Franco Maresco, l’anarchia filmica come bene d’altrove, di Armando Lostaglio

Franco Maresco, l’anarchia filmica come bene d’altrove, di Armando Lostaglio

“Un film fatto per Bene” di Franco Maresco, in concorso a Venezia 82,
rappresenta la comicità e l’originalità di raccontare in modo più
singolare ed anarchico che si possa immaginare, come mai si vede sullo
schermo: verrebbe da dire “una danza infernale della ragione attorno ai
due poli della follia” mutuando il Tingeltangel valentiniano. Eppure qui
siamo nei territori di una caustica narrazione apparentemente
televisiva, urticante e mai banale. Non allineata, autarchica, ma
totalmente spassosa. Capace cioè di rompere gli schemi del cinema di
purezza narrativa. Non c’è “linguaggio” perché a Maresco il termine non
appartiene, non c’è storia, ma c’è solo un celato bisogno di scolpire un
senso nuovo di anticonformismo, lungi dall’essere motivato e neppure
apprezzato. Chissà cosa avranno pensato i giurati del concorso guidati
da Alexander Payne, nel vedere questo film che a suo modo intende
omaggiare quel genio della scena che fu Carmelo Bene.
Encomio va dato pertanto ad Andrea Occhipinti per essersi “immolato” a
produrlo, e ad Alberto Barbera nel proporlo in concorso, in una Mostra
che lascia un segno, ancora una volta, in chi guarda al cinema come
antidoto al pensiero unificante e talvolta umiliante.
Sostiene Franco Maresco: “da tempo mi sono accorto che ogni mio film
non è stato altro che una trappola in cui mi andavo a infilare con
impietoso autolesionismo. E comunque dovete sapere che chi non sa fare
niente può sempre contare sul cinema. Un film non si nega a nessuno!”
Eppure si omaggiano Pasolini e Bergman, Fellini e Quarto potere, in
filigrana. Con sequenze blasfeme dai precedenti suoi film, “personaggi
che in un paese normale venderebbero pop corn” e che invece
padroneggiano la TV di stato (Gigi Marzullo ad esempio). Ce n’è per
tutti, in un panorama comicamente drammatico che Maresco esalta
omaggiando Carmelo Bene a suo modo, con l’amico cicerone Umberto
Cantone, regista anch’egli.
Si ride e si piange di se stessi, nel velo drammaturgico del santo
ignorante San Giuseppe da Copertino, caro proprio all’attore salentino.
Armando Lostaglio