PASOLINI E LA RELIGIONE NEL FILM “LA RICOTTA”. Francesco Sirleto

PASOLINI E LA RELIGIONE NEL FILM “LA RICOTTA”.

Francesco Sirleto

 

Non si tratta proprio di un film, bensì di un episodio del film ROGOPAG, un acronimo che sintetizza le iniziali dei cognomi dei quattro registi che firmarono gli episodi: Rossellini, Godard, Pasolini e Gregoretti. Dei 4 episodi quello più riuscito e ricordato è proprio quello di Pasolini, intitolato La Ricotta, interpretato da un non attore come Mario Cipriani (già presente in Accattone e qui nelle vesti di Stracci, il povero protagonista, nomen omen) e da vari personaggi famosi, come il grande regista statunitense Orson Welles (che aveva conosciuto Pasolini alla mostra del cinema di Venezia del 1962, nella quale il nostro regista aveva presentato Mamma Roma e l’americano Il Processo, tratto da Kafka, che aveva vinto il Leon d’oro come miglior film), Laura Betti, Edmonda Aldini, Adele Cambria, Enzo Siciliano e molti altri amici di Pasolini, noti e meno noti. Ebbe una particina anche Lamberto Maggiorani, l’indimenticato protagonista de Ladri di Biciclette, di Vittorio De Sica. Il film porta la data del 1963 ma fu girato nell’autunno del 1962 nel pratone dell’Acqua Santa tra l’Appia Nuova e l’Appia Antica, subito dopo lo scandalo e il successo suscitati da Mamma Roma. Anche in questo cortometraggio Pasolini continua la sua riflessione sulla religione, interpretata politicamente e socialmente come ansia di redenzione e di liberazione, da parte delle masse sottoproletarie, da una vita di miseria materiale e morale, da una vita che è propriamente un inferno. Pasolini inventa una vicenda (una sacra rappresentazione ambientata in tempi moderni nella quale a Stracci è affidata la parte del ladrone buono) che mescola il grottesco della sofferenza a causa della fame, e dei conseguenti sotterfugi escogitati da Stracci per sfamarsi, alla compassione per la morte in croce del medesimo povero “cristo” che, solo in questo modo, riesce a realizzare il proprio sogno di riempirsi finalmente la pancia con una grande quantità di ricotta. La morte per indigestione di Stracci interrompe, sotto gli occhi del produttore, la lavorazione del film. Il regista, la cui parte nel film è affidata ad Orson Welles (doppiato da Giorgio Bassani), senza ombra di commozione, commenta così la morte del povero “cristo”: “Povero Stracci. Crepare …. non aveva altro modo di ricordarci che anche lui era vivo”. La morte di Stracci ripete, nella sua essenzialità e nella sua pittorica rappresentazione (precedono la sua morte due “quadri” viventi nei quali sono riprodotti, fin nei minimi dettagli, “La Crocifissione” di Pontormo e “La deposizione” di Rosso Fiorentino, due manieristi molto amati da Pasolini) le analoghe morti di Accattone e di Ettore in Mamma Roma, e costituisce la prova generale del film successivo: “Il Vangelo secondo Matteo”. La Ricotta fu sequestrato dopo appena 10 giorni dall’uscita con l’imputazione di “vilipendio alla religione di Stato”. Pasolini fu processato e condannato, in prima istanza, a quattro mesi di reclusione con la condizionale. Soltanto il 6 maggio 1964 la Corte d’Appello di Roma assolverà il regista “perché il fatto non costituisce reato”. Insomma, nonostante la sua continua, tormentata e approfondita (sul piano artistico) riflessione sulla religione, Pasolini dovette fare i conti con l’odio dei fondamentalisti religiosi del tempo. Bisogna rilevare, in questa vicenda, una piccola nota umoristica: poiché per molti cattolici Pasolini era un autentico diavolo, considerando il luogo in cui egli aveva girato La ricotta, qualcuno se ne uscì con la frase “il diavolo all’Acqua Santa”.