Lezioni di Persiano, recensione di Luciana Burlin

Lezioni di Persiano, recensione di Luciana Burlin

 

 

La storia è tratta da un bel racconto di Wolfgang Kohlhaase e nonostante abbia dell’incredibile, emoziona ed affascina anche per la bravura dei due protagonisti abilmente diretti dal regista ucraino Vadim Perelman. Gilles è un ebreo belga, che viene arrestato dalle SS e trasportato in un campo di transito in Germania. Durante il percorso scambia per pietà con un altro prigioniero il suo panino con un libro di poesie in persiano, gesto che lo salverà perché giurerà alle guardie che non è ebreo, ma persiano. La bugia però lo trascina in una incredibile lotta per la sopravvivenza. Infatti al campo l’ufficiale responsabile delle cucine, Koch, vorrebbe aprire, a guerra finita, un ristorante tedesco a Teheran e per questo vuole imparare il farsi. Gilles quindi per sopravvivere è costretto ad inventarsi, a ricordare continuamente parole per insegnarle al comandante fino ad arrivare ad una vera e propria conversazione. L’importanza di una lingua, la memoria, la capacità di trovare soluzioni anche apparentemente folli nei momenti di difficoltà sono i temi principali di questo bel film, la lingua è conoscenza dell’altro e di se stesso, è comunicazione vera, la memoria è ricordo di come ero prima della perdita dell’umanità. Per questo Perelman non si limita a parlare di nazismo, ma di cosa potrebbe accadere in ogni luogo ed in ogni momento in una situazione simile. Luciana Burlin