Live! – Ascolti record al primo colpo (“Live!”), recensione di Riccardo Rosati

Live! – Ascolti record al primo colpo

(“Live!”)

 

Genere: drammatico

Nazione: USA

Anno produzione: 2007

Durata: 96’

Regia: Bill Guttentag

Cast: Eva Mendes, David Krumholtz, Jeffrey Dean Morgan

Produzione: Mosaic Media Group

Sceneggiatura: Bill Guttentag

 

Cosa c’è di più “vero” della morte!

Live! – Ascolti record al primo colpo (risulta a nostro avviso abbastanza inutile il sottotitolo in italiano) racconta la storia della dirigente televisiva Katy Courbet (Eva Mendes) e del folle programma da lei inventato.

Ossessionata dagli indici di ascolto e dalla competizione con gli altri network sul terreno dei reality show, la Courbet concepisce lo spettacolo più estremo mai pensato sino a quel momento: il gioco della Roulette Russa in prima serata! Per mandarlo in onda dovrà forzare leggi, le interpretazioni della Costituzione Americana, convincere inserzionisti pubblicitari e vincere le resistenze dei suoi dirigenti.

Finalmente nello studio si accendono le telecamere, sei concorrenti per denaro, per fama o semplicemente per provare delle sensazioni forti sono disposti a rischiare la vita. Per cinque di loro sarà la ricchezza; per uno invece la morte in diretta.

 

 

Una preziosa riflessione sui nostri mali

Un film non proprio recente quello del bravo Bill Guttentag, presentato nel 2007 al Festival di Tribeca. Questo autore di documentari, vincitore di un Academy Award, porta il uno stile incisivo nel suo esordio nel cinema di narrazione. Live! è una satira che esamina le complessità del giudizio morale e dei valori contemporanei dopo l’avvento di quell’esiziale fenomeno sociale conosciuto come reality show. La storia è intrisa di una ironia pungente, tipica del buon cinema indipendente statunitense.

Lo stile documentaristico cattura il caos della vita dietro le quinte di un programma televisivo e della suspense del “gioco”, mentre vengono messe alla berlina la ossessione per la notorietà e la necessità di sopravvivenza, sia a livello fisico che etico in un medium che non fa che abbassare costantemente i suoi standard qualitativi nella perenne sfida di un pietoso sensazionalismo verso il record di spettatori. Così facendo, si crea un suggestivo discorso metafilmico che conferisce un notevole spessore intellettuale alla pellicola, in virtù della sarcastica rappresentazione di un falso documentario su questo prodotto televisivo, a dimostrazione di come tale mezzo possa solo che essere ingannevole. Ragion per cui, da un semplice punto di vista semantico, il termine stesso reality show risulta assurdo se accostato alla menzogna propinata dalla TV.

 

Un altro aspetto importante affrontato nel film è quello, come accennato, legato al mondo dietro la macchina da presa. Ovvero, quell’ambiente meschino popolato di creativi senza un briciolo di cultura, avvocati arrivisti e dirigenti sprovvisti di coscienza.

Guttentag mette in luce il vero “spirito” americano di oggi: un popolo malato di adrenalina, sesso e ossessionato dal successo. Si ridicolizza quel Paese che forse all’indomani di due rovinose guerre, che avevano ridotto in ginocchio il mondo intero, poteva incarnare dei valori di progresso e speranza che i nostri nonni ricercavano per un futuro migliore. Tuttavia, l’America odierna è ben diversa da quella degli anni ’40 e ’50. Non che noi europei abbiamo il diritto di sentirci migliori, poiché da decenni seguiamo, e talvolta anticipiamo persino, le degenerazioni della società USA. Una storia perciò che se capita fino in fondo fa venire i brividi, poiché il messaggio di Live! è quello di smascherare la posticcia verità mediatica, la quale, nel momento di massima necessità, non esiterà per soddisfare le proprie mire a dare in pasto al pubblico l’unico “spettacolo” che non può essere tacciato di falsità, la morte di un essere umano in presa diretta. E per cosa poi: ideali, amore? No, per soldi, ovviamente; non dimentichiamoci che parliamo pur sempre degli Stati Uniti.

   Riccardo Rosati

 

Conferenza stampa

Interviene alla conferenza stampa del film, tenutasi presso il Grand Hotel Flora a Roma, l’attrice americana Eva Mendes.

 

Come ti sei sentita nei panni della protagonista: una donna dura e tremendamente ambiziosa? Cosa ti attira in questo genere di personaggio?

Sono molto fiera di aver ricoperto questo ruolo, anche perché all’origine era  stato pensato per un attore. Dunque recitare in chiave femminile questo personaggio è stata una specie di sfida. Sono inoltre molto felice di aver prodotto il film io stessa.

Solitamente non speculo troppo sul tipo di ruolo che devo interpretare, perciò non mi chiedo mai se si tratterà di un personaggio ironico, sexy e via dicendo. Per me Katy è una specie di parodia della follia e della stupidità che si trova nella televisione non soltanto americana, ma di gran parte del mondo.

 

Per l’appunto, cosa ti ha spinta a produrre una pellicola che tratta una tematica così spigolosa?

Volevo fare una operazione “provocatoria”, per suscitare un dibattito tra la gente. Spero che ci si interroghi su quanto sia giusto o meno quello che viene raccontato nella storia. Per me era importante far riflettere il pubblico sulla televisione senza cervello che abbiamo in America.

 

L’episodio di una concorrente di un reality inglese che ha accettato di farsi riprendere mentre muore di una malattia terminale avvicina terribilmente la cronaca al contenuto del film. Che ne pensi?

L’aspetto macabro di fatti del genere è che confermano la volontà da parte della TV di spingersi sempre oltre. Purtroppo, non escludo che là fuori ci sia  qualche dirigente televisivo che stia già cercando di tramutare in realtà quello che noi abbiamo solo immaginato in questo film. Però, non sono qui per fare la predica a nessuno. Come detto, a me interessa solo che la gente possa dibattere liberamente su tali argomenti.

 

Qual è per te il peggior programma della televisione del tuo Paese?

Uno in particolare non saprei, tuttavia trovo disgustosi quei programmi in cui si fa finta di avere davvero a cuore il destino dei concorrenti, mentre in verità li si sta soltanto sfruttando a loro insaputa. Un esempio di ciò è The Jerry Springer Show, un prodotto totalmente disgustoso! Programmi del genere mancano del tutto di integrità, si tratta di pura manipolazione.

 

e la cosa peggiore di Hollywood?

Non sono qui per criticare Hollywood o la Star System americano, di cui anch’io tra l’altro faccio parte. Mi sento una privilegiata, poiché sono ormai davvero pochi i ruoli femminili di spessore. Questo e uno dei motivi per cui ho deciso di produrre dei film: invece di starmene seduta a lamentarmi, ho scelto di crearmi da sola le opportunità artistiche che cercavo.

 

Perché l’essere umano è così attratto dalla morte?

Non ne ho idea. Forse è un qualcosa di innato in noi. Il mio personaggio, ad esempio, fa una giusta considerazione, quando dice che dal tempo dei Romani  nel Colosseo, fino alle esecuzioni con la ghigliottina, la gente ha sempre seguito con grande partecipazione la morte “dal vivo”.