Il bambino nascosto (recensione di Rita Tiani)

Il bambino nascosto (recensione di Rita Tiani, del liceo Archimede Pacinotti di Roma,  partecipante del programma PCTO del Cinecircolo Romano e vincitrice del Premio Migliore Recensione degli studenti al Premio Cinema Giovane & Festival delle Opere Prime, XVIII Edizionje, 2021, che ha rappresentato il Cinecircolo Romano all’anteprima nazionale del film e all’incontro online con il regista,  organizzati dal Festival di Giffoni )

Interpreti: Silvio Orlando (Gabriele Santoro), Giuseppe Pirozzi (Ciro Acerno), Lino Musella (Diego), Salvatore Striano (Carmine Acerno), Imma Villa (Angela Acerno), Gianfelice Imparato (Renato Santoro), Roberto Herlitzka (Massimo Santoro), Francesco Di Leva (Biagio), Enzo Casertano (Vittorio), Tonino Taiuti (Nunzio), Alfonso Postiglione (Alfonso De Vivo)

Genere: drammatico

Origine: Italia 2020

Soggetto: romanzo “Il bambino nascosto” di Roberto Andò

Sceneggiatura: Roberto Andò, Franco Marcoaldi

Fotografia: Maurizio Calvesi

Scenografia: Giovanni Carluccio

Costumi: Maria Rita Barbera

Suono: Fulgenzio Ceccon

Durata: 110’

Produzione: Bibi Film Tv (Angelo Barbagallo), Rai Cinema, Agat Films

Distribuzione: 01 Distribution (2021)

 

Il film nascosto: nulla è più presente della mancanza

 

In una cupa Napoli, brulicante di quartieri inquieti, regnano regole rigide e dolorose. La criminalità si nasconde facilmente nell’ombra, dove spesso la giustizia non può che arrendersi. Qui Ciro, un bambino di 10 anni, è costretto a diffidare persino della sua famiglia. A causa di uno scherzo giocato alla persona sbagliata, si ritrova a vagare da solo alla ricerca di un posto in cui tentare di vivere non sia un’opzione impraticabile. Trova rifugio nell’appartamento sottostante al suo, appartenente a un signore solitario e amante della musica. Il destino del bimbo viene inevitabilmente riposto nelle mani di questo pianista che, “colpevole” solo di possedere un cuore buono, cerca di fare il possibile per proteggere entrambi.

Questa difficile realtà viene rappresentata in modo vario e insolito, merito dello sguardo di un osservatore curioso e attento ai particolari, del geniale accompagnamento musicale e della notevole bravura degli attori. I movimenti della cinepresa ricordano molto quelli di un bambino timido, che evita spesso gli sguardi diretti e segue abilmente le azioni; si concentra sulle emozioni inquadrandole quasi di nascosto, come fosse trasparente o in disparte, senza che gli attori si accorgano di lui. Simile a un personaggio interno, di quelli solo apparentemente secondari, la macchina da presa racconta la storia anche dal suo punto di vista, mediante l’inserimento di panoramiche, riprese oblique, circolari, verticali, volte a valorizzare i momenti di riflessione. Il pianoforte, delicato e imponente, accompagna e quasi commenta la narrazione, ponendosi anch’esso come un indiscusso protagonista della scena. Da sottolineare anche la cura nell’interpretazione degli attori, soprattutto la naturalezza e la precisa profondità emotiva di Silvio Orlando, nelle vesti dell’insegnante di pianoforte che “dirige” la storia.

Il film presenta un andamento quasi frammentato che travolge e coinvolge lo spettatore. Per quanto riguarda il montaggio vengono affiancati piani-sequenza più o meno lunghi a inquadrature statiche, che “spezzano” la narrazione provocando un senso di smarrimento. Anche musicalmente viene riprodotto questo effetto, attraverso l’imprevedibilità di alcune melodie e l’improvviso inserimento di brani musicali totalmente discordanti dal genere prevalente. Questo perché alla colonna sonora viene affidato un ruolo significativo, cioè sostenere emotivamente la scena, in alcuni casi anche volutamente sovraccaricandola di pathos nei momenti di maggiore tensione. Le presentazioni indirette dei personaggi contribuiscono a rendere vario e discontinuo l’andamento della storia, concedendo al film occasionali momenti di confusione e suspense. Nonostante l’insistente e divertente parlata dialettale del bambino, sempre affiancata da sottotitoli, risulta semplice la comprensione dei fatti, merito di precisazioni nei dialoghi e di brevi riassunti, anche visivi.

Un tema fondamentale del racconto è il mistero, che avvolge personaggi ed eventi e conduce gradualmente lo spettatore alla riflessione, impedendogli di distrarsi. Nell’ignoto si cela l’incertezza del futuro, della memoria, della scoperta del proprio destino. Di quest’ultimo si invita a non fidarsi troppo, ma a lasciarsi guidare dalla speranza e dal coraggio, sempre alimentati dall’amore; proprio come dimostra il protagonista, Gabriele Santoro, dotato di una sensibilità talmente insolita da essere definito “Un protestante nel luogo sbagliato”. Custode di un’individualità unica, il “maestro” si ritrova a condividere la solitudine accumulata nel tempo con quella appena conquistata da un bambino. L’inevitabile legame che prende vita è in continua crescita figurativa, valorizzato soprattutto da ciò che non può essere visto né sentito: il silenzio. Questo graduale aumento di “assenze sonore” sposta l’attenzione su un piano maggiormente riflessivo e simbolico, invitando lo spettatore a cercare nascondigli in cui scovare nuovi significati. Anche per il suo lodevole realismo, è un film che può essere definito “nascosto”, esattamente come il bambino di cui racconta la storia. La sua profondità si rivela pian piano e grazie alla sua imprevedibilità non annoia. Tra pianti, pentagrammi, litigate, poesie e imitazioni divertenti, incoraggia a non arrestarsi davanti al mistero, al pericolo, al silenzio altrui, ma a reagire nella speranza di rendere meno oscuro il proprio destino.

Rita Tiani    Liceo Archimede-Pacinotti