VENEZIA 81: VENEZIA RESTA SUL PODIO PIU’ ALTO DEL CINEMA MONDIALE Catello Masullo

VENEZIA RESTA SUL PODIO PIU’ ALTO DEL CINEMA MONDIALE

Catello Masullo

 

La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si conferma agli assoluti vertici mondiali per qualità della selezione. La Squadra di Alberto Barbera non perde un colpo, ed anche questa 81esima edizione (nessun Festival al mondo ne conta tante) si rivela all’altezza delle precedenti. Con una nota del tutto particolare per la qualità straordinaria dei film italiani selezionati. Forse per la prima volta nella sua storia,  i 3 film scelti dal Cinecircolo Romano, tra quelli presentati alla Mostra di Venezia, per la sua stagione cinematografica, la 60esima, sono tutti italiani. Comincerei proprio da questi. Vermiglio, di Maura Delpero, che realizza una nitida e vivida rappresentazione delle tradizioni delle popolazioni dell’Alto Adige, confermando la straordinaria cura dell’immagine di cui è capace, con una profonda analisi sociale e psicologica dei personaggi e del portato della complessità della vita di queste genti ed una portentosa la direzione di splendidi attori. Meritati il prestigioso Leone d’Argento ed il Premio per miglior Film Italiano di Critica Sociale Sorriso Diverso, la cui Giuria mi onoro di presiedere da 9 anni, e la designazione a rappresentare l’Italia per la corsa agli Oscar. Familia, di Francesco Costabile, un’opera matura, autoriale, che sfiora già all’opera seconda il capolavoro assoluto, e che lascia il segno. Il Tempo che ci vuole, di Francesca Comencini, la quale con questo realizza il suo miglior film di sempre: Ispirato, vibrante, poetico, nostalgico, ammirante e ringraziante, magnificamente e sublimemente cinefilo. Meritevoli di menzione anche gli altri film italiani alla Mostra, quali Campo di Battaglia, di Gianni Amelio, il quale mette ancora una volta un mestiere infinito, costruendo un film ipnotico, che ti afferra e non ti molla più, con un potente ed alto urlo antimilitarista; Diva Futura, di Giulia Louise Steigerwalt, che domina con sicurezza un cast corale che restituisce il giusto colore, ma anche i toni tragici e melanconici, del circo mediatico di Riccardo Schicchi, materializzato da un Pietro Castellitto in stato di grazia, con la storia raccontata dalla vera protagonista, Barbara Ronchi, che era stata la musa di “Settembre” per la stessa regista, alla Mostra con il numero record di ben 4 film; Nonostante, di Valerio Mastandrea, che sviluppa temi esistenziali alti, innestandovi una bella, quanto improbabile storia d’amore, come nella vita accade, un film sensibile, poetico, profondo; Iddu, di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, i quali con questo film raggiungono la loro vetta espressiva, affinando ed innalzando il livello della loro capacità di lettura della società siciliana e della più famosa deriva della stessa, la mafia, rasentando la perfezione assoluta in tutti i reparti e un cast di campioni di recitazione del nostro cinema, a partire dai protagonisti Toni Servillo e Elio Germano, insuperabili, come tutti i comprimari, nessuno escluso; L’Occhio della Gallina, di Antonietta De Lillo, film che ci racconta una storia che ha dell’agghiacciante, di un mondo al contrario, non quello di Vannacci, quello della gallina che chiude l’occhio al contrario, dal basso verso l’alto, una tragedia di incredibile ostracismo e discriminazione verso la stessa regista, che si è macchiata, 20 anni fa, di “lesa maestà”; L’Orto Americano, di Pupi Avati,  un film di alta qualità cinematografica, degno film di chiusura della 81esima edizione della Mostra di Venezia, avvincente, sempre interessante, colto, affascinante, con interpretazioni impeccabili; La Storia del Frank e della Nina, di Paola Randi, film ironico, colto, delizioso, socialmente alto; Se posso Permettermi Capitolo II, di Marco Bellocchio, un saggio di altissima qualità cinematografica, in tutti i settori della concezione, regia, interpretazione, confezione, un capolavoro assoluto; Vittoria, di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman, la protagonista assoluta è Marilena Amato, un vero caterpillar, una forza della natura che non si ferma davanti a nessuno ostacolo, ma il protagonista è anche il cuore, certe cose si possono fare solo con il cuore, e non con la testa, questo film è la “Vittoria” del cuore, e dell’amore. Il Carattere Internazionale della Mostra è stato, come sempre, ben rappresentato, con film di altissimo livello, come: Beetlejuice Beetlejuice, di Tim Burton, un profluvio ininterrotto di geniali invenzioni visive, ironia sublime, che rende tutto di squisita leggerezza, “cinema cinema” di una volta, con pochi effetti e trucchi digitali e tanto, tantissimo mestiere, e genio assoluto; Joker: folie à deux, di Todd Phillips, su più livelli sorprendente, con una prorompente Lady Gaga; Maria, di Pablo Larrain, sontuoso, con una Angelina Jolie, che ha un’aura di eleganza suprema che non la abbandona mai, in nessun fotogramma, e preziosismi registici illuminano il film con zampate di talento puro; El Jockey, di Luis Ortega, colpo di fulmine, un susseguirsi continuo di situazioni di piacevolissima comicità surreale, con visi impagabili, fantasia di trovate visive e visionarie; Pooja, Sir, di Deepak Rauniyar, un formidabile film nepalese che ha la struttura del film di genere, crime/investigativo; Why War, di Amos Gitai, uno dei più squillanti gridi anti-bellici con una operazione di alta valenza culturale, artistica, estetica e sinestetica, visuale, teatrale, cinematografica e musicale; The Order, di Justin Kurzel, di grande potenza e notevole impatto, adrenalinico, avvincente, confezione di altissima professionalità, interpretazioni stellari; Mon Inseparable, di Anne-Sophie Bailly, film delicato, lieve, ma incalzante, di altissima valenza sociale, Premio Miglior Film Straniero di Critica Sociale Sorriso Diverso; The Brutalist, di Brady Corbet, dieci anni di sviluppo, una produzione poderosa ed impegnativa, confezione di altissima professionalità, interpretazioni fantastiche; Ainda Estou Aqui, di Walter Salles, tiene abilmente lo spettatore in sospensione e non ne perde mai l’attenzione, con una narrazione epica e coinvolgente, un utile monito alle giovani generazioni, perché si facciano guardiane, vigili ed attive, delle libertà ottenute a prezzi elevatissimi; Finalement, di Claude Lelouch, un tripudio di fantasia, di inventiva e allucinatoria visionarietà, di ironia sublime, di poesia, di canzoni, di musica, di attorialità e, soprattutto, di “cinema cinema”; Wolfs, di Jon Watts, adrenalinico e mozzafiato, non c’è un solo momento di pausa, un profluvio continuo di azioni, inseguimenti, gag, battute, senza soluzione di continuità; The Room Next Door, di Pedro Almodóvar, un Almodovar in sottrazione, meno melodramma, meno sopra le righe, meno esagerazioni, ma una precisione ed una incisività mai prima raggiunte, con un impatto emotivo sullo spettatore che arriva al diapason, senza rinunciare al gusto estetico dei colori alla Almodovar; Anul Nou Care N-A Fost, di Bogdan Mureşanu, vincitore della Sezione Orizzonti, un film dotato di toni di garbata e sapida ironia  e di un abile montaggio parallelo delle 6 storie, che si sfiorano, si toccano, convergono, si intrecciano, in un crescendo rossiniano, sino ad un finale sorprendente e strepitoso, sull’incedere delle note del mitico bolero di Ravel.