PER QUALITA’ DELLA SELEZIONE CINEMATOGRAFICA VENEZIA È IL MIGLIOR FESTIVAL DEL MONDO
Catello Masullo
La (riconosciuta) professionalità, coniugata con la continuità, continua a dare eccellenti frutti. La qualità cinematografica della selezione proposta da Alberto Barbera e dai suoi collaboratori ancora una volta è insuperabile e insuperata. A cominciare dai tre film scelti per il programma 25-26 del Cinecircolo Romano. “La Grazia”, di Paolo Sorrentino, il trionfo del cinema di Sorrentino e delle sue sfumature. Le sfumature degli sguardi del protagonista, un immenso Toni Servillo, e soprattutto del moto dei suoi occhi. Un capolavoro assoluto di linguaggio del corpo, che arriva a vette insuperabili. Le sfumature dei detti (il profluvio di battute fulminanti, conferma in Sorrentino un dialoghista supremo, colto, sarcastico, che sfiora a volte il vetriolo, ma senza mai arrivarci, questioni di sfumature…) e, soprattutto del non detti, che sono ancora superiori. Sorrentino fa, oramai, solo capolavori. Solo il regolamento stringente della Mostra, che impedisce di attribuire allo stesso film più di uno dei premi principali, ha precluso un premio al film in quanto tale, dato che all’insuperabile Toni Servillo è andata la meritata e prestigiosa Coppa Volti per la migliore interpretazione maschile. “Come ti muovi, sbagli”, di Gianni di Gregorio, garbato, delicato, piacevole, con alcune caratterizzazioni talmente paradossali da sconfinare nel fiabesco. Un cinema che Di Gregorio ha disegnato, plasmato su sé stesso. Sempre protagonista anche nella recitazione dei suoi film. Un personaggio mite, buono, gentile, misurato, sempre sorridente e accogliente. Incapace di dire di no a chiunque gli rivolga una richiesta. “A pied d’oeuvre”, di Valerie Donzelli, capace di una critica sociale fortissima ad un sistema economico tossico, che produce, nel nome di una falsa libertà neo-liberale, esclusione, marginalizzazione e profonda discriminazione. Capolavoro imperdibile. Tantissime le altre eccellenze della 82esima Mostra di Venezia, la più longeva nella storia del cinema. Ne citiamo solo alcune. A cominciare dai film che si sono aggiudicati il Premio Sorriso Diverso Venezia Award, la cui giuria ho avuto l’onore di presiedere per la decima volta consecutiva: miglior film straniero a “The Voice of Hind Rajab”, di Kaouther ben Hania, film senza un attimo di respiro, una totale apnea di grande cinema, che guarda oltre le immagini: la regista tunisina ci accompagna dentro una storia che è al contempo urgenza, dolore e dignità. Miglior film Italiano a: “Elisa”, di Leonardo Di Costanzo, film di grande potenza, di statura internazionale, che accende i riflettori su temi alti, etici, esistenziali, sociali e filosofici. Il Leone d’Oro, a “Farhe Mother Sister Brother”, di Jim Jarmusch, cinema minimalista, in purezza, con una ironia sottile e godibile che gioca con il teatro dell’assurdo e del nonsense. “A House of Dynamite”, di Kathryn Bigelow, adrenalinico, avvincente ed inquietante, di grande confezione e di immensi attori magnificamente diretti. “After the Hunt”, di Luca Guadagnino, sontuoso, sofisticato, con uno stuolo di attori di impressionante bravura (una splendida Julia Roberts alla sua migliore interpretazione di sempre). “Calle Malaga”, di Maryam Touzani, garbato, emozionante, toccante, elegante e imperdibile film, cui giustamente è stato attribuito il Premio del Pubblico intitolato a Giorgio Armani. “Chien 51”, di Cédric Jimenez, un film di altissima tecnologia, ai vertici mondiali, di grande ritmo, avvincente, adrenalinico, suspence che incolla alla poltrona gli spettatori. “Divine Comedy”, di Ali Asgari, girato a Teheran clandestinamente, in 11 giorni, senza nessun permesso, un film manifesto, ma anche e soprattutto grande cinema. Ironico, sarcastico, a tratti irresistibilmente comico. Con tempi perfetti, situazioni kafkiane messe alla berlina. “In the Hand of Dante”, di Julian Schnabel, affascinante e avvincente, con un sapiente montaggio che alterna i piani temporali dei tempi di Dante Alighieri, con quelli più recenti e meno recenti. “Jay Kelly”, di Noah Baumbach, di confezione sontuosa, ritmo, fascinazione profusa a piene mani. Ed anche tanti apprezzabili virtuosismi di linguaggio, come le belle sequenze immaginative che riportano alla memoria momenti di vita topici, con bella e fluida continuità e dialogo cinefilo con il presente. “L’étranger”, di François Ozon, un film compiuto, totalmente riuscito, in tutti gli aspetti. “Lost Land”, di Akio Fujimoto, imperdibile film che ha, tra gli altri, un merito grandissimo, quello di accendere i potenti riflettori del cinema sulla persecuzione storica che è subita dalle popolazioni Rohingya, sia in Birmania che in Bangladesh, dove costituiscono minoranze etniche profondamente e criminalmente discriminate. “Newport & the dream folk dream”, di Robert Gordon, documento di straordinaria importanza e valenza storica, composto con filmati dei primi anni ’60 girati in occasione di alcune annate del Newport Folk Festival, con materiali inediti di apparizioni pubbliche, in alcuni casi le primissime, di personaggi che hanno fatto la storia della musica e non solo, spesso anche della cultura e del sociale, come Bob Dylan, Johnny Cash, Joan Baez. “Portobello”, di Marco Bellocchio, siamo di fronte a cinema con il punto esclamativo. Il più grande caso di mala giustizia della storia italiana. Da far indignare anche i basoli vesuviani. Confezione superlativa. Interpretazioni stellari. “Silent Friend”, di Ildikó Enyedi, film fascinoso, sensoriale e sinestetico, che ci fa riflettere sui rapporti tra gli esseri umani e la natura, in modo colto, raffinato, garbato, avvolgente. “Sotto le Nuvole”, di Gianfranco Rosi, cattura un universo così colorito e così colorato, come quello della conurbazione urbana dell’area vesuviana, che trasuda e tracima dalle immagini, in un elegante e pettinato bianco e nero, come spinto da una indomabile pressione osmotica. “The Last Viking”, di Anders Thomas Jensen, film follemente divertente, con gag irresistibili (da antologia i reiterati tentativi di suicidio di uno stralunato, meraviglioso, insuperabile Mads Mikkelsen, in un ruolo inedito, in una forma smagliante). Rutilante, rocambolesco, imprevedibile, adrenalinico, un susseguirsi di deliziosi colpi di scena, che fanno scaturire risate e applausi a scena aperta. “The Sun Rises on Us All”, di Cai Shangjun, affronta con grande sapienza le cose della vita, cura dei dettagli, eccellente direzione di attori sublimi. Meritata la prestigiosa Coppa Volpi per la Migliore interpretazione femminile a Xin Zhilei. “Un Film Fatto per Bene”, di Franco Maresco, il grottesco come sistema, il sarcasmo come sintassi, il vetriolo come strumento. Ce n’è, al solito, per tutti. “Ferdinando Scianna – il Fotografo dell’Ombra”, di Roberto Andò, capolavoro assoluto di arte cinematografica, favorito dall’oggetto di indagine che è, di per sé stesso, un capolavoro vivente. “A Sad and Beautiful World”, di Cyril Aris, “cinema cinema”, quello di una volta, che emoziona, che fa palpitare, che fa empatizzare con i protagonisti (davvero splendidi e irresistibili, nella specie). Anche (e forse soprattutto) questo è Arte Cinematografica. “Le Mage du Kremlin”, di Olivier Assayas, impeccabile, monumentale, attori da urlo. “Frankenstein”, di Guillermo Del Toro, sontuoso, visionario, vivido, carnale, spettacolare, monumentale, melodrammatico, esistenziale, filosofico, letterario. Guillermo Del Toro si conferma il re del cinema dark gotico. “No other choice”, di Park Chan-wook, geniale noir carico di ironia, con momenti di comicità, macabra quanto irresistibile (come lo sono i romanzi di Donald E. Westlake, dai quali il film prende lo spunto). Con colpi di scena continui e molto gustosi. Raffinata costruzione di situazioni folli e di immenso divertimento. “Origin”, di Yann Arthus-Bertrand, capolavoro assoluto di arte cinematografica. Un grande omaggio alla città e alla laguna di Venezia, che ci mostra immagini inedite di una realtà incredibile, dove non si incontra anima viva a soli 3 o 4 km dalla affollatissima Venezia, una delle mete turistiche più frequentate al mondo e più fotografate e riprese al mondo, una Venezia mai vista, dove la natura la fa da padrone.
