Bosnia Express diretto da Massimo D’Orzi, recensione di Armando Lostaglio

Bosnia Express

diretto da Massimo D’Orzi

di Armando Lostaglio

È un film toccante, intenso e poetico. E necessario. Bosnia Express – prodotto da Marta Bifano e distribuito da Istituto Luce – è un piccolo gioiello di immagini dolenti e fluttuanti. Mediante un equilibrato uso dei flashback sulla storia travagliata e dolorosa dei Balcani, l’autore Massimo D’Orzi ci conduce nelle pieghe della sofferenza dei vinti, le donne soprattutto, che restano il fulcro e l’epicentro di ogni scena… donne bellissime sul cui corpo si consuma lo stupro della storia in quelle terre martoriate, donne che amavano ed hanno provato su se stesse la violenza che ora diventa maceria, ma che tuttavia riannodano speranza e guardano in alto. I canti del coro femminile in quella stazione e, in controcanto, le ragazze musulmane come prefiche di un Coro greco, inneggiano sofferenza e speranza oltre la violenza delle vendette che lasciano un solco in ogni dopoguerra. E attraverso gli occhi smarriti di ciascuna inquadratura, ogni persona esprime quel dolore collettivo, dignitoso, da lasciar commuovere, come per il secolare ponte abbattuto. Sarajevo mon amour, quale richiamo al film di Alain Raisnais, amore e morte in nome della vita. Sarajevo che ha sofferto i rimorsi di una storia insolente solo al di là dell’Adriatico, oltre lo splendore decadente di Trieste. L’acqua che scorre sul corpo nudo della ragazza, simboleggia forse, nel finale, una identità che vuole rinnovarsi, lasciando perdere in un tombino le scorie di violenza ed ignoranza di un passato da rimuovere. In fretta. Il futuro incombe, come il gioco dei burattini negli occhi dei bambini. Che non hanno etnia, né religione, né politica: sono figli innocenti che hanno diritto di crescere, nella grazia. Nel futuro.