QUANDO (Recensione di Catello Masullo)

 

QUANDO (Recensione di Catello Masullo)

(sinossi e credits da cinematografo.it)

 

QUANDO

ITALIA 2022

Sinossi: La giovane vita di Giovanni va in pausa nell’estate del 1984 a San Giovanni, durante il dolore collettivo per la morte di Enrico Berlinguer, per colpa dell’asta di una bandiera finita tragicamente sulla sua testa. Dopo 31 anni si risveglia dal coma, ed è come una nuova rinascita, da adulto. Tutto è cambiato, il mondo che aveva lasciato non c’è più: la sua famiglia, la ragazza, il partito tanto amato, tutto in questa nuova epoca è stravolto. Giovanni è come un bambino cinquantenne, deve imparare a muoversi in questa nuova dimensione, accettando anche la perdita dei vecchi legami e la scoperta di nuovi. Ad aiutarlo ci sono Giulia, una giovane e tormentata suora che si è presa cura di lui negli ultimi anni della sua degenza, e Leo, un ragazzo problematico affetto da mutismo selettivo. Grazie a loro Giovanni, oltre che a riprendere le normali funzioni vitali, troverà il modo di riuscire a comprendere la sua nuova esistenza e ad affrontare il passato, che ritornerà nelle sembianze di Francesca, la figlia avuta nella sua precedente vita.

Regia: Walter Veltroni

Attori: Neri MarcorèValeria SolarinoGian Marco TognazziOlivia CorsiniDharma Mangia WoodsFabrizio Ciavoni

Sceneggiatura: Walter Veltroni, Simone Lenzi e Doriana Leondeff

Colore: C

Genere: COMMEDIA

Produzione: LIONELLO CERRI PER LUMIÈRE & CO, CRISTIANA MAINARDI

Distribuzione: VISION DISTRIBUTION

Data uscita: 2023-03-30

NOTE

– IN ANTEPRIMA AL BIF&ST 2023

 

RECENSIONE DI CATELLO MASULLO: Mario Cecchi Gori, uno dei grandi produttori storici, usava dire che chi paragonava un libro al film che ne era stato tratto era un cretino. “Tranchant”, come suo solito, ma non lontano dal buon senso. C’è una specie di regola che vuole che chi ha molto amato un libro e poi ne veda la trasposizione cinematografica, ne resti (immancabilmente) deluso. Mentre raramente accade il contrario, quando cioè il film viene visto prima di leggere il libro. La spiegazione è semplice: chi legge prima il libro, nel mentre entra in rapporto empatico con la pagina scritta, se ne fa una (sua) raffigurazione mentale. In pratica costruisce nella sua mente “il suo film” di quel libro. Immaginando le facce dei protagonisti, il loro modo di muoversi, i luoghi in cui si svolgono le vicende, ecc. Quando va al cinema a vedere la trasposizione cinematografica del libro, si confronta con la immagine mentale (con il film) che si sono fatti in testa gli sceneggiatori ed il regista. Che raramente coincide con quello dell’affezionato lettore. Ed ecco la delusione. Viceversa, se si vede prima il film e poi si legge il libro, durante la lettura si è naturalmente portati a rivedere le immagini del film, per ritrovarle, in qualche modo, nella pagina scritta. Senza esserne delusi. Anche con questo ultimo film di Veltroni, “Quando”, la regola funziona. Ho visto prima il film e, solo dopo, ho letto il libro. E non ho avuta alcuna delusione. Anzi, a costo di prendermi il “cretino” di Cecchi Gori, direi che il film è molto meglio del libro. Nei personaggi inventati per il film, che nel libro non c’erano, come il compagno di casa di cura, Leo, un sempre più bravo Fabrizio Ciavoni, prestato dalla critica alla recitazione, o come il migliore amico di gioventù del protagonista, un credibile Gian Marco Tognazzi, o, ancora, come alcuni snodi narrativi innovativi, o come il finale. E tanti altri particolari che aggiungono “verità”, rispetto al libro, come, ad esempio, la reazione al nervo ottico nel passaggio da un ambiente buio ad uno illuminato da una certa luce del sole, che provoca, in alcuni individui, uno starnuto, che accomuna il protagonista e sua figlia (il fenomeno è effettivamente ereditario, un marchio di fabbrica). Sarà che Veltroni ha digerito bene la materia dal 2017, anno di pubblicazione del libro, ad oggi. Sarà stato, certamente, anche l’apporto creativo dei co-sceneggiatori, Simone Lenzi e Doriana Leondeff, e, segnatamente, la sensibilità squisitamente femminile e la professionalità riconosciuta di quest’ultima, già sua collaudata collaboratrice per il precedente film di finzione, “C’è Tempo”. Pur non avendo uno spunto originalissimo (di militanti di partito che si risvegliano quando il loro partito non c’è più e il mondo è cambiato ne abbiamo viste di storie, a partire dal memorabile “Goodbye, Lenin!”, di Wolfgang Becker, del 2003), di fatto il film che ne esce è il migliore di sempre di Veltroni. Con una tecnica di racconto iniziale che, nello svelare le tessere del mosaico ad una ad una, tiene lo spettatore in sospensione e ne afferra quindi la attenzione. Con riuscite invenzioni visive, come il tunnel onirico che simula efficacemente il lungo sonno. Con invenzioni di pura genialità, come la declamazione del menù da parte del cameriere, un insuperabile Stefano Fresi, già protagonista del richiamato precedente film di finzione, che è da antologia. Con richiami cinefili gustosi, come il lago dove era stato girata una scena di “Non ci resta che piangere”. Con deliziose sonorità, di Fabrizio Mancinelli, che omaggiano e riecheggiano il miglior Pino Daniele. Con momenti di grande commozione e di grande sentimento. E con interpretazioni sublimi, da un Neri Marcorè stupefatto e stupefacente, con un inedito e totalmente controllato linguaggio del corpo, ad una deliziosa Valeria Solarino, ad una intensa e volitiva Dharma Mangia Woods. Promosso a pieni voti.

VALUTAZIONE SINTETICA: 9