Foto di Catello Masullo (22 ottobre 2025), da sx: la moderatrice Alessandra De Luca, Jafar Panahi, la traduttrice
IT WAS JUST AN ACCIDENT, RECENSIONE DI CATELLO MASULLO
UN SEMPLICE INCIDENTE
un film di
JAFAR PANAHI
con
VAHID MOBASSERI MARIAM AFSHARI EBRAHIM AZIZI HADIS PAKBATEN MAJID PANAHI
MOHAMAD Ali ELYASMEHR
CAST ARTISTICO
VAHID MOBASSERI Vahid
MARYAM AFSHARI Shiva
EBRAHIM AZIZI Eghbal
HADIS PAKBATEN Golrokh
MAJID PANAHI Lo sposo
MOHAMAD ALI ELYASMEHR Hamid
GEORGES HASHEMZADEH Salar
DELMAZ NAJAFI Bambina
AFSSANEH NAJMABADI Moglie di Eghbal
CAST TECNICO
Scritto e diretto da JAFAR PANAHI Fotografia AMIN JAFARI Montaggio AMIR ETMINAN
Scenografia e costumi LEILA NAGHDI
SINOSSI
Un semplice incidente diventa la scintilla di una catena di conseguenze sempre più travolgenti.
JAFAR PANAHI
Biografia
Jafar Panahi è nato nel 1960 a Mianeh, in Iran. Dopo aver studiato presso la Iran Broadcasting University, ha diretto diversi cortometraggi, documentari e film per la televisione. Successivamente ha lavorato come assistente di Abbas Kiarostami sul set di Sotto gli ulivi (1994).
Nel 1995 ha diretto il suo primo lungometraggio, Il palloncino bianco, scritto insieme a Kiarostami. Il film è stato selezionato alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes, dove ha vinto la Caméra d’Or.
In seguito ha diretto Lo specchio, presentato in concorso al Festival di Locarno nel 1997, dove ha ottenuto il Pardo d’oro. Tre anni dopo, Il cerchio suscitò grande attenzione al Festival di Venezia, vincendo il Leone d’oro e il Premio FIPRESCI. Il film affrontava senza compromessi la condizione delle donne in Iran ed emozionò profondamente il pubblico internazionale, ma fu vietato in patria.
Nel 2003 Panahi è tornato a Cannes con Oro rosso, selezionato nella sezione ufficiale. Questo thriller drammatico fu proiettato in Un Certain Regard, dove vinse il Premio della Giuria. Inizialmente scelto per rappresentare l’Iran agli Oscar nella categoria Miglior Film Straniero, venne poi vietato dalle autorità, che impedirono la distribuzione nelle sale iraniane.
Con Offside, Panahi tornò a concentrarsi sui diritti delle donne in Iran. Presentato alla Berlinale nel 2006, vinse l’Orso d’argento per la miglior regia. Racconta la storia di giovani donne iraniane che sfidano le autorità per assistere di nascosto a una partita di calcio. Anche questo film non fu approvato per la distribuzione in Iran.
Nel luglio 2009 Panahi venne arrestato per la prima volta, dopo aver partecipato alla commemorazione di una giovane manifestante uccisa durante le proteste seguite alla contestata rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad. Pochi mesi più tardi gli fu negato il visto per partecipare al Festival di Berlino. Il 1° marzo 2010 venne arrestato una seconda volta e trascorse 86 giorni nella prigione di Evin, prima di essere rilasciato su cauzione il 25 maggio. Era stato invitato a far parte della giuria di Cannes, ma la sua sedia rimase simbolicamente vuota per tutta la durata del festival. Ottenne un vasto sostegno da parte di artisti e cineasti di tutto il mondo.
Nel 2010 Panahi fu condannato a vent’anni di interdizione dal dirigere film, scrivere sceneggiature, rilasciare interviste alla stampa o lasciare l’Iran, con la minaccia di sei anni di carcere. La sentenza fu confermata in appello nell’autunno del 2011.
Nonostante tali restrizioni, co-diresse In film nist (This Is Not a Film) con Mojtaba Mirtahmasb. Girato interamente nel suo appartamento, il film documenta la sua vita quotidiana da artista impossibilitato a lavorare. Fu proiettato fuori concorso al Festival di Cannes nel maggio 2011.
Nel 2012 Panahi ricevette il Premio Sakharov dal Parlamento europeo. La figlia accettò il riconoscimento a suo nome, durante una cerimonia alla quale non poté partecipare. Nello stesso anno, girò clandestinamente con Kambuzia Partovi Parde (Closed Curtain), che vinse l’Orso d’argento per la miglior sceneggiatura al Festival di Berlino del 2013.
Nel febbraio 2015 presentò in anteprima Taxi Teheran al Festival di Berlino. Fu il suo primo film girato da solo e in pubblico dopo il 2010. Acclamato dalla critica internazionale, conquistò anche la giuria presieduta dal regista statunitense Darren Aronofsky. Vinse l’Orso d’oro e il Premio FIPRESCI, e fu venduto in oltre 30 paesi. Distribuito in Francia da Memento Films due mesi dopo, attirò oltre 600.000 spettatori, diventando un fenomeno culturale e il secondo film iraniano di maggior successo in Francia dopo Una separazione di Asghar Farhadi.
Nel 2017 Panahi iniziò le riprese di Tre volti, che lo portarono da Teheran al nord-ovest dell’Iran. Il film fu in concorso a Cannes nel maggio 2018, dove vinse il Premio per la miglior sceneggiatura. L’11 luglio 2022 Panahi fu nuovamente arrestato e rimase in carcere fino al 3 febbraio 2023, quando venne rilasciato dopo uno sciopero della fame.
Il 2022 è anche l’anno in cui ha ricevuto il Gran Premio Speciale della Giuria alla Mostra di Venezia per Gli orsi non esistono.
Nel 2025 ritorna in concorso a Cannes e vince la Palma d’Oro con Un semplice incidente (It Was Just An Accident).
RECENSIONE DI CATELLO MASULLO: Fatemi dire, prima di tutto, che aver potuto parlare di nuovo con Jafar Panahi a tu per tu, mi ha allargato il cuore. Dopo che era stato condannato a non fare più film per 20 anni e dopo essere stato in carcere per lunghi anni, solo per la sua ostinazione di voler continuare a fare l’unico mestiere che conosce, fare film, non mi è parso vero. La Festa di Roma ci regala la anteprima italiana del film che ha vinto, meritatamente, la Palma d’Oro a Cannes 2025. Il racconto raccolto dal grande regista iraniano nella conferenza stampa romana è stato commovente: la sera prima della premiazione ha ricevuto la telefonata di un amico ancora detenuto nelle carceri iraniane, che gli comunicava che avrebbero festeggiato in carcere la sua vittoria a Cannes, non avendo il minimo dubbio che ciò sarebbe avvenuto. Per tutta la notte non ci ha dormito per la responsabilità di cui era stato caricato, la mattina c’era un black-out elettrico e non c’era alcuna notizia, solo alle 16 circa ha ricevuto una telefonata dal Festival di invito alla cerimonia di premiazione. Allora si è precipitato con la figlia a acquistare un abito adeguato per la figlia, poi è tornato in albergo solo a prendere gli occhiali e ed è corso alla Croisette. Tesissimo, solo quando ha sentito il suo nome si è potuto finalmente rilassare e abbandonarsi sulla poltrona, accorgendosi, poco dopo, che erano tutti in piedi ad applaudirlo e lui era il solo ancora seduto, sembrando pietrificato dalla notizia. E in quel momento ha anche realizzato che nella concitazione in albergo aveva preso gli occhiali della moglie e non i suoi. Tenerissimo. “It was just an accident” è un film potente ed impeccabile. Analisi acutissima dell’impatto devastante, distorcente, modificante, stravolgente, dilaniante degli inumani, brutali metodi repressivi del dissenso messi in atto da parte del governo iraniano. Con una demarcazione e differenza abissale tra vittime e aguzzini, quando si sente dire ai primi: “se loro sono stati violenti con noi, non significa che noi dobbiamo esserlo con loro”. Stile straordinario nella prima parte, con una buona e gustosa dose di ironia (il “pos” per la “mazzetta” richiesta da due sorveglianti è la prima volta che appare al cinema!). Attori, al solito, giganteschi, dello stesso livello (almeno) di quelli migliori del mondo, gli inglesi. Confezione e concatenazione drammaturgica magistrale. Assolutamente da non perdere.
Curiosità, ho chiesto al regista: “Jafar, nonostante l’impatto devastante sulle vittime dei metodi disumani da parte dei carnefici, alla fine nelle vittime prevale il senso di umanità e, in definitiva, del perdono. Ma con il cigolio della protesi che si sente nell’ultima scena ci vuoi dire che il perdono non paga? E che l’unico modo di arrestare l’opera dei carnefici è eliminarli?”. La Risposta di Jafar Panahi: “il tema della vendetta e del perdono non è la parte più profonda. È quella superficiale, per portare avanti il film. Il mio obiettivo è oltre perdono o vendetta. Quello che voglio trattare è: nel futuro questo circolo vizioso di violenza che genera violenza si fermerà, oppure no? Pensate quel rumore che sentite alla fine del film, potrebbe essere un rumore reale, oppure, una percezione mentale. I personaggi del film dicono che erano 5 anni che sentivano quel rumore nella testa. Qualora il rumore fosse reale, cosa è venuto a fare? Ha sentito la esigenza di un cambiamento? E poi se ne va? Non lo sappiamo. Oppure solo il prodotto della mente. Il mio scopo è che quando uscite dal cinema voi continuiate a pensare”.
VALUTAZIONE SINTETICA: 8
