Foto di Catello Masullo (17 ottobre 2025), da sx: Roberto Proia, Luca Petrini, Giordano Giansanti, Francesco Di Leva, Vincenzo Alfieri, Beatrice Puccilli, Francesco Gheghi, Justin De Vivo, Enrico Borello
40 SECONDI, RECENSIONE DI CATELLO MASULLO
(in ordine alfabetico)
produttore esecutivo
produttore di linea
coordinatore di produzione
produttore
direttore di divisione
direttore della fotografia
scenografo
assistant hair stylist
capo truccatore
manager di produzione
Regista della seconda unità o assistente alla regia
third assistant director
assistant art director
set designer
registrazione rimasterrizata
Production Sound Mixer
Sound Utility
editor di suoni
booman
a.d.r recordist
fui operator
compositore / vfx producer / supervisore degli effetti visivi
compositore / fui designer / fui supervisor / on set supervisor
compositore
assistente di produzione
fui operator
compositore
fui designer
fui operator
fui operator / on set supervisor
fui operator
compositore
compositore
elettricista
second assistant camera
A camera
additional first assistant camera
capo elettricista
B camera
camera a mano
elettricista
macchinista
key grip
Dit
camera trainee
assistente costumista
costumista/supervisore al guardaroba
editore on-line
colorista
location manager
supervisore di sceneggiatura
redattore di sceneggiatura
cashier
Payroll Accountant
Intimacy Coordinator
SINOSSI Un litigio per un semplice equivoco si trasforma in un pestaggio di una violenza inaudita ai danni di Willy Monteiro Duarte, un ragazzo di ventuno anni che, in 40 secondi, viene ucciso. Ispirato a una storia vera, il film ripercorre le ventiquattro ore che precedono il tragico evento, in cui si intrecciano incontri casuali, rivalità e tensioni latenti: un viaggio attraverso la banalità del male che indaga la natura umana e i suoi condizionamenti.
NOTE DI REGIA VINCENZO ALFIERI
Il 2020 fu letteralmente invaso da notizie sul covid e su Willy. Due cose che furono anche messe in relazione. Si parlò di rabbia giovanile scaturita dalla clausura in casa. All’epoca, forse come tutti, mi domandai spesso perché fosse morto? Cosa era successo veramente? Quanto di vero ci stava dicendo la stampa? Chi era Willy? Quando mi è stato proposto di scrivere un film sulla sua morte, inizialmente ero reticente. Non capivo cosa mi potesse spingere, quale sarebbe stato il mio punto di vista. In qualche modo sembrava essere una storia quasi troppo semplice per il grande schermo, una storia di cui le persone sapevano già tutto. E non potevo essere più in errore. Quando ho letto il libro di Federica Angeli ho avuto un’epifania, subito nelle prime pagine la scrittrice si pone un interrogativo: Willy e i suoi assassini come avranno cominciato la giornata che li ha portati alla loro fine? Avranno fatto colazione, abbracciato le loro famiglie, saranno andati al lavoro e adempiuto alla loro solita routine? Perché questa storia parla soprattutto di ragazzi qualunque. Non è una storia criminale, ma di dolore. Una storia di persone come tutti noi. Da piccolo ho frequentato posti difficili, e conosco il valore terribile dell’inevitabilità. Un concetto che mi ha sempre tormentato. Anche nei miei film precedenti in qualche modo. Le cose a volte capitano sfuggendo al nostro controllo. E dopo aver visitato i veri luoghi, ascoltato podcast, letto interviste e libri sulla vicenda, intervistato amici e conoscenti di entrambe le fazioni, e soprattutto dopo essere diventato padre, cosa che mi ha fatto conoscere il valore dell’educazione e la paura della perdita, ho capito che nessuno sa veramente cosa sia successo, e che tante cose sono state dette ma in pochi hanno colto l’anima di Willy e della vicenda. Quindi ecco di cosa voglio parlare: di ragazzi e delle loro fragilità che, per un terribile scherzo del destino, si incontrano e si intrecciano nell’arco di ventiquattro ore in un crescendo di tensioni. Inoltre, essendo cresciuto con film come Ritorno dal nulla, I ragazzi dello zoo di Berlino ed Elephant, ho imposto da subito a me stesso un taglio quasi documentaristico, un racconto visivamente scarno di velleità registiche, e una recitazione che fosse verità assoluta. Il mio obiettivo è fare un film nel quale un ventenne possa veramente immergersi e riconoscersi, usando i loro codici, la loro musica e i loro linguaggio. Tutte cose che ho studiato e trascritto in mesi di ricerca e interviste di veri ventenni di quelle zone. Ecco perché era importante per me lo street casting, perché solo con persone vere avrei potuto raccontare una verità. Ci sono voluti molti mesi per trovare Willy e tanti altri ruoli, ma alla fine sono convinto di aver trovato ciò che cercavo. Ma non ci sono solo attori presi dalla strada, ho scelto anche diversi attori spalle ai provini ed era inevitabile per me avere anche dei professionisti, attori che però riuscissero a rientrare in un registro vocale simile ai non attori per non creare differenze nello spettatore. E grazie alla partecipazione e all’amore per il progetto di talenti come Francesco Di Leva, Sergio Rubini, Francesco Gheghi, Maurizio Lombardi, Beatrice Puccilli e Chiara Celotto, il mio sogno si sta avverando. La cosa che più mi fa sorridere è che mi sento alla mia opera prima. Mi sento come se finalmente mi venisse data la possibilità di esprimere veramente me stesso e quello che ho vissuto, quello che ho dentro e quello che provo ogni giorno. Ho quasi quarant’anni e mi sto riconnettendo con un Vincenzo liceale, che filmava i primi corti con la handycam, utilizzando amici e parenti al posto di attori veri in storie di routine e violenza. Per concludere, questa storia, per quanto assurda, è ispirata a fatti realmente accaduti. La realtà, del resto, per sua stessa natura, non ha obblighi morali nei confronti della verosimiglianza. Il Cinema invece sì. Ma abbiamo deciso di non onorare quest’obbligo e di inseguire l’assurdità, l’incomprensibilità, l’inverosimiglianza di quello che è accaduto a Willy Monteiro Duarte la notte del 5 settembre 2020. Alcune parti sono state romanzate, ma non ve ne accorgerete, perché paradossalmente le scene più assurde saranno verità assolute. Tutto ciò che è di dominio pubblico – nonché la vocazione generale del racconto – è deliberatamente antinarrativa. Com’è antinarrativa la vita. Soprattutto a vent’anni. E questa è, di fatto, una storia di ventenni, e del Male annidato nelle loro giornate tutte uguali. Un virus che colpisce facilmente gli abitanti di piccoli centri… la noia. Le imprese dei ventenni, nel bene o nel male, avvengono e basta. Nella maniera più inconsulta, illogica e violenta possibile. Ma la violenza non sarà MAI ESPLICITA, sarà quasi sempre fuoriscena, creando quindi più un impatto psicologico che visivo. La morte di Willy verrà mostrata sì, ma con la massima asetticità, in un taglio freddo, minimale, quasi documentaristico. L’obiettivo, ambizioso, è sgrassare la scena da tutto l’orrore e preservare l’estrema aderenza ai fatti. La verità, come dice Federica Angeli nel suo libro, non piace a nessuno, ma molti se ne riempiono la bocca. La verosimiglianza, volgarmente detta mezza verità, è la più subdola e pericolose di tutte. Quindi ecco a voi i fatti. Nasceranno da una mezza verità e si trasformeranno via via in verità.
RECENSIONE DI CATELLO MASULLO:
Vincenzo Alfieri ha alternato riprese tradizionali a riprese molto ravvicinate, con macchina molto mobile, brandeggiante, dettagli sui volti, primi piani pupillari, spingendosi fino a rasentare in alcuni casi la inintelligibilità della immagine stessa. Per immergere lo spettatore nella storia. Montatore dei suoi film, ha dato ritmo incalzante alle immagini. Usa il mezzo potente del cinema per riaccendere i riflettori su una vicenda che ha molto colpito l’immaginario collettivo, e che non cessa di indignare e di mobilitare le coscienze. Notevole la cura del linguaggio, frutto di accurate ricerche nei luoghi dove si sono svolti i fatti, e l’analisi della incomunicabilità intergenerazionale. Abile la direzione degli attori (Alfieri è stato attore e conosce bene le dinamiche del ruolo), amalgamando interpreti di vaglia con non attori provenienti dai tanti street casting effettuati. Operazione non scontata e portata in porto. Da portare nelle scuole.
VALUTAZIONE SINTETICA: 7/7.5
