La nonna Sabella, recensione di Catello Masullo

La nonna Sabella, recensione di Catello Masullo

credits E SINOSSI: Cinematografo.it e Wikipedia

 

La nonna Sabella

ITALIA 1957

Sinossi: Raffaele vive da molti anni a Napoli per motivi di studio, ma un giorno gli viene comunicata una terribile notizia: dovrà tornare al più presto al paese natio poiché nonna Sabella, la donna che lo ha cresciuto, è in fin di vita. Arrivato a casa, Raffaele stenta a riconoscere volti e luoghi e persino la sua amica d’infanzia, accorsa a salutarlo. Tutti in paese sono sconvolti per la malattia della donna, energica e autoritaria; però, mentre sono in molti ad esserne addolorati, c’è chi attende trepidante la sua morte. Si tratta di sua sorella, che aspetta da vent’anni di coronare il suo sogno d’amore con l’ufficiale postale Emilio. All’arrivo di Raffaele, però, nonna Sabella guarisce miracolosamente. La sua malattia era solo un trucco per rivedere il nipote e convincerlo a sposare Lucia, la figlia di un ricco possidente locale. Il ragazzo, però, non ne ha alcuna intenzione: ha finalmente riconosciuto la sua compagna di giochi di un tempo e se ne è perdutamente innamorato. Raffaele dovrà lottare e avrà un unico alleato, Emilio…

Regia: Dino Risi

Attori: 

Interpreti e personaggi
· Tina Pica: nonna Sabella

· Peppino De Filippo: Emilio Mescogliano

· Sylva Koscina: Lucia

· Renato Salvatori: Raffaele Renzullo

· Dolores Palumbo: Carmela Renzullo

· Rossella Como: Evelina Mancuso

· Paolo Stoppa: Evaristo Mancuso

· Gina Mascetti: Clotilde Mancuso

· Renato Rascel: don Gregorio

· Gorella Gori: Teresa

· Fausto Guerzoni: don Vincenzo

· Edoardo Guerrera: nonno Peppino Mancuso

· Mimo Billi: Eusebio

· Mario Ambrosino: avvocato

· Mimmo Poli: postino

· Lina Ferri: donna della famiglia Mescogliano

· Nino Vingelli: uomo al funerale

· Amalia Pellegrini: donna Valentina

Doppiatori italiani
· Clara Bindi: Lucia

· Giuseppe Rinaldi: Raffaele Renzullo

· Rina Morelli: Clotilde Mancuso

Soggetto: Pasquale Festa Campanile – romanzo

Sceneggiatura: Pasquale Festa CampanileMassimo FranciosaEttore GianniniDino Risi

Fotografia: Tonino Delli ColliFranco Delli Colli – operatore

Musiche: Michele Cozzoli

Montaggio: Mario Serandrei

Scenografia: Piero Filippone

Arredamento: Beni Montresor

Costumi: Beni Montresor

Aiuto regia: Franco Montemurro

Altri titoli:

Oh Sabella

Durata: 95

Colore: B/N

Genere: COMMEDIA

Tratto da: romanzo omonimo di Pasquale Festa Campanile

Produzione: SILVIO CLEMENTELLI PER TITANUS

Distribuzione: TITANUS

NOTE

– ULIVO D’ORO AL III RASSEGNA INTERNAZIONALE DEL FILM COMICO DI BORDIGHERA (1957).
– PRIMO PREMIO CONCHA DE ORO AL V FESTIVAL DI SAN SEBASTIAN.

– CARIDDI D’ARGENTO ALLA RASSEGNA INTERNAZIONALE DEI CINEMA DI MESSINA.

 

CRITICA

 

recensione di Catello Masullo: “

Dino Risi, 85 film da regista, 65 da sceneggiatore, 2 da aiuto regista, 13 premi e 14 nominations, tra le quali due candidature al Premio Oscar, per la migliore sceneggiatura non originale, e per miglior film straniero, nel 1976, per “Profumo di Domma”, è considerato uno dei padri della commedia all’italiana – è stato definito ‘il Billy Wilder di casa nostra’ – ha contribuito al successo di attori come Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Nino Manfredi. Figlio di un medico, si laurea in Medicina e si specializza in Psichiatria, ma ben presto abbandona la professione per dedicarsi al cinema al seguito dei suoi amici Mario Soldati e Alberto Lattuada. Dopo l’8 settembre del ’43 si rifugia in Svizzera dove frequenta il corso di regia tenuto da Jacques Feyder. Tornato a Milano collabora come critico cinematografico sul quotidiano ‘Milano sera’ e inizia a girare documentari. Nel 1952 debutta nella regia cinematografica con “Vacanze col gangster”. Tra i film che hanno contribuito maggiormente al suo successo, anche a livello internazionale, “Poveri ma belli” (1957), “Il sorpasso” (1962), “I mostri” (1963) e soprattutto “Profumo di donna” (1974). Grazie a quest’ultimo ottiene il David di Donatello per la miglior regia e a Cannes la candidatura alla Palma d’oro (Vittorio Gassman viene invece premiato come miglior attore). Il film riceve anche due nomination all’Oscar: per la miglior sceneggiatura e come miglior film straniero, in Francia gli viene assegnato il César nella stessa categoria e nel 1992 ne è stato fatto un remake con Al Pacino protagonista. Nel 2002 alla 59ma Mostra del Cinema di Venezia gli viene assegnato il Leone d’oro alla carriera. Dalla moglie Claudia, svizzera, ha avuto i figli Marco e Claudio, anche loro impegnati nel cinema, il primo come regista e il secondo come produttore. Suo fratello Nelo, come lui, dopo gli studi di medicina e poi di psichiatria, si è dedicato alla regia. È morto a Roma nel residence Aldovrandi, davanti a Villa Borghese, dove viveva da molti anni. “La Nonna Sabella”, del 1957, è tratto da un romanzo di Pasquale Festa Campanile, trasposto per lo schermo con una sceneggiatura dello stesso autore con Risi, Franciosa e Ettore Giannini, il celebre autore dell’unico musical italiano di livello, “Carosello Napoletano”. “La Nonna Sabella” rappresenta in modo paradigmatico un filone importante per la commedia italiana degli anni Cinquanta, il cosiddetto “strapaesano”. Un cinema che racconta una cultura sottoprovinciale, ai limiti del folklore, in rapporto (semi)conflittuale con la cultura della città, che guarda piuttosto alle tradizioni e agli usi e costumi di una comunità di modeste dimensioni ma che rappresenta in modo universale l’intera nazione. Un genere che è stato anche definito “neorealismo rosa”, cioè la versione popolare e brillante del movimento italiano più rappresentativo a livello globale, che rappresenta la fase di chiusura di quel movimento, aprendosi a raccontare i cambiamenti del costume della società del benessere che avanzava imperiosamente a partire dalla seconda metà degli anni ‘50. La regia de “La Nonna Sabella” è di un giovane Dino Risi. Sulla carta un azzardo affidare una commedia corale, rurale e montanara ad un regista settentrionale e borghese che veniva dal clamoroso successo di “Poveri ma belli”, una interessante esplorazione di una Roma immutabile e vivace a metà tra noncuranza ed effervescenza. “La Nonna Sabella” è costruito e diretto in modo impeccabile da Risi, che usa come sua arma migliore più riuscita il disegno dei personaggi, i quali, pur se collocati in una storia molto pimpante e avvincente, funzionano di per sé in virtù della capacità di cesello con cui sono scritti. Sono sufficienti a Risi pochi dettagli, un tic, una gag, un certo tipo di abbigliamento, una battuta di spirito per definire gli orizzonti limitati di questi personaggi chiusi in un paese soffocante, dove tutti conoscono tutto e mantenere segreti è impossibile. Fondamentale la bravura degli attori: una Tina Pica irresistibile mattatrice, forse alla sua migliore interpretazione, un Peppino De Filippo insuperabile, con un’aria da cornacchia dimessa debole e vigliacca, nei panni dello spasimante attempato, una Dolores Palumbo finalmente in un ruolo da protagonista che rende onore al suo immenso talento recitativo, un Paolo Stoppa deliziosamente sopra le righe, un Renato Rascel saggiamente divertente, una Sylva Koscina prorompente, che già studiava da star, una Rossella Como impareggiabilmente ironica, un Renato Salvatori perfettamente calato nel ruolo. Ma su tutti domina un Dino Risi già sicuro nella direzione degli attori e nella costruzione del ritmo, fondamentale per la riuscita di una comedia degli equivoci. Il film è spumeggiante, godibile, con gag comiche da antologia, come la partita a tressette, il funerale, la ricerca dei testimoni per il matrimonio clandestino, la nonna che ferma il treno sui binari sventolando la bandiera del capostazione, e tante altre. Confezione superlativa, a cominciare dalla fotografia d’autore di Tonino e Franco Delli Colli, insuperabili.

 

Curiosità:

 I manifesti cinematografici per l’Italia, furono realizzati dal pittore cartellonista Anselmo Ballester.

Il film ha avuto un sequel uscito l’anno dopo intitolato La nipote Sabella diretto da Giorgio Bianchi.

Il film è girato nel borgo di Pollena (Na), di origini etruschesannitiche e osche; i cui popoli, attirati dal clima mite e dalla fertilità del luogo, si stabilirono alle pendici del monte Vesuvio (che anticamente era un vulcano monocipite, cioè ad una sola sommità), e qui dimorarono fino all’acquisizione del Campo Romano da parte dei Romani, che fecero di tutta la zona tra le città di Napoli e Nola una zona di villeggiatura. Pollena deve il suo nome al culto del dio Apollo, cui era dedicato un tempio piuttosto importante nell’epoca preromana e romana; ne è indiretta testimonianza il fatto che nel periodo di cristianizzazione la prima chiesa di Apolline fu intitolata a Sant’Apollinario, stabilendo così una sorta di continuità col culto pagano, quantomeno nel nome. Vi è tuttavia una fonte tratta dal dizionario di toponomastica che farebbe derivare il nome del paese dall’aggettivo latino paululum che significa “piccolo” (o anche “di poche unità” riferito al numero di abitazioni).

 

Valutazione sintetica: 7.5