“…Egli danza”                            FEDERICO FELLINI   100 anni dalla nascita di Armando Lostaglio

“…Egli danza”

FEDERICO FELLINI   100 anni dalla nascita

di Armando Lostaglio

 

  “Si possono filmare il pensiero di un uomo, la sua immaginazione, i suoi sogni?”                         E’ quanto si chiede un trepidante e soave Marcello Mastroianni in “8 ½”, il capolavoro di Federico Fellini che contribuì a renderli immortali, nella storia del Cinema di ogni tempo. Federico e Marcello il suo alter ego, colui che interpretava al meglio i suoi sogni, le sue magnifiche visioni, le nevrosi e la bellezza di un io narrante oltre lo spazio e il tempo.        In quel film del 1963 “era tutto in movimento con le piroette, il circo e il cerchio finale”.

Federico Fellini ci aveva lasciato il 31 ottobre del 1993, aveva 73 anni. Era nato a Rimini il 20 gennaio 1920, cento anni or sono, e proprio alla sua città natale dedicherà larga parte delle sue pulsioni oniriche. Una vita da sognatore: “il visionario è l’unico realista” affermerà in rare dichiarazioni. “Egli danza” sono invece le parole che Pasolini ne “La ricotta” farà dire al suo regista interpretato da Orson Welles. E’ dunque la figura fra le più decantate della storia universale del Cinema, amato e talvolta contestato ma comunque ammirato per la sua filmografia che ogni volta diventava l’Evento. Forse nelle sue ultime opere si avvertiva una certa impazienza verso il tempo moderno, perdendo talvolta quell’antico smalto che lo aveva reso ineguagliabile.

Fellini è stato un registasceneggiatorefumettista e scrittore. Considerato uno dei maggiori registi della storia del Cinema, nell’arco di quasi quarant’anni – da Lo sceicco bianco del 1952 (con Alberto Sordi) a La voce della luna del 1990 (con Benigni e Villaggio) – ha reso oggetto del personale caleidoscopio quei personaggi memorabili che prima di mettere su pellicola aveva l’abilità di disegnare, facendone talvolta delle caricature. Definiva se stesso “un artigiano che non ha niente da dire, ma sa come dirlo“. Le sue opere traspirano, pur con acribia, di una satira spesso velata di una evanescente malinconia. I suoi celeberrimi film – La strada (con la sua Giulietta Masina ed Antony Quinn), Le notti di CabiriaRoma, I Vitelloni, Satyricon, La dolce vita , Casanova (con Donald Sutherland) e Amarcord – sono ormai assunti e replicati nell’immaginario collettivo: autori come Woody Allen e Scorsese lo associano ai più grandi di tutti i tempi: Bergman, Kurosawa, Bunuel. Gli Oscar sono stati attribuiti a: La stradaLe notti di Cabiria8 1/2  e ad Amarcord  per il miglior film straniero. E’ stato candidato 12 volte al Premio Oscar, e per la sua attività da cineasta gli è stato conferito nel 1993 anche l’Oscar alla carriera. Ha inoltre vinto per due volte il Festival di Mosca (1963 e 1987), la Palma d’oro al Festival di Cannes nel 1960, e il Leone d’oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1985.                                                                                                                       Il mondo del Cinema deve qualcosa al genio di Federico Fellini; registi contemporanei da Kusturica a Maria Luisa Bemberg a Sorrentino: un ricorrente richiamo alla onirica poetica.

Al fine di evitare che una personalità di tale levatura intellettuale (prima ancora che cinematografica) piombasse in un irrimediabile oblio, il CineClub “Vittorio De Sica” – Cinit, con l’Associazione Presenza Etica hanno inteso mantenere vivo l’interesse verso Federico Fellini (specie per le giovani generazioni) con la visione di Amarcord (1973), nella Sala del Teatro del Comune di Gallicchio, sabato 18 gennaio 2020, ore 17,30. Mentre domenica 19 gennaio, con due proiezioni alle ore 19,00 e 21,00 Federico Fellini sarà celebrato presso Visioni Urbane di Rionero in Vulture dai CineClub CINIT “De Sica” e “Pasolini” e BwebTV, con due storici capolavori: Roma (1972) e Satyricon (1969).

 

Amarcord (io mi ricordo) narra autobiograficamente la Rimini del Maestro. Ambientata all’inizio della primavera del 1932 narra la vita nell’antico borgo (o e’ borg, come a Rimini conoscono il quartiere di San Giuliano) e dei suoi più o meno particolari abitanti: le feste paesane, le adunate del sabato fascista, la scuola e le pulsioni adolescenziali, i signori di città, i negozianti, il suonatore cieco, la Gradisca procace ma un po’ attempata alla ricerca di un marito, la tabaccaia e il venditore ambulante, il matto, l’avvocato, quella che va con tutti, i professori di liceo, i fascisti, gli antifascisti e il magico conte di Lovignano, ma soprattutto i giovani del paese.

Nel Roma di Fellini, “indipendentemente dalla fatica unitaria di Fellini, come una serie di quadri a se stanti, lasciando allo spettatore il compito di sentirli unificati nel fluire di un discorso sotterraneo continuativo e coerente. Da un simile approccio il film non ci perde, anzi ci guadagna. Bisogna lasciare il film disperdersi in tanti rivoli per poi, a distanza, percepire la tensione unitaria di questo disordine.”

In Satyricon i protagonisti sono Ascilto ed Encolpio, due giovani scapestrati romani che vivono di espedienti in una Roma imperiale simbolo della decadenza morale dei tempi. Lo sfondo sociologico del film è quello delle nuove classi sociali, come i liberti arricchiti e i cavalieri. I due si innamorano dell’efebo Gitone e per un po’ le sue grazie vengono divise dai due fino a che questi sceglie Ascilto.