Ventiquattromila ceci (Ludovico Fulci)

Ventiquattromila ceci

 

Ludovico Fulci

 

Benché, come ho potuto nel seguito appurare, una qualche parentela ci fosse, mio padre, dopo che a San Remo Adriano Celentano s’era esibito con Ventiquattromila baci, di Leoni, Vivarelli, Fulci e Celentano, papà ci disse che il Fulci in questione, autore della canzone, non era nostro parente. Per essere più precisi, disse a me e alle mie sorelle per l’occasione riuniti, che, qualora ci fosse stato richiesto se fossimo, per caso, parenti di Lucio Fulci, autore del testo della canzone, noi avremmo dovuto dire di “no”. Era il 1961 e tra il molleggiato Adriano Celentano e il fin troppo disinvolto paroliere Lucio Fulci, non pareva a una persona “seria”, come era mio padre, che da un’eventuale parentela col suddetto Lucio (Fulci) potesse trarsi motivo di vanto.

Io ero studente alla “Massimo d’Azeglio” di via Asmara, le mie sorelle frequentavano già il “Giulio Cesare” e forse papà riteneva che le distanze da un canzonettaro dovessero mantenersi da parte di giovani che dovevano pensare allo studio.

Poi, di serata in serata, la canzone destò interesse. Ma non per questo le cose cambiarono. Noi non eravamo parenti di quel Fulci là. Ventiquattromila baci si piazzò seconda alla grande competizione canora.

“Per caso sei parente di quello che ha scritto il testo della canzone di Celentano?” Alla domanda sdegnosamente risposi, come mi era stato detto con un bel no, evitando il “per carità” che mammà ci aveva suggerito facendo eco allo sposo.

Oggi per me Lucio Fulci è uno che ha dei meriti obbiettivi, che recentemente gli sono stati riconosciuti, come dimostra il film di Simone Scafidi Fulci for Fake, presentato all’ultima rassegna del Cinema al Festival di Venezia. Perfino l’ essersi caricato sulle spalle la nomea di regista di film di cassetta, nonché l’altra di autore di cinema-spazzatura, gli fa tutto sommato onore. Dopotutto infatti era un buon cineasta e, pur ammettendo che alcuni film da lui girati hanno l’impronta di una mediocrità dovuta più che altro a un montaggio frettoloso, è stato uno che ha capito il talento di Franco e Ciccio ed ha realizzato film destinati a rimanere nella storia del cinema italiano. Non si sevizia un paperino e alcuni film horror di Lucio, come Sette note in nero e  Tu vivrai nel terrore sono ben fatti. Per il resto c’è anche All’onorevole piacciono le donne che, per quanto “datato” è comunque decoroso, con qualche trovata niente male. Per tacere di Sella d’argento e di Zanna bianca.

Tornando agli estenuanti Ventiquattromila baci, passò del tempo e, varcata la soglia del “Giulio Cesare”, sentii che il motivo rock di Celentano aveva eccitato la fantasia di un anonimo verseggiatore in vena di una qualche goliardica parodia del testo. Con ventriquattromila ceci /abbiamo fatto il minestrone / con ventiquattromila ceci / tutti a bollir nel pentolone. / Ne ho trovato uno marcio / ho fatto a botte con il cuoco / perciò di ceci non ne mangio più / Uh! Uh! Uh! Uh! Uh!

Né le sorprese dovevano finir lì. Se infatti ho scoperto che l’autore della parodia era mia sorella Enrica che aveva lavorato in coppia con la sua amica Amalia, ho anche scoperto più tardi che sul motivo di Quant’è bello lo primm’ammore, papà aveva scritto in gioventù una parodia in dialetto siciliano che iniziava “Chista è la musica ill’ombrillari / la cantano li viddani e li cappiddari …”.

Quando si dice che essere persone serie è vizio di famiglia!