La congiura della pietra nera recensione di Riccardo Rosati

 

La congiura della pietra nera

recensione di Riccardo Rosati

 

Titolo originale: Jiàn Yǔ (剑雨)

Genere: Arti Marziali

Nazione: Cina

Anno di produzione: 2010

Data di uscita al cinema: 03/08/2012

Durata: 117′

Regia: Su Chao-Bin e John Woo

Interpreti: Michelle Yeoh, Jung Woo-sung, Kelly Lin, Shawn Yue, Barbie Hsu, Wang Xueqi, Guo Xiaodong, Pace Wu.

Voto: 3,5

 

Una setta di assassini che si fa chiamare la Pietra Nera cerca incessantemente i resti del santone indiano Bodhi, spazzando via chiunque si metta sulla sua strada. Durante una missione, l’unica donna della banda ritrova la preziosa reliquia e decide di sparire con essa; per far ciò, si opera al viso, così da rendersi irriconoscibile. Tuttavia, il suo tentativo di lasciare la Pietra Nera non sarà così facile, poiché una volta che si intraprende la Via degli assassini, è quasi impossibile lasciarla.

 

Diretto a quattro mani dal taiwanese Su Chao-pin e da John Woo, questo film mostra il genere chiamato wuxiapian al suo meglio; ci riferiamo a quello che troppo spesso viene semplicisticamente definito come “cappa e spada” alla cinese, visto che più che altro il vero “cuore” di queste pellicole si trova in una visione quasi sovrannaturale delle arti marziali e in una glorificazione della cultura tradizionale cinese, sia taoista che confuciana, meno frequentemente, come in questo film, di stampo buddhista.

La congiura della pietra nera si rivela uno spettacolo di quasi due ore che tiene col fiato sospeso per le vicende riguardanti la protagonista (interpretata dalla celebre Michelle Yeoh), grazie a duelli ottimamente coreografati che si svolgono a colpi di spada, calci e pugni.

Non è dato sapere con certezza quanto sia dovuto alla mano di John Woo. Forse, più che di una co-regia, quella del cineasta hongkonghese sembra essere stata una “supervisione”, segnatamente per le scene di azione. Affermiamo questo, poiché è difficile che egli si conceda al romanticismo e alla dolcezza, come avviene invece in questa pellicola, e le storie da lui dirette rivelano il più delle volte una certa misogina: egli non ama inserire delle protagoniste femminili e i suoi film trattano vicende principalmente incentrate sul cameratismo maschile, il quale sfocia spesso in un duello virile. L’unico aspetto narrativo di questa storia che si possa in qualche modo ricollegare a Woo è quello riguardante una riflessione sulla confusione di identità, già magistralmente affrontata durante il suo “periodo americano” in Face/Off (1997).

 

La congiura della Pietra Nera ripropone un genere che fu bandito dalla Cina di Mao e che sopravvisse esclusivamente grazie alla libera enclave, allora britannica, di Hong Kong, per ritornare al successo nella Cina odierna. Le epurazioni comuniste della Rivoluzione Culturale, durante la quale tutto quello che era il passato doveva essere dimenticato, sono ormai lontanissime e oggi la società cinese è alla ossessiva ricerca della Tradizione, filtrata però attraverso un assurdo miscuglio di socialismo e ultracapitalismo. Indubbiamente di alta qualità sono sia la fotografia che le scenografie, da anni ormai, insieme ai combattimenti marziali, il punto forte del cinema cinese di ambientazione storica.

 

Inoltre, è interessante notare come in questa pellicola si mostri una Cina povera e rurale, dunque lontana da quella visone estetizzante del paese, tipica dei moderni wuxiapian, in modo da compiacere l’establishment politico. Certo, anche in questo film si osserva una certa moralità di stampo confuciano, la quale richiede che si rispetti la decenza nel non mostrare apertamente scene troppo esplicite sia dal punto di vista della violenza e del sangue, sia da quello sessuale. Questo atteggiamento è così differente dal chanbara: l’equivalente giapponese del wuxiapian, dove sesso e violenza non sono mai stati un tabù; segno evidente di una maggiore libertà di espressione nella cultura e nelle arti visive.

Tuttavia, l’aspetto di maggiore interesse di questa storia lo si può individuare nel discorso ricorrente sul rapporto tra Buddhismo e arti marziali, tramite la rievocazione del santone chiamato Bodhidharma, vissuto, si ritiene, tra il V e VI secolo e fondatore della cosiddetta corrente buddhista Chan, la quale troverà grande riscontro secoli dopo in Giappone, cambiando nome in Zen. Il Bodhidharma è stata una figura fondamentale per l’evoluzione delle arti marziali in Asia, portando la sua sapienza dall’India, fino in Cina.

 

Tirando le somme, La congiura della Pietra Nera è decisamente meno noioso e banale del solito wuxiapian, riuscendo a essere nel contempo un film romantico e di azione e dove troviamo una Cina del passato in qualche modo più vera di quella mostrata in tante altre pellicole simili e fatta solo di palazzi splendenti, cortigiane bellissime e guerrieri invincibili senza macchia né paura.

Riccardo Rosati