CARACAS recensione di Catello Masullo

CARACAS recensione di Catello Masullo

 

(credits e sinossi da CINEMATOGRAFO.IT)

CARACAS

ITALIA 2024

Sinossi: Giordano Fonte è uno scrittore napoletano che si aggira in una Napoli che inghiotte e terrorizza ma allo stesso tempo affascina, una città che non riconosce più dopo esservi tornato dopo molti anni. Ma non è solo. Con lui c’è Caracas, un uomo che milita nell’estrema destra e che sta per convertirsi all’Islam, alla ricerca di una verità sull’esistenza che non sa trovare. Giordano canta l’amore impossibile tra Caracas e Yasmina attraversando una città dove tutti sperano di non perdersi, di salvarsi. Tutti, anche Caracas e Giordano, sognano di poter aprire gli occhi dopo un incubo e scorgere, dopo il buio della notte, una giornata piena di luce.

SCHEDA FILM

Regia: Marco d’Amore

Attori: Marco d’AmoreToni ServilloLina Camélia Lumbroso

Fotografia: Stefano Meloni

Scenografia: Fabrizio D’Arpino

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Tratto da: romanzo “Napoli ferrovia” di Ermanno Rea

Produzione: PICOMEDIA, MAD ENTERTAINMENT, VISION DISTRIBUTION

Distribuzione: VISION DISTRIBUTION

Data uscita: 2024-02-29

Recensione di Catello Masullo: È nato un autore! Sorprendentemente. Marco d’Amore con questo “Caracas” è alla sua seconda regia di un lungometraggio di finzione, dopo “L’Immortale” del 2019 (la terza regia, se contiamo anche il pregevole documentario “Napoli Magica”, del 2022). Si è affermato come attore popolarissimo in ruoli da duro malavitoso, che ha riproposto anche nella sua opera prima da regista, nella quale, pur dimostrando già una notevole padronanza del mezzo espressivo, era rimasto su un linguaggio cinematografico tradizionale, di pieno rispetto dei canoni del genere. È quindi una reale, e piacevolissima sorpresa scoprire in Marco d’Amore un autore a tutto tondo. Con un suo linguaggio sofisticato e molto originale. In un film audace e fuori dagli schemi come “Caracas”. Ispirato al romanzo “Napoli ferrovia” di Ermanno Rea, ci presenta una Napoli cupa, buia, livida, madida, bagnata. Ma anche magica, esoterica, avvolgente e ambiguamente fascinosa. L’autore si serve con maestria di suggestioni oniriche, di atmosfere inquietanti. Con i piani temporali che si confondono con lampi di memoria e di avvenimenti che si sovrappongono, in una discesa negli inferi di una bolgia dantesca, alla ricerca dell’anima. Materializzando meravigliosamente il senso di spaesamento, di smarrimento, di confusione mentale in cui si trova l’anziano scrittore tornato nella sua città natale dopo decenni di assenza, al quale fornisce concretezza carnale un monumentale Toni Servillo. E che pone lo spettatore nel dubbio che il personaggio di Caracas (interpretato altrettanto magistralmente dallo stesso d’Amore) possa essere solo frutto della immaginazione dello scrittore, oppure, financo, coincidere con lo scrittore stesso (come potrebbe leggersi nella riproposizione palindroma delle sequenze iniziale e finale, che si ripetono in modo quasi identico, solo con la sostituzione dell’osservatore, che è Caracas in quella iniziale e lo scrittore in quella finale). Il film si concede anche raffinatezze registiche e stilistiche di pregio, come per la sapiente guida della fotografia (si legga la domanda al regista qui sotto), e delle riprese (il giro a 360 gradi della macchina nella stanza di albergo dello scrittore, per raccontare in un istante tutti i giorni dalla quale non ne esce).  È nato un autore, ripeto. Evviva!

Curiosità, ho chiesto al regista ed a Toni Servillo: “Marco, come hai lavorato con il direttore della fotografia su questa Napoli buia, in cui i volti emergono dal nero con lampi di luce caravaggesca, con un effetto molto presente nel film e esaltato nel book che lo accompagna? A Toni una curiosità, nel film hai sempre la spalla sinistra molto più alta, è perché sei mancino, oppure era una postura imposta da una ragione filmica?”.

 

Toni Servillo: “rispondo subito io, dicendo che è un mio difetto, che mi provoca anche un dolore al collo. C’è un osteopata in sala?…”

 

Marco d’Amore: “sono molto contento della tua domanda. Perché a me piace tantissimo riconoscere il talento altrui e cerco di farlo esplodere. Lo avevo fatto con Guido Michelotti, uno degli autori di Gomorra. Operatore di riprese adorato da Sollima, adesso è uno dei DOP più amati dai registi. Lo stesso è per Meloni che ho fatto esordire nella serie di Gomorra.  Sono due autori al pari di noi. Per questo film gli ho chiesto di far sudare la città. Non un luogo geografico. Napoli è in un riflesso molto lontano. La mia reference era Gotham City. Anche dall’immaginario. Anche Sin City. È questo che desidero. Una città bagnata, umida, di muffe. Scendiamo in luoghi dell’anima profondi”.

 

Valutazione Sintetica: 8