Natale in celluloide, di Catello Masullo

Natale in celluloide, di Catello Masullo

 

La perdurante chiusura delle sale cinematografiche, causa pandemia, ha portato il Cinecircolo Romano, arrivato alla sua 56esima stagione, senza mai interruzioni, a proporre ai propri Soci programmi alternativi alle normali proiezioni in sala. Con la illustrazione via web (piattaforma Zoom) di contenuti originali, realizzati ad hoc, mediante un power point di introduzione, ricco di notizie e curiosità sul tema prescelto, illustrato oralmente in condivisione di schermo e successiva visione di una antologica cinematografica originale, composta con il montaggio di piccoli spezzoni di film di storia del cinema. Seguono commenti, con osservazioni, domande e risposte da parte dei partecipanti.

La registrazione di tali conversazioni sono visibili sul sito web del Cinecircolo Romano

Quella relativa a Natale in Celluloide, al seguente link : https://www.cinecircoloromano.it/2020/12/eventi-dibattiti/i-mercoledi-culturali-del-cinecircolo-romano-23-dicembre-2020/

 

I principali contenuti trattati sono anche riassunti di seguito.

Intorno al 24 dicembre, si verifica il solstizio di inverno. Si ha cioè la giornata più corta dell’anno, con un durata di luce solare di poco inferiore alle 9 ore. E, di conseguenza, la notte più lunga. Tecnicamente, il Sole nel suo moto annuo lungo l’eclittica viene a trovarsi alla sua minima declinazione nel punto più meridionale dell’orizzonte Est della Terra, che culmina a mezzogiorno alla sua altezza minima (a quell’ ora, cioè, è allo Zenit del tropico del Capricorno) e manifesta la sua durata minima di luce (all’incirca, 8 ore e 50/55 minuti) , raggiunto il punto più meridionale della sua orbita fa registrare il giorno più corto dell’anno e riprende, da questo momento, il suo cammino ascendente. Da quel momento le giornate  cominciano ad allungarsi, e, dalle tenebre si va verso la luce. Questo fenomeno naturale, ha da sempre molto colpito l’essere umano. Tale rinascita solare  ha rappresentato, infatti,  il simbolo di una rigenerazione cosmica, in cui il Sole e la Luce sono associati all’idea d’immortalità dell’uomo. L’uomo opera la sua seconda nascita spirituale, sviluppando e superando il proprio stato sottile, nella notte del solstizio d’inverno, quando è possibile accedere alla contrada ascendente e divina. Questo è il momento in cui, quando la notte diviene padrona e il buio totale, è necessario mantenere accesa la fiamma della Fede, che al mattino, con l’alba, diverrà trionfante. Significativo è il passo evangelico in cui Giovanni Battista, nato nel giorno del Solstizio d’estate, riferendosi a Gesù, nato nel Solstizio d’Inverno, dice : “Bisogna che egli cresca e che io diminuisca.” Ecco il simbolismo tradizionale delle porte solstiziali, la prima porta, quella “degli uomini”, corrisponde al Solstizio d’Estate, cioè all’entrata del Sole nel segno zodiacale del Cancro, la seconda, quella “degli dei”, al Solstizio d’Inverno, cioè all’entrata del Sole nel segno zodiacale del Capricorno.

Tra le due porte solstiziali, l’illuminazione, dunque, penetra in noi e la rigenerazione cosmica, di cui si è scritto, è sempre concepita con la discesa del Signore fra gli uomini, di cui il Cristo Redentore è l’ultimo e più splendente esempio: “Il Sole ritorna sempre, e con lui la vita. Soffia sulla brace ed il fuoco rinascerà.

 

L’avvenimento iniziò ad essere celebrato dai nostri antenati, in epoca preistorica e protostorica :

*in Gran Bretagna, presso le costruzioni megalitiche di Stonehenge, di Newgrange,

* Knowth e Dowth, in irlanda;

* attorno alle incisioni rupestri di Bohuslan, in Iran;

* della VaI Camonica, in Italia.

I Gallo-Celti lo denominarono “Alban Arthuan” (“rinascita del dio Sole’), i Germani, “Yulè” (la “ruota dell’anno’),gli Scandinavi “Jul” (“ruota solare’’),i Finnici “July” (“tempesta di neve”); i Lapponi “Juvla”; i Russi “Karatciun” (‘il “giorno più corto’’)

 

Intorno alla data del 25 Dicembre, quasi tutti i popoli hanno sempre celebrato la nascita dei loro esseri divini o soprannaturali:

 

* Egitto: si festeggiava la nascita del dio Horus e il padre, Osiride, si credeva fosse nato nello stesso periodo;

*Messico pre-colombiano:nasceva il dio Quetzalcoath e l’azteco Huitzilopochtli;

* Bacab nello Vucatan;

* il dio Bacco in Grecia, nonché Ercole e Adone o Adonis;* ll dio Freyr, figlio di Odino e di Freya, era festeggiato dalle genti del Nord;

* Zaratustra in Azerbaigian;

* Buddha, in Oriente;

* Krishna, in India; Scing-Shin in Cina;

*in Persia, si celebrava il dio guerriero Mithra, detto il Salvatore;
* Babilonia vedeva la luce il dio Tammuz, “Unico Figlio” della dea Istar

 

 

A Roma, in una data compresa tra il 21 ed il 25 dicembre, si celebrava solennemente la rinascita del Sole, il  Dies Natalis Solis Invicti, il giorno del Natale del Sole Invitto, dopo l’introduzione, sotto l’Imperatore Aureliano, del culto del dio indo-iraniano Mithra nelle tradizioni religiose romane e l’edificazione del suo tempio nel campus Agrippae, l’attuale piazza San Silvestro a Roma, che era praticamente incluso all’interno di un più vasto ciclo di festività che i Romani chiamavano Saturnalia, festività dédicate a Saturno, che si prolungavano dal 17 al 25 Dicembre e finivano con le Larentalia o festa dei Lari, le divinità tutelari incaricate di proteggere i raccolti, le strade, le città, la famiglia.

 

La festa del Natale, alla luce della sue origini storiche, apparirebbe quindi come un punto di contatto in comune tra popoli, civiltà e religioni, le più disparate e dalle epoche le più remote.

 

Le origini  del Babbo Natale moderno si fanno risalire sempre allo stesso personaggio storico, San Nicola di Mira (più noto in Italia come San Nicola di Bari), un vescovo cristiano del IV secolo. Mira (o Myra) era una città della Licia, una provincia dell’Impero bizantino che corrisponde all’attuale Anatolia, in Turchia. San Nicola divenne famoso per le sue grandi elargizioni a favore dei poveri e, soprattutto, per aver fornito la dote alle tre figlie di un cristiano povero ma devoto, evitando così che fossero obbligate alla prostituzione. Originario di Patara, sempre in Licia (Asia Minore), scoprì molto presto la sua vocazione religiosa e dedicò interamente la sua vita alla fede cristiana.

In Europa (in particolare nei Paesi Bassi, in Belgio, Austria e Germania) viene ancora rappresentato con abiti vescovili e con la barba. Le reliquie di San Nicola furono trasportate a Bari da alcuni mercanti, e per ospitarle fu costruita una basilica nel 1087. Il luogo è da allora meta di pellegrinaggi da parte dei fedeli.

San Nicola è considerato il proprio patrono da parte di molte categorie di persone: marinai, mercanti, arcieri, bambini, prostitute, farmacisti, avvocati, prestatori di pegno, detenuti. È anche il santo patrono della città di Amsterdam e della Russia. In Grecia San Nicola viene talvolta sostituito da San Basilio (Vasilis), un altro vescovo del IV secolo originario di Cesarea. In alcuni villaggi delle Fiandre, in Belgio, si celebra la figura, pressoché identica, di San Martino di Tours (Sint-Maarten).

Prima della conversione al cristianesimo, il folklore tedesco narrava che il dio Odino (Wodan) ogni anno tenesse una grande battuta di caccia nel periodo del solstizio invernale (Yule), accompagnato dagli altri dei e dai guerrieri caduti.

La tradizione voleva che i bambini lasciassero i propri stivali nei pressi del caminetto, riempiendoli di carote, paglia o zucchero per sfamare il cavallo volante del dio, Sleipnir. In cambio, Odino avrebbe sostituito il cibo con regali o dolciumi. Questa pratica è sopravvissuta in Belgio e Olanda anche in epoca cristiana, associata alla figura di San Nicola.

I bambini, ancor oggi, appendono al caminetto le loro scarpe piene di paglia in una notte d’inverno, perché vengano riempite di dolci e regali da San Nicola – a differenza di Babbo Natale, in quei luoghi il santo arriva ancora a cavallo. Anche nell’aspetto, quello di vecchio barbuto dall’aria misteriosa, Odino era simile a San Nicola (anche se il dio era privo di un occhio).

La tradizione germanica arrivò negli Stati Uniti attraverso le colonie olandesi di New Amsterdam e New York prima della conquista britannica del XVII secolo, ed è all’origine dell’abitudine moderna di appendere una calza al caminetto per Natale, simile per certi versi a quella diffusa in Italia il 5 gennaio all’arrivo della Befana.

La leggenda di San Nicola è alla base della grande festa olandese di Sinterklaas (il compleanno del Santo) che, a sua volta, ha dato origine al mito ed al nome di Santa Claus nelle sue diverse varianti. Babbo Natale è un elemento importante della tradizione natalizia in tutto il mondo occidentale, in America Latina, in Giappone ed in altre parti dell’Asia orientale.

Il personaggio che attualmente è noto come Santa Claus nel mondo anglosassone riunisce le rappresentazioni premoderne del portatore di doni, di ispirazione religiosa o popolare con un Babbo Natale britannico preesistente. Quest’ultimo risale almeno al XVII secolo, e ne sono rimaste delle illustrazioni d’epoca in cui è rappresentato come un signore barbuto e corpulento, vestito di un mantello verde lungo fino ai piedi e ornato di pelliccia. Rappresentava lo spirito della bontà del Natale, e si trova nel Canto di Natale di Charles Dickens sotto il nome di Spettro del Natale presente.

L’aspetto moderno di Santa Claus ha assunto la forma definitiva con la pubblicazione della poesia “Una visita di San Nicola”, ora più nota con il titolo “La notte di Natale” (The Night Before Christmas), avvenuta sul giornale Sentinel della città di Troy (stato di New York) il 23 dicembre 1823. L’autore del racconto è tradizionalmente ritenuto Clement Clarke Moore, anche se l’attribuzione è controversa. Santa Claus vi viene descritto come un signore un po’ tarchiato con otto renne, che vengono nominate (per la prima volta in questa versione) con i nomi di Dasher, Dancer, Prancer, Vixen, Comet, Cupid, Donder e Blitzen.

All’inizio, Santa Claus venne rappresentato in costumi di vario colore, assumendo man mano su di sé i caratteri di Babbo Natale, ma il rosso divenne presto predominante a partire dalla sua comparsa sulle prime cartoline di auguri natalizie, nel 1885. Uno dei primi artisti a fissare l’immagine di Santa Claus nella forma che conosciamo oggi è stato il cartoonist americano Thomas Nast, vissuto nel XIX secolo. Nel 1863 una sua immagine di Santa Claus, che si ritiene sia stata ispirata dal personaggo di Pelznickle, apparve sulla rivista Harper’s Weekly.

Le immagini di Santa Claus si sono ulteriormente fissate nell’immaginario collettivo grazie al suo uso nelle pubblicità natalizie della Coca-Cola, realizzate da Haddon Sundblom.

Negli Stati Uniti la tradizione vuole che la sera della Vigilia si lascino un bicchiere di latte e dei biscotti per Babbo Natale; in Inghilterra il suo pasto consiste invece di mince pie e sherry.

I bambini inglesi e americani lasciano anche fuori casa una carota per le renne di Babbo Natale; un tempo veniva detto loro che se non fossero stati buoni tutto l’anno avrebbero trovato nella calza un pezzo di carbone al posto dei dolci, anche se questa pratica sembra ormai in disuso.

L’abitudine di scrivere una lettera a Babbo Natale è una tradizione natalizia che risale a molto tempo fa.

In molti paesi, le Poste accettano le lettere che i bambini scrivono a Babbo Natale per spiegare che sono stati buoni e desiderano ricevere dei doni; in alcuni casi le risposte vengono fornite dagli stessi impiegati postali o da volontari.

In Canada, ad esempio, è stato predisposto un apposito codice postale per le lettere indirizzate a Babbo Natale: H0H 0H0 (ho ho ho! è la maniera con cui viene convenzionalmente resa in inglese, in forma scritta, la risata di Babbo Natale) e dal 1982 sono oltre 13.000 gli impiegati delle poste canadesi che si sono dichiarati volontari per rispondere alle lettere. In altri casi sono associazioni caritatevoli dedicate all’infanzia a rispondere alle lettere che vengono dalle zone più povere o dagli ospedali pediatrici, per dare ai bambini dei doni che altrimenti non potrebbero ricevere.

Babbo Natale è diffuso un po’ in tutto il mondo. E’ curioso sapere come viene chiamato nei differenti paesi :

Europa e Nord America

In Europa e Nord America, di solito, Babbo Natale e Santa Claus coincidono, anche se in alcuni paesi possono variare il nome, alcune caratteristiche, la data di ‘consegna’ dei doni ed, in qualche caso, anche l’identità stessa di chi li porta.

America Latina

Di solito Babbo Natale in America Latina si chiama Papá Noel, ma ci sono alcune piccole differenze tra i vari paesi.

Estremo Oriente

In Estremo Oriente, in particolare nei paesi che hanno adottato i costumi occidentali, si festeggia il Natale non in senso cristiano ma integrando alle religioni orientali tradizioni simili sui portatori di doni dell’Occidente.

  • Corea: Santa Claus 산타 클로스
  • Giappone: Santa Claus サンタクロース
  • Taiwan: una derivazione di Santa Claus chiamata 聖誕老人 o 聖誕老公公 (“Vecchio Natale”)

Africa e Medio Oriente

Le popolazioni cristiane dell’Africa e del Medio Oriente che celebrano il Natale, in generale, riconoscono le tradizioni dei paesi europei da cui hanno importato la festività, di solito tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Anche i discendenti dei coloni che abitano ancora in quei luoghi seguono le tradizioni dei loro antenati

 

La festa del Natale e la figura di Babbo Natale sono scolpite con caratteri indelebili nell’immaginario collettivo di vasti strati della popolazione mondiale. Non sorprende quindi che occupino un ruolo non secondario anche nella storia del cinema. In questo stesso numero de “Il Parere dell’ingegnere”, per chi fosse eventualmente interessato ad approfondire le tematiche, vengono pubblicati due separati articoli  sull’origine della festa del Natale e della figura di Babbo Natale.

Sono numerosissimi i film di tema natalizio. Sul sito di Internet Movie Database, uno dei più completi, si contano 73 film con “Natale” nel titolo ed ulteriori 67 film con “Santa Claus” nel titolo. Oltre , naturalmente, ai numerosi film che, pur non menzionando esplicitamente la ricorrenza o il personaggio simbolo della festa, comunque si riferiscono o contengono importanti scene ambientate in clima natalizio. Anche una sola elencazione di tutti questi film esulerebbe dallo scopo del presente articolo. Ci limiteremo quindi a qualche citazione , dei titoli che hanno lasciato una traccia più profonda nella nostra memoria cinefila.

Sin dai primi anni di vita del cinema si sono registrate opere come “Santa Claus” del 1899, “L’albero di natale” (Filoteo Alberini 1906), “Il Natale di Cretinetti” (André Deed 1909) , “Come fu che l’ingordigia rovinò il Natale a Cretinetti” (André Deed 1910), “Il Natale di Pierino” (Arrigo Frusta 1910), “Il Campanile della vittoria” (Racconto di Natale) (Aldo Molinari 1913), “La vigilia di natale” (Baldassarre Negroni 1913) (Con Francesca Bettini), “Buon Natale” (Gino Calza-Bini 1916).

Ma fu nel dopo guerra che si sviluppò maggiormente la tematica, con classici come “Bianco Natale” (Michael Curtiz, 1954) con Bing Crosby e Danny Kaye,  “Canto per un altro natale” (Joseph Mankievicz 1964), con un giovane Peter Sellers. Non è da meno il cinema italiano. Si segnalano “Natale al campo 119” di Piero Francisci, del 1948, con un giovane Aldo Fabbrizi, ed il curioso “Il Natale che quasi non fu”, del 1966,  di e con Rossano Brazzi, con le musiche di Bruno Nicolai. Lugi Comencini firmò nel 1989 un amaro “Buon Natale Buon Anno”, che ricevette il premio del Sindacato Critici Cinematografici a Virna Lisi come miglior attrice. Non manca un titolo natalizio anche nella fortunata saga popolare della coppia Bud Spencer e Terence Hill, con , manco a dirlo, “Botte di Natale”, del 1994, per la regia dello stesso Terence Hill.

Non si può prescindere in un articolo sul “Natale in Celluloide” , seppur contenuto e quindi nemmeno lontanamente esaustivo, dal fenomeno dei cosiddetti “Cine-panettoni”. Vero e proprio fenomeno sociologico e mediatico, tutto italiano, che vede da oltre 20 anni, in testa alle classifiche degli incassi “il film” di Natale con Christian De Sica come protagonista. Alcune statistiche, ci segnalano una circostanza, per alcuni versi desolante, che esiste una fascia di popolazione italiana, non trascurabile, che va al cinema solamente una volta l’anno. Per andare a vedere il film-panettone (sigh!). Il capostipite è certamente “Vacanze di natale”, del 1983, per la regia di Carlo Vanzina. Nel quale la spalla di De Sica non era ancora Massimo Boldi, ma Jerry Calà, che andava, all’epoca, per la maggiore , nel genere di commedia facile e popolare. Si dovettero attendere 7 anni, prima che i produttori intuissero la facondia del filone. Riacceso da “Vacanze di Natale ‘90”, di Enrico Oldoini, che segna la nascita della coppia di ferro De Sica-Boldi. Il successo fu subito bissato con il sequel il cui titolo esalta la …fantasia dei nostri produttori/distributori : “Vacanze di Natale ‘91”, che da’ la stura alle “guest visit” di attori di calibro, come Alberto Sordi ed Ornella Muti, nel caso di specie, che diventeranno una delle note caratteristiche delle successive puntate. Dopo una breve pausa, riecco “Vacanze di Natale ‘95”, il primo diretto da Neri Parenti, ma scritto dagli specialisti fratelli Vanzina. I quali si riappropriano del marchio 4 anni dopo con “Vacanze di Natale 2000”, con la regia di Carlo, ma scritto a 4 mani con il fratello Enrico. Dal 2001, con “Merry Christmas”, la gallina dalle uova d’oro cade definitivamente nelle mani di Neri Parenti, e non avrà più interruzioni. E’ anche l’esordio nel gruppo di sceneggiatori di una coppia inseparabile di ragazzi romani, classe ’68, che continueranno a firmare tutti gli script successivi. Si tratta di Fausto Brizzi e Marco Martani. Il primo ha felicemente esordito nella regia con una brillante commedia giovanilistica “Notte prima degli esami” ( e successivo, immancabile sequel). Mentre Marco Martani ha tentato la sorte dell’esordio dietro la macchina da presa, con un film di genere noir, “Cemento armato”. Scommettendo sul richiamo della accoppiata di attori  maschili di “Notte prima degli esami” : Giorgio Faletti e Nicolas Vaporidis. Scelta coraggiosa, quella di uscire dal clichè, ormai senza eccezioni, che vede gli esordienti filmaker italiani trovare l’unica possibilità di esordire nel genere commedia sentimental-giovanilistica. La scommessa non ha avuto i risultati sperati.

E tornando ai cine-panettoni marca Neri Parenti/Brizzi/Martani, seguono , inesorabili come una cambiale…, “Natale sul Nilo” (2002), “Natale in India” (2003), “Christmas in love” (2004), e “Natale a Miami” (2005). “Natale a New York”, del 2006, segna il divorzio tra De Sica e Boldi. Che tenta la sua strada al film natalizio. Ma il pubblico è restato fedele a De Sica, vera icona del natale italiano al cinema. L’ultimo della serie, da pochi giorni nelle sale , è “Natale in crociera”, sempre con la regia di Parenti, ma con la defezione di Marco Martani dallo stuolo di sceneggiatori, sempre capitanato saldamente da Fausto Brizzi.

Ho realizzato una antologia filmica, della durata di 52 minuti, con il montaggio di brani significativi di alcuni film con riferimento al tema natalizio. La scelta dei film non poteva che essere soggettiva. Tra i tantissimi, la preferenza è andata a quelle opere che mi hanno maggiormente colpito, incuriosito, emozionato. A quei film che contengono scene memorabili e, soprattutto, eterne. Che continuano cioè a trasmettere le stesse emozioni ogni volta che si guardano, anche se è la centesima…

Hanno così trovato posto nella raccolta antologica : “Benvenuti a casa Gori” (Alessandro Benvenuti, 1990), che ha segnato la riconciliazione dei “Giancattivi”, con Benvenuti e Athina Cenci come attori e Francesco Nuti come produttore (premio Sindacato Critici a Ilaria Occhini quale migliore attrice non protagonista) ; “Baci e abbracci” (Paolo Virzì, 1999), primo ruolo drammatico per Francesco Paolantoni; il classico “Fantozzi” (Luciano Salce, 1975), scritto dal regista in collaborazione con Leo Benvenuti, Piero De Bernardi e lo stesso protagonista, Paolo Villaggio, con la celeberrima scena degli auguri di Natale dei mega-direttori, durante la quale la bruttissima figlia del ragionier Fantozzi viene dileggiata e chiamata “Cita”, con Villaggio che addolcisce la pillola amara per la bimba che chiedeva perché la chiamassero così, con una delle più geniali battute del suo repertorio : “Si riferivano a Cita Hayworth, una delle più belle attrici di Hollywood!”.

“Harry ti presento Sally”,  di Rob Reiner, del 1989, con una scintillante sceneggiatura di Nora Ephron ed una fotografia d’autore, curata da Barry Sonnenfeld , non è propriamente un film sul Natale, anche se l’epilogo ha una evidente e funzionale cornice natalizia. Confesso che è stato scelto per non aver resistito alla tentazione di inserire nella antologia una delle scene madri più famose e più riuscite della storia del cinema, quella del colloquio in una tavola calda tra Meg Ryan e Billy Crystal, durante il quale la strepitosa attrice, per smentire l’amico secondo il quale non sarebbe possibile per lui non riconoscere tra una reale soddisfazione ed una finzione della sua occasionale partner, simula un orgasmo, attirando la attenzione di tutti i numerosi commensali e riprendendo subito dopo a mangiare come se nullo fosse successo. Per dar modo ad una signora di mezza età di un tavolo vicino di rispondere al cameriere che le chiedeva cosa desiderasse, esclamando :  “Quello che ha preso la signorina!”. (Curiosità : la donna matura che pronuncia questa storica battuta, era, nella vita , la madre del regista).

“Fanny & Alexander” (Ingmar Bergman, 1982), pluri-premiato alla corsa per gli Oscar, come Miglior film straniero, migliore fotografia a Sven Nykvist, migliore scenografia a Anna Asp e Susan Lindheim, migliori costumi a Marik Vos, ha una scena di pranzo di natale nordico davvero splendida.

“Joyeux Noel” (Christian Carion, 2005), Premio Fipresci a Valladolid miglior Regia, e premio per miglior film a Leeds, nomination all’Oscar per miglior film straniero, racconta un episodio realmente accaduto nella notte di Natale del 1914, in piena prima guerra mondiale. Al fronte, nella trincea tedesca, un celebre tenore intona il tradizionale “Stille nacht”. Gli fa da controcanto una cornamusa scozzese dalla dirimpettaia trincea degli inglesi. Il Tenore esce dalla trincea a riceve l’applauso di tutti i nemici. La cornamusa accenna l’Adeste Fideles, prontamente intonata dal tenore. Tutti escono dalle trincee e stabiliscono una tregua momentanea per la notte di Natale, si scambiano doni ed il cappellano militare inglese celebra la messa per tutti i soldati insieme. Momento di grande intensità : da groppo alla gola.

“Pranzo di natale” ( Danièle Thompson, 1999), premio Lumière 2000 per miglior sceneggiatura a Danièle e Christopher Thompson, Premio César per miglior attrice non protagonista a  Charlotte Gainsbourg, merita una citazione per la sua delicatezza, per il suo “profumo”, tipico sentore del miglior cinema d’oltr’Alpi.

“Regalo di natale” (Pupi Avati , 1986), nastro d’argento a Diego Abatantuono,
Coppa Volpi a Venezia per Carlo Delle Piane, segna lo sdoganamento di Diego Abatantuono, promosso da Avati ad attore drammatico di rango, nonché la valorizzazione di Carlo Delle Piane, sacrificato in ingenerosi ruoli da caratterista.

Non tutti i film sul Natale hanno soggetto ed ambientazioni gradevoli, in cui tutti i protagonisti sono, proverbialmente, più buoni e propensi ad azioni di bene. “Black Christmas”, del  1975, di  Bob Clark, di cui è stato riproposto  nel 2006 un remake per la regia di  Glen Morgan, è la storia di un orrendo massacro avvenuto proprio nella notte di Natale. L’efferatezza delle immagini non ne hanno consigliato l’inserimento nelle raccolta antologica. Nella quale si è voluto comunque conservare memoria simbolica di uno degli aspetti noir del cinema sul Natale : il violento pestaggio che la ex-prostituta ucraina subisce da due picchiatori vestiti da Babbo Natale in “La sconosciuta”, del 2006 (David di Donatello: migliore attrice Xenia Rappoport, direttore fotografia Fabio Zamation, regista Tornatore, miglior film , migliore colonna sonora Ennio Morricone ; Festival Internazionale di  Mosca :  premio del pubblico e  San Giorgio d’argento per il  miglior  regista Tornatore;  rappresentante dell’Italia agli oscar 2008). La scena deriva dalla particolare avversione che prova per il Natale il regista/autore, Giuseppe Tornatore. Curiosità : la bravissima attrice di teatro russa Xenia Rappoport, pur avendo la produzione ingaggiata e pagata una stunt-woman per girare la scena, ha voluto a tutti i costi rinunciare alla controfigura, rimediando qualche calcio e qualche vera contusione, data la riuscita molto realistica della inquadratura.

In “Una poltrona per due” (John Landis , 1983) la scena madre in cui Dan Aykroyd, travestito da Babbo Natale, dopo aver fatto irruzione nel party aziendale, tenta il suicidio, è irresistibile (il montaggio effettuato, eliminando completamente i dialoghi, fa risaltare la forza comica delle immagini e l’indubbio talento espressivo dell’attore).

Dulcis in fundo, il filmato di montaggio lascia le ultime citazioni/omaggio a tre film classici che sono, a parere dell’autore,  quelli più rappresentativi del “Natale in celluloide”.

“La più bella storia di Dickens” (Ronald Neame, 1970), dal celeberrimo  “Cantico di natale” :
6 nominations agli oscar e un golden globe ad Albert Finney, uno dei più convincenti Scrooge della storia del cinema, con uno splendido e memorabile cammeo di Alec Guinnes che interpreta il fantasma.

“Il miracolo della 34-esima strada” (George Seaton, 1947), 3 oscar: miglior attore Edmund Gwen, soggetto e sceneggiatura , è il film per antonomasia su Babbo Natale. Il “vero” Babbo Natale si reca a New York per controllare come si svolgono i festeggiamenti, scopre sgomento che l’attore che dovrebbe impersonarlo nella famosa e tradizionale parata è ubriaco fradicio e si fa assumere al suo posto. Quando la vicenda precipita in tribunale, il suo avvocato annuncia di voler dimostrare che il suo cliente è l’unico e vero Babbo Natale, e, contro ogni previsione, ci riesce, con l’inatteso aiuto della Amministrazione Postale, che fa recapitare al Sig. Kris Kringle tutte le letterine di natale direttamente in tribunale!

Gran finale per “La vita è meravigliosa” (Frank Capra, 1946), che merita oltre 10 minuti di estratti nella antologia filmica. James Stewart è un generoso immobiliarista che, alla vigilia di Natale, per un raggiro operato da un perfido banchiere, interpretato da uno straordinario Lionel Barrymore, si trova alla bancarotta, con la prospettiva della rovina e della galera. Disperato si accinge al suicidio gettandosi nelle gelide acque del fiume. Ma Clarence, il suo angelo custode (di seconda classe, perché non ha ancora acquisito il diritto di avere le ali), lo precede nel fiume, costringendo il suo protetto a salvarlo e quindi a salvarsi (splendida scena che ha meritato una citazione/omaggio in Angel-A di Luc Besson). Ma Stewart vorrebbe comunque morire, anzi vorrebbe non esser mai nato. L’angelo, consultato rapidamente il …“Principale”, lo esaudisce. Il protagonista si renderà subito conto di cosa vorrebbe dire non esser mai nato : il fratello sarebbe morto annegato a 9 anni non essendoci lui a salvarlo, lo zio sarebbe finito in manicomio, sua moglie zitella bibliotecaria, nessuno dei suoi 4 adorabili figli avrebbe visto la luce. Prega allora di ri-avere la sua vita, una vita che è “meravigliosa” anche nel mandato di cattura già pronto e che gli viene notificato a casa. Ma la gara di solidarietà dei tanti amici cui aveva fatto del bene, gli evita in extremis la galera. E tra i tanti doni che gli arrivano, il più prezioso è un libro, regalatogli dal suo Angelo Custode, che grazie al successo della sua azione è finalmente riuscito ad ottenere le ali, e che così verga a mano la sua dedica sulla prima pagina interna del libro : “Dear Georges, remember : no man is a failure who has friends! Thanks for the wings!”.