I VINCITORI DEL CA’ FOSCARI SHORT FILM FESTIVAL

CA’ FOSCARI SHORT FILM FESTIVAL 12

4-7 MAGGIO 2022

DIFFUSO @ VENEZIA

web: http://cafoscarishort.unive.it – mail: cafoscarishort@unive.it

Qui per scaricare tutte le foto dei vincitori
e della cerimonia di premiazione dello Short 2022:

https://drive.google.com/drive/folders/170I4SfIAIhfPPJHDEz-b1i1PzJWYf9BP?usp=sharing

 

 

I VINCITORI DEL
CA’ FOSCARI SHORT FILM FESTIVAL 2022

Tra la lotta dei giovani sfruttati dalle compagnie di delivery, il riconoscimento delle identità e dei rapporti non binari, l’essere albina…

 

AL CONCORSO INTERNAZIONALE TRIONFA IL BRASILE:

a NEON PHANTOM di Leonardo Martinelli il primo premio della dodicesima edizione e ad AUGUST SKY di Jasmin Tenucci il Premio Levi per la miglior colonna sonora

ANOTHER WHITE GIRL dal Benin vince la menzione speciale per il linguaggio innovativo e il premio per la multiculturalità.

Premiati anche l’iraniano CONGENITAL per il miglior contributo artistico e lo statunitense SAFE per la miglior fotografia.

 

CONCORSI COLLATERALI:

L’inglese Jack Osmond trionfa al Music Video Competition con The Art of Conversation

Sound of Borders dell’iraniano Bahar Rezvanifar è il vincitore del nono Concorso Scuole Superiori “Olga Brunner Levi”

Il finlandese Ville Niemi conquista il secondo “Carpenè-Malvolti” Script-Video Contest

UNA MASTERCLASS CON LUCA BIGAZZI:

“Non provate rimpianti per il passato, sfruttate il digitale e difendete la vostra giovinezza!”

Il celebre DoP si racconta e parla ai giovani dello Short

 

Venezia. 8 maggio 2022. Il cortometraggio Fantasma Neon – Neon Phantom (Brasile, 20’00’’) di Leonardo Martinelli, prodotto dalla Pontifícia Universidade Católica do Rio de Janeiro (PUC-Rio), è il vincitore del Concorso Internazionale della dodicesima edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival, il primo festival in Europa interamente organizzato e gestito da un’università, che si è sviluppato anche quest’anno in forma “diffusa” per tutta Venezia, con proiezioni che si sono svolte, oltre che allo storico Auditorium Santa Margherita, anche in altre sedi partner tra musei e istituzioni culturali. Il Festival è realizzato con la collaborazione della Fondazione di Venezia, con il supporto della Fondazione Ugo e Olga LeviNH Venezia Rio Novo e WeShort e con il contributo di Carpenè-MalvoltiMuseo Nazionale del Cinema di Torino e Le giornate della luce di Spilimbergo.

 

Insieme alle premiazioni, la cerimonia di chiusura del Festival è stata impreziosita dalla performance di danza Chasing di Simone Arganini, nella quale tecnologia e arte performativa si fondono armoniosamente e il performer diventa anche direttore di se stesso, gestendo gli aspetti tecnici e le tempistiche dello spettacolo. Questo avviene attraverso un software che elabora in tempo reale i dati che arrivano da un sensore posizionato sul suo corpo, permettendo alle luci di prendere magicamente vita e diventare una presenza quasi senziente sul palco.

La Giuria Internazionale, composta dalla regista, attrice e sceneggiatrice francese Coline Serreau, dal documentarista italiano Francesco Montagner e dalla programmatrice e curatrice Marina Mottin, ha assegnato i principali premi del Concorso Internazionale. Tutti i premi sono stati realizzati in prestigioso vetro di Murano dai mastri vetrai del consorzio PROMOVETRO – Vetro Artistico di Murano.

Il Primo premio al miglior corto del Concorso, consegnato dalla giurata Coline Serreau, è andato a Fantasma Neon – Neon Phantom di Leonardo Martinelli, con la seguente motivazione:

 

Per la forma e per il contenuto di un film che racconta la lotta dei giovani sfruttati dalle compagnie di delivery. Per la forza con cui mostra tutta la loro disperazione, ma anche la loro capacità di resistenza. Perché le coreografie sono belle e creative. Perché le scelte cromatiche sono decise e belle nella loro crudezza.

 

Sullo sfondo di una Rio de Janeiro coacervo di contrasti, Neon Phantom dà voce ai rider, figure oggigiorno tanto imprescindibili quanto invisibili, raccontandone le storie in un ibrido di finzione e documentario. Con incursioni nel genere musical, il cortometraggio ritrae le storie disincantate di quei giovani che, a bordo delle loro moto o biciclette, sfrecciano per le strade diventando un tutt’uno con la città, come quei neon che ne illuminano freddi i volti. Con la musica e il ballo come unica via di fuga, potente quanto effimera, dalla propria condizione, questi fantasmi in sella innalzano il proprio coro, rivendicando la propria esistenza in un Brasile, e in un mondo, in cui non c’è spazio per i sogni.

 

Saman Hosseinpuor e Ako Zandkarimi, dopo aver trionfato lo scorso anno con The Other, vincono in questa edizione la Menzione speciale “Museo Nazionale del Cinema”, per l’opera che offre il miglior contributo al cinema come espressione artistica, con il loro Congenital (Iran, 24’), realizzato per la Sapher Art University of Isfahan. Il premio, consegnato dal membro della giuria Francesco Montagner, consiste in un prestigioso libro fotografico sul cinema, due ingressi al museo e una targa. L’opera è stata premiata con la motivazione:

Toccante e delicato, ambiguo e commuovente, questo film racconta la difficile realtà di una faida familiare che sfocia in un matrimonio combinato. Riuscendo a superare le categorie di genere sia cinematografiche, che di gender, il film raggiunge il fulcro di dilemmi universali classici del miglior cinema iraniano e persiano.

Il lavoro a quattro mani di Saman Hosseinpuor e Ako Zandkarimi vuole raccontare una società che vede il matrimonio come un mezzo di scambio, ma anche, quasi in punta di piedi, la natura intersessuale della giovane sposa e il suo dolore. Il cortometraggio mette in risalto più aspetti cruciali per l’attualità, e lo fa con ammirevole semplicità, con l’accompagnamento di strumenti tradizionali, intensi scambi di sguardi e il silenzio. La fluidità delle scene, le riprese pulite e le movenze sinuose della protagonista, interrotte solo da pochi e intensi momenti di tensione, rendono i registi artefici di un lavoro delicato e intimo, che non ha bisogno di alcun simbolismo. Una pellicola che fa commuovere nella sua dolcezza, nella stretta di mano con la madre e nello scambio di segni che la sposa e la sua amante si scambiano dalla finestra. Una scelta ammirevole di schierarsi dal lato del riconoscimento delle identità e dei rapporti non binari, che colpisce nel segno con una messa in scena ricercata.

La Giuria ha assegnato inoltre la Menzione speciale “WeShort”, per l’opera che offre la migliore sperimentazione nei linguaggi cinematografici, al primo cortometraggio proveniente dal Benin nella storia del festival, Une autre blanche – Another White Girl (Benin, 12’32”) di Medessè Agohoundjè, studente dell’Institut Supérieur des Métiers de l’Audiovisuel di Cotonou. Il premio, consegnato dalla giurata Marina Mottin, consiste in un prestigioso piatto in vetro di Murano. L’opera è stata premiata con la motivazione:

Per la sperimentazione, e perché è importante dimostrare per l’Africa che tutte le discriminazioni sono ignobili. In una realtà dove la discriminazione della popolazione nera da parte dei bianchi è terribile, il film mostra che tutta l’umanità è capace di discriminare. Le scelte delle inquadrature e del montaggio sono originali e non convenzionali.

 

Doppio successo per Another White Girl che vince anche il Premio “Pateh Sabally” per la multiculturalità, offerto dalla Municipalità di Venezia, Murano e Burano e dedicato alla memoria del ragazzo del Gambia tragicamente scomparso nelle acque del Canal Grande nel gennaio del 2017. Il premio è stato consegnato dal Presidente della Municipalità di Venezia, Murano e Burano Marco Borghi con la seguente motivazione:

La dolcezza e la forza della diversità. Un film che arricchisce e allarga gli orizzonti. Una fotografia che aiuta a capire. Una storia esemplare che indica la miglior strada per il domani.

 

Difficoltà di accettazione, ricerca del sé più autentico, interrogativi destinati a rimanere senza risposta: sono queste le sfide che Sètchemè cerca quotidianamente di affrontare. L’essere albina sembra aver consegnato la sua vita ad un destino di differenze incolmabili, facendola sentire un’intrusa nella sua stessa famiglia. La protagonista di Another White Girl intraprende così un viaggio alla ricerca della propria identità: il mondo inizialmente buio e opprimente, restituito sapientemente dall’originalità del regista con inquadrature strette e fugaci, si rivelerà capace anche di comprensione e inclusività. La regia di Medessè Agohoundjè ha saputo raccontare questo percorso evolutivo coniugando a regola d’arte velocità e chiaroscuri, facendo emergere a pieno la crescita individuale della sua protagonista.

Il Premio Levi per la miglior colonna sonora (musica, parola, rumore), offerto dalla Fondazione Ugo e Olga Levi e assegnato da una giuria apposita, composta dal direttore del comitato scientifico della Fondazione Levi Roberto Calabretto e dai compositori Paolo Troncon e Daniele Furlati, è andato al corto brasiliano Céu de Agosto – August Sky (Brasile/Islanda/Stati Uniti, 15’00”) diretto da Jasmin Tenucci e prodotto dalla Columbia University Film School. Il premio, consegnato da Paola Cossu della Fondazione Ugo e Olga Levi, è stato assegnato con la seguente motivazione:

Per il tentativo di trovare un’identità sonora applicata alle immagini del film.

Latente angoscia per l’ignoto e inquietudine apparentemente immotivata: questi i principali ingredienti di August sky. Una narrazione autentica delle paure irrazionali che sconvolgono la quotidianità di ognuno e che Jasmin Tenucci sceglie di raccontare attraverso gli occhi di Lucia, la quale vive con un’inspiegabile sensazione di costante pericolo. A fare da sfondo alla travagliata vita della protagonista, fino a fondersi con essa, è l’enorme incendio che distrugge parte della foresta Amazzonica. Il suono del fuoco scoppiettante che accompagna tutto il corto è solo uno degli elementi sonori che caratterizza la pellicola: il tono brusco di Lucia, le voci dei cori religiosi, la disturbante e intensa musica che accompagna la nube tossica degli incendi amazzonici conferiscono vigore e intensità al cortometraggio, rendendo riconoscibile la regia dell’autrice, già da anni avviata anche nell’industria audiovisiva brasiliana.

La Menzione speciale “Le Giornate della Luce” per la miglior fotografia è stata invece assegnata da una giuria apposita composta dal Direttore artistico del festival Le Giornate della Luce Donato Guerra, dall’organizer e programmer del festival Silvia Moras e dal giornalista cinematografico Luca Pacilio. La Menzione è andata a Safe (Stati Uniti, 16’39”) di Ian Barling della NYU Tisch School of the Arts, con la seguente motivazione:

Il premio “Le Giornate della Luce” è conferito a un cortometraggio che si è distinto per la direzione della fotografia, per lo studio dettagliato della luce utilizzata con maestria e calibrato equilibrio. Delicata e mai invadente avvolge in maniera quasi impalpabile i protagonisti contribuendo a completare il film che si distingue per un’attenzione meticolosa di ogni dettaglio.

Passando ai concorsi collaterali, è stato poi annunciato il vincitore della sesta edizione del Levi Music Video International Competition, concorso dedicato a videoclip musicali realizzati da studenti di scuole di cinema o di università da tutto il mondo. A vincere è stato The Art of Conversation (UK, 4’32”) di Jack Osmond dalla Leeds Arts University, con un video realizzato con tecniche miste d’animazione per accompagnare una canzone dello stesso cantante/regista. La giuria, composta dal presidente del comitato scientifico della Fondazione Levi Roberto Calabretto, dal produttore e regista Giovanni Bedeschi e dai compositori Marco Fedalto e Daniele Furlati, ha assegnato il premio per il miglior videoclip con la seguente motivazione:

Convince la qualità del video che usa differenti tecniche afferenti a mondi diversi: la stop-motion, i disegni hand-drawn 2D ed il collage, tutti e tre collegati alla realtà musicale genuina del giovane Jack Osmond.

È stato poi premiato il vincitore della nona edizione del Concorso Scuole Superiori “Olga Brunner Levi” istituito dalla Fondazione Ugo e Olga Levi in collaborazione con il Ca’ Foscari Short Film Festival. Il premio è dedicato al miglior cortometraggio realizzato da studenti delle scuole superiori di secondo grado di tutto il mondo, avente per soggetto la performance musicale femminile o il rapporto tra condizione femminile e la musica nella storia. Una giuria composta da Roberto CalabrettoCosetta Saba Marco Fedalto, ha decretato come vincitore Sound of Borders (Iran, 1’24”) di Bahar Rezvanifar, portando dunque in Iran il premio per il secondo anno consecutivo, con la storia di una ragazza che immagina come sarebbe la sua vita se fosse nata in altri paesi e con sembianze diverse. Il premio è stato consegnato da Paola Cossu della Fondazione Levi con la motivazione seguente:

Il video si distingue per l’attinenza alla tematica del concorso e per l’utilizzo di una tecnica efficace di animazione. Buona anche la componente sonora.

Infine, è stato annunciato anche il vincitore della seconda edizione del “Carpenè-Malvolti” Script-Video Contest, concorso rivolto a tutti i registi del Concorso internazionale e del Music Video Competition di questa dodicesima edizione, chiamati a concepire uno script che poi sarà trasformato in un cortometraggio incentrato sulla più antica impresa di spumanti italiana e sul suo fondatore Antonio Carpenè. Ad assegnare il premio in denaro è stata una giuria composta da Domenico Scimone, direttore generale della Carpenè-Malvolti, Alessandro Loprieno, CEO di WeShort e da Eduardo Fernando Varela, scrittore e sceneggiatore. Lo script vincitore è risultato essere I, the Wine di Ville Niemi, regista finlandese in gara nel Concorso internazionale con il corto Lullaby. Lo script è stato premiato dallo stesso Domenico Scimone leggendo la seguente motivazione:

Per la capacità di ritrarre in maniera delicata ed empatica le atmosfere dell’epoca in cui vive il protagonista e per l’attenzione prestata alla storia di questa secolare impresa.

A conclusione della cerimonia di premiazione, la direttrice artistica e organizzativa del festival Roberta Novielli ha ringraziato gli oltre 250 volontari cafoscarini che, con entusiasmo, passione e impegno, hanno reso possibile la realizzazione del festival e ha dato appuntamento al 2023 per la tredicesima edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival.

 

Una masterclass con Luca Bigazzi

Nel pomeriggio, il programma della dodicesima edizione si era concluso con una masterclass speciale da parte di uno degli ospiti più attesi: Luca Bigazzi, direttore della fotografia di alcuni tra i più importanti film italiani degli ultimi trent’anni. La sua carriera è stata ripercorsa in una lectio magistralis, nella quale ha illustrato il suo metodo di lavoro, commentando anche alcuni estratti di Ariaferma, uno dei suoi ultimi lavori, che ha già conquistato due David di Donatello. A presentarlo sul palco e a guidare l’intervista è stato Robin Andrioli, ex studente del Master in Fine Arts in Filmmaking di Ca’ Foscari, ora direttore della fotografia.

 

Sette David di Donatello, sette Nastri d’Argento e curatore della fotografia del film premio Oscar La grande bellezza: Luca Bigazzi è il direttore alla fotografia più importante del cinema italiano contemporaneo. Esordisce come DoP nel 1983 con Paesaggio con figure di Silvio Soldini e proprio la collaborazione artistica con il regista lo porterà a conquistare ben due David di Donatello: nel 2000 con Pane e tulipani e nel 2002 con Brucio nel vento. La sua carriera vanta celebri collaborazioni, fra le quali si ricordano quelle con Mario Martone, Giuseppe Piccioni, Ciprì e Maresco, Paolo Virzì e Daniele Luchetti. Nel 2004 inizia a collaborare con Paolo Sorrentino, insieme al quale ottiene una serie di prestigiosi riconoscimenti, vincendo ad esempio sia il David di Donatello che il Nastro d’Argento come miglior direttore della fotografia per Le conseguenze dell’amore nel 2005, per This Must Be the Place nel 2012 e per La grande bellezza nel 2013.

 

L’incontro all’Auditorium è stata l’occasione per ripercorrere la lunga e pluripremiata carriera di Bigazzi, sin dall’esordio di Paesaggio con figure, film nato sui banchi del liceo con l’allora compagno di scuola Silvio Soldini: “Lo abbiamo girato in sei mesi, io non sapevo assolutamente nulla, non avevo mai fatto una scuola di cinema né letto un libro di fotografia”. Tuttavia, ha confessato, questa inesperienza iniziale si è trasformata negli anni in uno dei suoi più grandi punti di forza, perché, paradossalmente, l’esperienza può rivelarsi un ostacolo: “Io credo che prepararsi eccessivamente sia un errore. La mia principale qualità è che mi dimentico qualsiasi cosa e così facendo non applico mai lo stesso metodo, è come se per ogni film facessi tutto da capo. L’esperienza è un terribile danno, si rischia di ripetere ciò che si è già fatto”. Bigazzi ha invitato quindi i giovani registi e aspiranti DoP a rivendicare e difendere la propria gioventù, in grado di portare creatività e innovazione.

 

 

Altra caratteristica peculiare del “metodo Bigazzi” è sicuramente la velocità, che lui stesso indica come principale qualità di un direttore della fotografia. “La mia ossessione è essere veloce: più sono lento, pretendendo una presunta artisticità, più danneggio il film” ha confessato al pubblico, sottolineando come la celerità sia essenziale anche in rapporto alla luce, che varia continuamente durante il giorno, alterando le riprese. È proprio la luce, infatti, a occupare gran parte del lavoro del DoP; tuttavia, Bigazzi è conosciuto per usarne pochissima e sul palco dell’Auditorium ha rivelato la motivazione di questa scelta, a partire dalla proiezione di una scena tratta da Ariaferma, film a cui ha lavorato lo scorso anno con il regista Leonardo Di Costanzo. L’estratto scelto presentava una scena girata in un carcere in cui improvvisamente salta la corrente: Bigazzi ha raccontato come non abbia aggiunto nessuna luce, lasciando che gli attori diventassero ‘capi elettricisti’ illuminando la scena con delle semplici torce. “Dieci anni fa una scena del genere, con quindici minuti di buio, sarebbe stata impossibile, avrei dovuto inserire moltissime luci fuoricampo, penalizzando la logica del racconto per seguire l’estetica. Probabilmente avrei direttamente rifiutato il film”. La scena in questione, come moltissime altre, è stata resa possibile grazie all’uso delle nuove tecniche digitali, grazie alle quali secondo Bigazzi il lavoro risulta notevolmente semplificato. Da anni ormai, il direttore alla fotografia dichiara di preferire di gran lunga il digitale rispetto alla pellicola, per il realismo che ne deriva, per la facilità d’uso, ma soprattutto per la qualità del prodotto finale. “Ho sofferto mostruosamente tutta la vita a fare cose irrealistiche perché non c’erano i mezzi adatti, ora voi giovani avete davanti strumenti di riproduzione della realtà che io potevo solo sognare quando ho iniziato; sfruttateli senza avere il rimpianto del passato”. Bigazzi ha poi concluso cogliendo l’occasione per dare un consiglio alle nuove generazioni: “Il conservatorismo e la resistenza all’innovazione sono dannosissimi. Fidatevi del vostro istinto, servitevi dei mezzi che ci sono e sperimentate il più possibile: non buttate la vostra giovinezza, è la cosa più preziosa che avete”.

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