I NUMERI SMENTISCONO LA “BUFALA” DELLA SICCITA’, di Catello Masullo

I NUMERI SMENTISCONO LA “BUFALA” DELLA SICCITA’

Catello Masullo

(Ingegnere idraulico, docente presso la Cattedra di “Gestione dei Servizi Idrici” della Facoltà di Ingegneria della Università di Roma Tre)

 

I numeri sono inoppugnabili. Forse per questo piacciono agli ingegneri. Non sono “interpretabili”, “argomentabili”, “politicamente valutabili”, “giornalisticamente truccabili”. Forse per questo i numeri non piacciono a molti. “Roma senza acqua”, “Rubinetti romani a secco”, sono i titoloni ad effetto, che hanno fatto rapidamente il giro del mondo. Potentissima metafora dello stato di degrado e di deriva del nostro paese. Con contraccolpi in termini di calo (o addirittura di cancellazione) delle prenotazioni turistiche, e di danno di immagine, già dettagliatamente calcolabili in euro.

I “numeri” dicono questo :

  1. In Italia piovono dal cielo, mediamente, qualche anno un po’ di più, qualche anno, come quello corrente, in meno, 350 miliardi di m3 di acqua, di cui ne vengono utilizzati tra il 10 ed il 15%, quindi tra l’85 ed il 90% di questa montagna d’acqua viene persa in mare, oppure in infiltrazione o in evaporazione. Ergo, per evitare ogni emergenza idrica, basterebbe adottare lo spirito del buon padre di famiglia, cioè mettere da parte le risorse quando sono abbondanti, per usarle quando sono scarse. Con accumulo di acqua. Invasi. Anche con le tanto vituperate “dighe”. Che non servono solo a conservare l’acqua per i tempi magri, ma anche ad evitare le tante vittime e danni da alluvioni. Per trattenere cioè le violente piene dei fiumi, eliminandole o attenuandole.
  2. In Italia viene dispersa più della metà dell’acqua immessa nelle reti di distribuzione (il 44% nel caso di Roma). Conoscete al mondo una qualsiasi azienda di trasporti che consideri accettabile perdere la metà del proprio carico durante il trasporto? Questa immensa risorsa idrica, le perdite, è la risorsa più immediata, di migliore qualità e di ingente quantità sulla quale le città possono contare. Perché è già disponibile, scorre sotto i nostri piedi. Basterebbe recuperare queste perdite, in tutto o in parte, per scongiurare qualsiasi emergenza idrica.
  3. In tutti i paesi industrializzati per la manutenzione delle reti idriche si spendono in media 80 euro per abitante e per anno. Con punte nelle solite eccellenze dei paesi del nord Europa di 100 ed anche di 130 euro. Cosa avviene invece in Italia? Se ne spendono più o meno30 euro per abitante /anno. E’ quindi di patente evidenza che le nostre reti idriche, realizzate fino ad alcuni decenni orsono con gli interventi statali e con fondi derivanti dalla fiscalità generale, sono tutte in via di collasso. Se continuiamo nella politica folle di sottospesa come oggi, aspettiamoci un aumento delle perdite, molte altre crisi idriche e molti altri disastri, come il clamoroso crollo del lungarno di Firenze.

Il caso di Roma merita una considerazione particolare. E’ una città davvero fortunata, per l’acqua, perché :

  • Dispone della sorgente di acqua pura all’origine più grande di Europa, quella del sistema Peschiera-Capore, nel reatino, che, con oltre 16.000 l/s fornisce circa l’80% dell’acqua potabile alla Capitale e consente ai romani di bere una delle acque migliori del mondo (ed è , per questo, davvero difficile capire perché tanti di loro si ostinino a bere acqua minerale in bottiglia);
  • È una delle rarissime metropoli a possedere un grande “acquedotto di riserva”, da utilizzare solo in casi eccezionali, l’acquedotto dal lago di Bracciano (parallelo a quello costruito dall’imperatore Traiano nel 102 d.C. per dare acqua a Trastevere);
  • Da sempre ha avuto pianificatori illuminati della risorsa idrica : in epoca imperiale undici grandi acquedotti portavano a Roma 13.500 l/s, una quantità d’acqua che sarebbe restato un record imbattuto al mondo per quasi due millenni. E la cosa strabiliante è che ancora oggi, dopo circa duemila anni, tre di questi acquedotti sono ancora perfettamente funzionanti e continuano a portare a Roma 7.000 l/s. Gli ingegneri idraulici discendenti degli antichi Romani sono stati alla loro altezza (vedi la lungimiranza di aver costruito l’acquedotto di riserva da Bracciano).

Ha fatto scalpore l’annuncio da parte della Regione Lazio del divieto di prelievo dal lago di Bracciano a partire da venerdì 28 luglio. A causa forse di una non attenta lettura dell’atto concessorio, il quale vieta effettivamente prelievi di acqua quando il livello idrico del lago scende sotto il livello idrometrico minimo di 161.9 metri sul livello del mare, ma con riferimento alla portata massima di derivazione di 8.500 l/s. molto lontani dal prelievo attuale che è di soli 1.100 l/s (pari attualmente all’8% dell’acqua distribuita in città). I quali provocano un abbassamento di 1.54 millimetri al giorno, a fronte di un abbassamento naturale, attuale, di circa 8 millimetri al giorno per evaporazione. Ed ha fatto ancora più scalpore il contro-annuncio di Acea ATO2, il gestore delle acque romane, che avrebbe dovuto procedere al razionamento dell’acqua, a seguito di questo provvedimento regionale. Un fatto senza precedenti nella storia recente. Con almeno due nefaste, prevedibili conseguenze :

  1. Quando per alcune ore al giorno si interrompe il flusso nelle condotte idriche in pressione, si può verificare il rischio di svuotamento delle stesse, si provocherebbe così all’interno dei tubi una depressione che rischierebbe di risucchiare all’interno degli stessi l’acqua sporca che è nel terreno circostante le tubazioni. Con un elevato rischio di compromissione della potabilità dell’acqua. La cui garanzia è per l’appunto fornita dal fatto che le condotte sono sempre in pressione, e, di conseguenza, l’acqua può solo fuoriuscire dai tubi, attraverso le numerose falle, e mai rientrarvi.
  2. Quando si raziona l’acqua, spesso si ottengono risultati opposti a quelli sperati. Gli utenti, infatti, in previsione della interruzione del servizio, fanno abbondanti scorte (in genere riempiono le vasche da bagno), con un aumento brusco della domanda idrica ed ulteriore svuotamento dei grandi serbatoi cittadini. Salvo poi svuotare la vasche da bagno al ritorno dell’acqua corrente. E poi, in una spirale perversa, rifare le scorte il giorno dopo.

La attuale congiuntura richiede il ricorso al buonsenso e non alle prove muscolari tra diverse istituzioni. I primi provvedimenti concreti appaiono andare nel verso giusto. Il Vaticano ha fatto bene a chiudere i rubinetti che alimentano fontane e innaffiamenti degli ampi giardini, che proprio dalle acque del lago di Bracciano sono alimentati (con la antichissima “Acqua Traiana”, oggi nota come “Acqua Paola”, dopo il restauro papale, e che vede come terminale il famoso “Fontanone del Gianicolo”). Bene ha fatto la Sindaca Raggi a disporre la chiusura temporanea dei cosiddetti “nasoni”, le caratteristiche fontanelle pubbliche a flusso perenne (ma ne risultano chiuse solo 200 su 2800, ed in ogni caso, saggezza e cura della immagine suggerirebbero di lasciare aperte quelle nelle zone a maggiore concentrazione turistica, magari con flusso un po’ ridotto). Bene ha fatto la Assessora capitolina all’Ambiente Pinuccia Montanari a dettare un decalogo di comportamenti virtuosi per gli utenti (ma, gli unici provvedimenti che si sono da sempre rivelati davvero efficaci contro gli sprechi, sono quelli che toccano i portafogli : non sarà mica un caso che i berlinesi, che pagano l’acqua 8 volte più dei romani ed i parigini che la pagano 5 volte di più, consumino meno della metà dell’acqua degli abitanti della Capitale).

Emergono anche soluzioni “creative”, come l’utilizzazione dell’acqua del Tevere. Teoricamente praticabile, ma non certamente in tempi brevi (andrebbe progettato, appaltato e costruito un impianto di potabilizzazione e le relative condotte). E non certo con le stesse qualità organolettiche della proverbiale acqua romana (avete provato a bere l’acqua dal rubinetto a Firenze che si alimenta direttamente dal fiume Arno, prelevata in città, potabilizzata dall’impianto dell’Anconella?). Se proprio non si riesce a riparare i buchi delle condotte oppure a raddoppiare l’acquedotto Peschiera-Capore, da anni in attesa di autorizzazione, creatività per creatività, si potrebbe sempre fare un contratto a tempo determinato ad un nativo americano, con tanto di copricapo a piume di uccello, e mandarlo sul lago di Bracciano a fare la “danza della pioggia”!