un significato molto speciale, per noi l’Europa ha una grande importanza.
Ma come va letta per lei un’opera d’arte?
Mai isolata o scissa dal contesto della produzione artistica di chi l’ha fatta o pensata. Dunque va letta come un tassello in un disegno globale; se isolata, essa rischia di non avere più senso. L’opera d’arte non è un caso a sé, ma un pezzo di un qualcosa di più grande.
Per farla breve, ma i critici in questo mondo sono davvero tanto potenti?
Sì, ma a me non fa affatto piacere. Pensate che i musei hanno spesso più fiducia nei critici e nei curatori che negli stessi artisti. Ritengo che questi personaggi siano davvero troppo influenti nel mondo dell’arte.