James Bond e Le rose di Stalin   di Armando Torno (Marietti, 2020, pagg.163) , di Armando Lostaglio

Le rose di Stalin   di Armando Torno (Marietti, 2020, pagg.163)

di Armando Lostaglio

 

Chissà quanti lettori si saranno chiesti del perché Ian Fleming avesse reso proprio la sigla “007” al più celebre agente segreto della letteratura e del cinema, James Bond. Lo abbiamo scoperto nelle ultime pagine del piacevole e, per certi aspetti, necessario libro di Armando Torno “Le rose di Stalin” (da poco uscito da Marietti-1820). Infatti, 007 è il numero che fu il prefisso telefonico dell’Urss e ora lo è della Russia; si narra che Ian Fleming (“Dalla Russia con amore” del 1957, il film è del ’63 con l’elegante Sean Connery appena scomparso), il prolifico scrittore britannico avesse passeggiato a lungo alla Lubjanka, non lontano dalla moscovita Piazza Rossa, leggendaria residenza dei Servizi segreti. In quei luoghi c’era una volta anche la casa del poeta e drammaturgo Vladimir Majakovskij, cantore della Rivoluzione d’Ottobre. Questo e decine di altri aneddoti arricchiscono questo libro che potrebbe definirsi pressoché indispensabile, proprio per entrare nella quotidianità di una società, qual è quella russa, che rimane per certi aspetti ancora chiusa e misteriosa. Armando Torno, saggista e conduttore radiofonico di vasta esperienza – con centinaia di pubblicazioni puntigliose ed erudite, saggista sul Corriere della Sera, ora al Sole 24 ore – racconta con dovizia di particolari la quotidianità dei suoi viaggi e permanenze in quell’immenso Paese. Città e borghi, accolto nelle dimore e nelle dacie di grandi personalità: scrittori e politici di rango, da Tolstoj a Cechov, da Lenin a Stalin, il saggista mette a nudo dettagli e manie, mediante le testimonianze di parenti stretti e non soltanto. Episodi assolutamente inediti o poco conosciuti, stanze di vita quotidiana che fanno di questo libro un viaggio ideale, una geografia sentimentale che soffia dentro una nostalgia drammaturgica di un tempo quasi remoto. Una lettura necessaria (ribadiamo) per meglio comprendere l’evolversi di una società, complessa quanto moderna, quella immensa Russia, dalle tante anime, e che diventa – suo malgrado – emblema di un secolo, il Novecento, non del tutto alle spalle. Il libro di Torno evidenzia complessità e, tuttavia, analogie di un Occidente, visto da Est: “con il suo volto occidentale e l’anima orientale”.                                                 Nei ventitré capitoli, il saggista – che esordisce con una propria toccante “Prefatio dolorosa” – riavvolge il proprio nastro su ricordi ed appunti, associando nella memoria quelle percezioni (“…conoscevo la lingua come un sordomuto, non azzeccavo un accento, né aprivo le vocali come si dovrebbe fare per evidenziare la differenza tra San Pietroburgo e Mosca…”) che sono in grado di condurre il lettore in una dimensione inclusiva, almeno per chi non conosce benissimo quella realtà. Sono diversi i volti che accompagnano il lettore in questo itinerario dell’anima. “Qualcuno ama le donne russe che sono le più belle al mondo, e da esse è attratto”, scrive Torno. Mosca e San Pietroburgo, Odessa, Tula e fino agli Urali più remoti, destinazioni per appunti di un itinerario semplice quanto straordinario.                                                               Il racconto univoco si compone di episodi, capaci di fornirci impressioni ed emozioni: dalla Jasnaia Poliana (ossia prato verde o radura serena, a 400 km da Mosca) dove è seppellito Tolstoj e dove Torno viene accolto dal nipote Vladimir; lì lo scrittore visse per cinquant’anni e diede alla luce “Guerra e pace” e “Anna Karenina”, capolavori della letteratura di ogni tempo. E il modesto comò nella casa moscovita di Anton Cechov, già: “Come si fa a vivere senza Cechov” (è una battuta del film “Verso sera” dell’Archibugi); lì il dottore riceveva i malati, oggi è un museo.                                                                                         Anche i rapporti tra la Russia e la Francia sono ben evocati: la presenza in Russia di Simenon che “vide in faccia Lenin”; gli adorati autori come Balzac e Voltaire da sempre nelle biblioteche più importanti. Ma anche Petrarca, De Amicis e il sommo Dante occupano posti di primo piano nelle stanze russe. E Stalin (“Piccolo padre”) che andava spesso al Bolscioi, percorrendo un corridoio sotterraneo segreto. (E’ il capitolo che dà il titolo al libro di Torno). Gli artisti ricambiavano la cortesia e si recavano al Cremlino. Tra essi anche una artista ebbe un rapporto privilegiato con il dittatore: Olga Lepeshinskaya, prima ballerina a Mosca dal 1933 al 1963. Stalin le portava delle rose in camerino, poi cenava con lei e le chiedeva di danzare.                                                         Del capitolo Pasternak e Togliatti apprendiamo dei veti incrociati per la pubblicazione in Italia (per Feltrinelli) del “Dottor Zivago” capolavoro dello scrittore russo: nella sua casa di Mosca, Torno aveva incontrato il figlio dello scrittore che dedicò la sua vita alla pubblicazione di tutte le opere del contestato scrittore. E in Italia, nonostante gli imbarazzi dei Togliatti, dei Longo ai vertici del Pci, della invettiva della Rossanda verso Feltrinelli, il libro venne alla luce, anche grazie all’intervento dello slavista Vittorio Strada – scomparso nel 2018 – che fece arrivare il testo originale all’editore, come fece pure per i testi proibiti dal regime di Aleksandr Isaevič Solženicyn.                                                                               Forse l’anima russa che respira nelle pagine di Armando Torno sta tutta nelle semplici quanto autentiche descrizioni della quotidianità: le spie in cantina e i cervelli da clonare, il falso della scarpa battuta sugli scranni dell’Onu dal presidente Nikita Chruščëv – era il 1960 – parola della nipote Julia; di Dostoevskij che dormiva nel baule e altre storie ancora. Volti e voci di un Paese in continua ricerca di identità, spesso smarrita fra le contraddizioni della storia.