Il Neorealismo al Prenestino, Ada Cecilia Ritucci

 

Il Neorealismo al Prenestino

Ada Cecilia Ritucci

 

Di tutte le antiche strade consolari di Roma, l’unica che si è conservata nel suo ambiente e nel suo lastricato, nei suoi ponti, nei suoi sepolcri, è la Via Prenestina. Come ancora oggi, in età imperiale, la via usciva da Roma dalle vecchie mura Aureliane, a Porta Maggiore, crocevia di ben tre antichissimi acquedotti romani, e punto nodale di autobus, tram che tagliano varie parti della città da un punto all’altro.

Si scende per Via Prenestina che ancora oggi testimonia dell’importanza avuta nell’antichità, la potente Roma dei Tarquinii, per i siti di sepoltura, i santuari romani, le strade ancora lastricate, a tratti quasi perfetti, fino alla storica Gabi. Su questa via ebbero la loro residenza imperiale i Gordiani, Cesare,  Augusto e Tiberio fino ad Adriano a Tivoli. Una villa vi ebbe anche Plinio il Giovane, Tibullo ed Orazio, si ritrovavano nella pace agreste “a leggervi” – dice Orazio – l’immortale poesia di Omero.

Qui si rinvennero sia il sarcofago con scene di combattimento tra Romani e Barbari, oggi al Museo Nazionale Romano, che la Venere di Dedalea, oggi al Museo Vaticano, ed inoltre la statua di Artemide di Prassetele al Louvre.

I miei genitori abitavano in una traversa della storica  Via Prenestina, e da una finestra si vede, ravvicinatissimo, un murale che rappresenta una parte del travagliato volto di Pier Paolo Pasolini. Quell’occhio vigile e attento, un po’ allucinato mi seguiva e mi penetrava l’anima e il pensiero nelle mie notti insonni di veglia sui miei cari.

Guardavo il suo volto solcato da rughe antiche, sostenevo il suo sguardo severo ma che non mi faceva sentire sola, anzi mi incoraggiava a tener duro. Il suo sguardo bucava i rami e le foglie sonanti di un gigantesco albero che da sempre è lì. Questo straordinario”vecchio”, l’albero, a suo tempo aveva ospitato una famiglia di cinque pavoni che scorazzavano per il Prenestino, saltando da un muretto all’altro, da una casetta bassa all’altra, arrivavano a trovare rifugio per la notte, sui rami piu’ alti, destando la meraviglia degli abitanti del quartiere. Di questo miracolo della natura, ne ho già parlato nel 2004 in un foglio della rivista “ETSI NOTIZIE” dell’ente del turismo nazione della CISL.

Non so in quanti avranno creduto a questa favola metropolitana ma intervistando gli abitanti piu’ vecchi della zona  se ne potrà avere la risposta certa.

Tornando a “PIERPA”  (così lo chiamavo tra me e me), lui mi rassicurava quando nelle disperate notti in cui vegliavo il mio papà sofferente senza trovar pace e che consumava i suoi ultimi giorni nel dolore di quel che restava del suo corpo sempre piu’ esile ed avviato alla fine e poi subito dopo anche la sofferente fine di mia madre.

La mia follia era latente poiché  la sofferenza non trovava consolazione e speranza in niente. Sentivo che quel sottile ed esile  filo che divideva ciò che si dice dall’essere “normale” da quello “folle” lo vedevo oscillare di continuo senza sapere da quale parte sarei scivolata. A tutto ci si può aggrappare quando l’impotenza di un essere umano arriva al suo fondo. Così, nella stessa maniera, tra attimi di struggente dolore e altri di rinnovata energia (?), imbracciata la macchina fotografica fissavo l’immagine di Pierpa. Allo stesso modo strappavo attimi fuggenti, fissandoli, quando andavo  a trovare all’Ospedale delle Figlie di S.  Camillo la mia povera mamma, che rottasi il femore ero stata costretta a ricoverarla, e che di lì a poco, seguì il mio papà. Proprio su quella strada, Via dell’Acquabullicante si trova l’ospedale. Percorrendola si passa davanti al ex Cinema Impero –  destinato a diventare  un polo culturale – che conserva, appunto, l’immagine di P.P. Pasolini, di M. Monicelli, la drammatica Anna Magnani e l’inseparabile amico di sempre di PPP, Sergio Citti.

Questo è stato il mio ravvicinamento a Pierpa che spesso negli anni della mia giovinezza incontravo al bar Necci, suo luogo di ritrovo con altri amici e luogo dove nascevano le sue storie da raccontare, come ad esempio, due strade piu’ in là  di Via Fanfulla da Lodi, c’ è il Vicolo dell’Accattone e la casa dove il protagonista del film di PPP abitò e venne alla ribalta sul filone del neorealismo cinematografico. Con l’Accattone PPP, insieme a tanti altri suoi film, portò alla ribalta  le storie di quel proletariato sbandato e senza speranza e non si stancava mai di renderle  protagoniste  in quel momento storico.

In quel periodo anche Anna Magnani era di casa “ar Prenestino” era la “ gattara” del Prenestino e Pigneto. Non pensava solo ai gatti, ma aiutava anche la povera gente! Qui si consumavano le storie dei “ragazzi de  vita” così cari anche ai Fratelli Necci proprietari del locale dove Pasolini soggiornava. Ed erano anch’essi i protettori dei ragazzi piu’ bisognosi del quartiere. Proprio lì, nel quartiere dove aveva aiutato tanti “ragazzi de vita”, era ancora lì a sostenere chi era perso in una solitudine infinita e senza scampo!

Proprio lì è passato il Neorealismo cinematografico, scegliendolo  come location per molti dei titoli piu’  celebri.  Luchino Visconti ha diretto “Bellissima” con Anna Magnani e Walter Chiari. Inoltre sono stati girati “Roma città aperta” di Roberto Rossellini, “La domenica della buona gente” di Anton Giulio Majano, “Il ferroviere” di Pietro Germi e L’”audace colpo dei soliti ignoti” di

 

Nanni Loy.  E, per tornare a Pierpa che ringrazio ancora; non so se nel mondo dove si trova può  averne contezza di quanti ancora credono  nella sua opera a 360 gradi, nella sua anima aperta verso il mondo senza recessi e tabu’.

Ora il bar Necci è tornato in auge, è cool, come si suol dire, ed aleggia sempre l’anima pasoliniana – per chi la sa cercare – e del cinema verità di quegli anni.

In questo ritorno al lontano passato ho ritrovato appigli per continuare la lotta che non è mai finita!

Ada Cecilia Ritucci