L’ULTIMA VEGLIA FESTIVAL TULIPANI DI SERA NERA 2025 RECENSIONE DI CATELLO MASULLO
TITOLO | L’ULTIMA VEGLIA |
DURATA | 53’10’’ |
DATA DI REALIZZAZIONE | 2024 |
REGIA | NICOLO’ RIBOLLA |
GENERE | BIOGRAFICO |
PRODUZIONE | NOTTURNA FILM |
PRODUTTORE | INDIPENDENTE |
NAZIONALITÀ PRODUTTORE | ITALIANA |
REGIONE DEL DOCUMENTARIO | LOMBARDIA, VENETO |
OPERA PRIMA | Sì |
LINGUA ORIGINALE | ITALIANO |
COLORE | COLORI |
SOGGETTO | NICOLO’ RIBOLLA |
BLOCCO TEMATICO | CULTURA DELLA MEMORIA |
SINOSSI | Gianni è un uomo di settantatré anni che da quasi trenta vive in uno stato di isolamento dal mondo esterno. Gianni non è nessuno, ma non è uno qualunque. È il matto del paese, quello a cui i ragazzini urlano dietro e tirano pietre contro la finestra. È l’ultimo in un paese di ultimi. Gianni è anche però un uomo che in decenni di silenzio ha saputo raccogliere le forze per emettere un ultimo grido che appare un delicato ma intenso inno alla vita. |
RECENSIONE DI CATELLO MASULLO: Esordio fulminante di Nicolò Ribolla che a soli 20 anni immagina, scrive, dirige e produce un film originale, misterioso, progressivamente seducente ed avvolgente. Che ha per protagonista un signor nessuno, un 73-enne di nome Gianni, che vive in un paese del Veneto che si chiama Noventa Vicentina, che è il paese della mamma del regista. Un paese che frequenta di tanto in tanto e dove, all’età di 15 anni, è stato colpito da questo uomo solitario e misterioso, che si aggirava in bicicletta e che era considerato il matto del paese. Al quale i ragazzini tirano le pietre alle finestre. Un uomo che ad un certo punto della sua vita ha deciso di chiudere ogni rapporto con il mondo, rintanandosi nella vecchia casa dei genitori. Il film, per i primi 17 minuti, filma questo signore anziano, trasandato, che si aggira ina una casa ampia, più trasandata di lui, ricolma di scatoloni e di vecchie cose. Una voce fuori campo, calda, calma, che scandisce le parole in un eccellente italiano, con studiata lentezza. Non capisci se è il protagonista a parlare, oppure una voce narrante. Poi il mistero pian piano si dirada. E si capisce che è Gianni a parlare. A raccontarsi. I timori del regista che fosse impossibile penetrare nel mistero di un uomo chiuso da anni a tutti, si dissolvono. Ed è un lento, ma inarrestabile profluvio. Come se aspettasse da tempo immemorabile a rompere le cataratte. Affiorano brandelli di memoria, solo apparentemente confusi e disarticolati. A tratti di una pura e densa poesia: “saranno le ossa a rimanere sporche alla fine del giorno. L’amore gonfia il cuore e compromette l’anima, come un trauma livido e rumoroso. Compromette il sonno, assottigliandolo a veglia e attesa del disordine che spezzi la quiete insopportabile”. Oppure pensieri di grande interesse sulla memoria: “non puoi analizzare la memoria, perché è troppo vasta. Essendo vasta, dovresti essere esagerato anche tu e in sintonia con lei. È un po’ come ricordarci tutti i giorni che abbiamo vissuto. È un compito troppo impegnativo a mio avviso… la memoria serve, a volte, anche per non ricordare. Però, esiste. Quello che non sai, esiste. Quello che non ricordi, esiste. Quello che ti sei dimenticato, esiste. Vanno bene tutte e tre, le verità”. E, ad un certo punto, il film ti fa venire la voglia di saperne di più, di Gianni. Si dice ad un certo punto che ha cantato professionalmente, a lungo. Quando? Dove? Con quale fama? Quale è il suo passato? Di che vive oggi?
Il film è di pregevole fattura, originale, autoriale, quasi ispirata e guidata dalle eco del flusso di pensiero di Gianni. Pregevoli le musiche, tra lo straniante e l’ossessivo, prima, più avanti con variazioni di una fisarmonica triste, scritte da Edoardo Vella, con l’aiuto di Levi Giger (Vella nel suo studio vicino a Londra ha recuperato una vecchissima fisarmonica e l’ha usata per creare tutti i suoni che si sentono nel film, quindi i venti, gli ambienti, qualsiasi tipo di suono è fatto con quella fisarmonica, anche la pioggia stessa è stata fatta battendo con le dita sulla cassa della fisarmonica, creando quel tambureggiare che poi diventa pioggia, fantastico). Sapiente l’uso del materiale di archivio, tratto da quello della famiglia Previnger, dal Centro Homes Video Chicago, dal Collectie Film Collectief, dal Film Collective Worldwide. Resta un solo rimpianto a Gianni, quello di non avere amato la madre ed il padre, al cui letto vuoto, nella grande casa, alla fine si prostra.
VALUTAZIONE SINTETICA: 8