Vino in celluloide, di Catello Masullo

Vino in celluloide, di Catello Masullo

La registrazione dell’evento e del film antologico originale può essere scaricata dal seguente link: https://www.cinecircoloromano.it/2021/03/eventi-dibattiti/i-mercoledi-culturali-del-cinecircolo-romano-24-marzo-2021-vino-in-celluloide/

I principali contenuti sono anche riassunti di seguito.

LE ORIGINI DEL VINO

Il termine “vino” ha origine dal verbo sanscrito vena (“amare”), da cui deriva anche il nome latino Venus della dea Venere. Lo stesso termine sanscrito deriva da una radice proto indoeuropea *win-o- (cf. l’ittita: wiyana, il licio: Oino, l’antico greco οῖνος – oînos, il greco eolico ϝοίνος – woinos). Dal termine latino vinum, anche attraverso la rielaborazione delle lingue celte, ebbero luogo molte delle denominazioni nelle altre lingue.

Nel Valdarno Superiore, intorno a Montevarchi (AR), sono stati ritrovati in depositi di lignite, reperti fossili di tralci di vite (Vitis Vinifera) risalenti a 2 milioni di anni fa. Diversi ritrovamenti archeologici dimostrano che la Vitis vinifera cresceva spontanea già 300.000 anni fa. Studi recenti tendono ad associare i primi degustatori di tale bevanda già al neolitico; si pensa che la scoperta fu casuale e dovuta a fermentazione naturale avvenuta in contenitori dove gli uomini riponevano l’uva. Le più antiche tracce di coltivazione della vite sono state rinvenute sulle rive del Mar Caspio e nella Turchia orientale.

Nel 1996 una missione archeologica americana, proveniente dall’Università della Pennsylvania e diretta da Mary Voigt, ha scoperto nel villaggio neolitico di Hajji Firuz Tepe, nella parte settentrionale dell’Iran, una giara di terracotta, della capacità di 9 litri, contenente una sostanza secca proveniente da grappoli d’uva. I reperti rinvenuti risalgono al 5100 a.C., quindi a 7000 anni fa, ma gli specialisti affermano che il vino è stato prodotto per la prima volta, forse casualmente, tra 9 e 10000 anni fa nella zona del Caucaso.

È comunque accertato che la produzione su larga scala di vino è iniziata poco dopo il 3000 a.C., quindi circa 5000 anni fa.

I primi documenti riguardanti la coltivazione della vite risalgono al 1700 a.C., ma è solo con la civiltà egizia che si ha lo sviluppo delle coltivazioni e di conseguenza la produzione del vino.

La Bibbia (Genesi 9,20-27) attribuisce la scoperta del processo di lavorazione del vino a Noè: successivamente al Diluvio Universale, avrebbe piantato una vigna con il cui frutto fece del vino che bevve fino ad ubriacarsi. Gesù Cristo ha scelto il vino come specie sotto cui, nel sacramento dell’Eucarestia, si cela il Suo sangue “per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per molti in remissione dei peccati”.

L’Impero Romano dà un ulteriore impulso alla produzione del vino, che passa dall’essere un prodotto elitario a divenire una bevanda di uso quotidiano. In questo periodo le colture della vite si diffondono su gran parte del territorio, e con l’aumentare della produzione crescono anche i consumi.

Il vino prodotto a quei tempi era molto differente dalla bevanda che conosciamo oggi.

A causa delle tecniche di conservazione (soprattutto la bollitura), il vino risultava essere una sostanza sciropposa, molto dolce e molto alcolica. Era quindi necessario allungarlo con acqua e aggiungere miele e spezie per ottenere un sapore più gradevole.

Con il crollo dell’Impero Romano la viticoltura entra in una crisi dalla quale uscirà solo nel medioevo, grazie soprattutto all’impulso dato dai monaci benedettini e cistercensi.

Nel corso del medioevo nasceranno tutte quelle tecniche di coltivazione e produzione che arriveranno praticamente immutate fino al XVIII secolo, quando ormai la produzione ha carattere “moderno”. Ciò grazie alla stabilizzazione della qualità e del gusto dei vini, nonché all’introduzione delle bottiglie di vetro e dei tappi di sughero.

Il primo vino italiano ad avere il riconoscimento della DOC, è stato il vino Marsala con il decreto legge del 12 luglio 1963, n. 930, ma vi fu anche uno specifico decreto legge risalente al 15 ottobre 1931, relativo alla delimitazione del territorio di produzione.

I dieci principali produttori mondiali di uve sono: (anno 2005)

Paese migliaia di quintali
Italia 86.200 (13,14%)
Francia 67.785 (10,33%)
USA 63.275 (9,645%)
Spagna 59.258 (9,03%)
Cina 56.000 (8,53%)
Turchia 36.500 (5,56%)
Argentina 28.297 (4,31%)
Iran 28.000 (4,27%)
Cile 22.500 (3,43%)
Australia 20.265 (3,09%)

TOTALE 656.134

 

I maggiori produttori europei di vino sono :

2006 (migliaia di ettolitri)

  1.  Italia : 52.036
  2.  Francia : 51.700
  3.  Spagna : 39.301
  4.  Germania : 8995
  5.  Portogallo : 7390
  6.  Grecia : 3908

IL VINO NEL CINEMA

 

Se il vino è vecchio come l’uomo, come il cibo, l’amore, le emozioni, anche il vino è strettamente connesso alla “umanità” della settima arte. E ne è componente. Spesso inscindibile. Fino ad assurgere in alcuni casi ad assoluto protagonista. Fin dagli albori del cinema, apparendo in una delle prime pellicole dei fratelli Lumière , ad una tavolata di anziani.

Innumerevoli le pellicole in cui appare il “nettare degli dei”. In analogia a quanto fatto nelle precedenti ricerche antologiche (Il Tango nel cinema, I mostri di Celluloide, Natale in Celluloide, Gourmandises in Celluloide, Spaghetti in celluloide, Cioccolata in Celluloide), ho scelto per questo articolo solo alcuni titoli. Tra quelli più significativi e paradigmatici. Tra quelli che mi hanno colpito di più.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ PAGANO

TABU’ (1931, MURNAU) CHAMPAGNE

Polinesia, Reri e Matahi , coppia di innamorati,  in fuga perché il loro amore sarebbe impossibile a causa  di un tabù religioso, festeggiano la loro storia con una festa pagana , coinvolgendo gli abitanti dell’isola e dando fondo a tutte le riserve di champagne disponibili.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ GENEROSO

LUCI DELLA CITTA’ (1931, CHARLIE CHAPLIN)

Il vagabondo Charlie Chaplin salva dal tentativo di suicidio un facoltoso uomo dell’alta borghesia. Il quale si mostra con lui particolarmente generoso. Ma solo quando è ebbro. Quando è sobrio, non riconosce il suo salvatore, e lo scaccia di casa. Salvo riabbracciarlo quando lo champagne fa di nuovo il suo effetto.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ ELEGANTE E GIOIOSO

NINOTCHKA (1939, LUBITCH)

Una austera funzionaria della unione Sovietica, Greta Garbo, è stregata dalla eleganza dello champagne che le ridona la gioia di vivere.

 

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ ESCLUDENTE

LA CENA DELLE BEFFE (1941, ALESSANDRO BLASETTI)

“Chi non beve con me , pesta lo colga!”, così Amedeo Nazzari  esclude chiunque non voglia condividere la bevuta con lui.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ LIVELLATORE

SCANDALO A FILADELFIA (1940, GEORGE CUKOR)

James Stewart dice a Cary Grant, riferendosi alla ereditiera Katherine Hepburn, dalla quale  ha appena divorziato: “Lo champagne è un ottimo livellatore… la mette quasi al mio livello!”.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ LISERGICO

DUMBO (1941, WALT DISNEY)

Il celeberrimo elefantino dalle grandi orecchie, riuscirà finalmente a spiccare il volo grazie al vino versato nella sua tinozza dai pagliacci, con sequenze psichedeliche e visionarie.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ AUGURALE

QUATTRO PASSI TRA LE NUVOLE (1942, ALESSANDRO BLASETTI)

Il rappresentante di cioccolatini Gino Cervi accetta di fingersi il marito di una ragazza sedotta ed abbandonata, Adriana Benetti, per evitarle un brusco rientro in famiglia. L’aveva conosciuta per caso sulla corriera. Il cui viaggio era iniziato con un primo brindisi augurale offerto dall’autista a tutti i passeggeri, per la nascita di un figlio maschio. Seguirà un’altra bicchierata di buon auspicio quando la famiglia rurale della ragazza apprende che è in dolce attesa. Curiosità : dopo oltre 50 anni, Alfonso Arau farà un remake di questo film, chiamandolo “Il profumo del mosto selvatico”. Ma era stato Mario Soldati, nel 1957, a fare il primo remake di “Quattro passi tra le nuvole”, intitolandolo “Era venerdì 17”.

 

IL VINO IN PIU’ RADIOATTIVO

NOTORIUS (1946, ALFRED HITCHCOCK)

Uranio nascosto nelle pregiate bottiglie di Bordeaux in cantina.  Curiosità : il regista si concede la solita apparizione cameo, ma questa volta si fa beffe di un certo ambiente sociale, bevendo una coppa di champagne in un solo sorso.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ MICIDIALE

ARSENICO E VECCHI MERLETTI (1944, FRANK CAPRA)

Le due candide ziette di Cary Grant usano avvelenare vecchietti solitari a cui affittano una camera, “per liberarli dalla solitudine e dalla infelicità!”. Lo fanno con il micidiale arsenico nel vino. E, comicamente, precisano : “Abbiamo messo noi il veleno nel vino, perché nel tè ha un sapore troppo deciso!”.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ LILLIPUZIANO

CASCO D’ORO (1952, JACQUES BECKER)

In un bistrot primi ‘900, un commerciante di vino estrae dalle tasche i suoi campioni in bottiglie lillipuziane.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ SURREALE

ARTISTI E MODELLE (1955, FRANK TAHLIN)

Jerry Lewis dice a Dean Martin : “io ho tutto ciò che immagino sia vero”. E si lancia nella degustazione di champagne più surreale della storia del cinema : simulando magistralmente con la bocca il botto del tappo di una inesistente bottiglia, il gorgoglìo della mescita in un immaginario bicchiere, fino  ad un irresistibile giudizio finale : “secco ed asciutto!”.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ UXORICIDA

DIVORZIO ALL’ITALIANA (1961, PIETRO GERMI)

Il barone Fefé Cefalù (Marcello Mastroianni), omaggia di vino un vicino tavoli di notabili, per ingraziarsi l’avvocato De Marzi, in vista  della macchinazione per liberarsi della moglie.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ SEDUTTIVO

JULES ET JIM (1962, FRANCOIS TRUFFAUT)

Quello che Jeanne Moreau versa ai due studenti che ama con scandalo nella Parigi degli anni ’10.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ “CALEMBOUR”

TOTO’, PEPPINO E LA DOLCE VITA (1961)

“Moet Chandon? Mo’ esce Antonio? Triple sec! No, la trippa secca no!”.

 

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ EQUIVOCATO

STRAZIAMI , MA DI BACI SAZIAMI (1968,  DINO RISI)

Frescobaldi del 1911 equivocato con una bottiglia della cantina sociale di Velletri di pochi mesi di età : graffiante presa in giro dei sommeliers.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ NASCOSTO

IL SEGRETO DI SANTA VITTORIA (1969, STANLEY KRAMER)

Un vinaio, interpretato da Anthony Quinn, in accoppiata con Anna Magnani, appena eletto sindaco in un paesino, nel 1943, riesce a nascondere alle truppe tedesche ben un milione di bottiglie di vino.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ CAFFEINATO

LE BEAU SERGE (1957, CLAUDE CHABROL)

Colazione con pane inzuppato nel caffè con vino di rinforzo.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ BRODOSO

L’AMICO DI FAMIGLIA (1972, CLAUDE CHABROL)

Brodo con rinforzo di vino.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ BENDATO

VOLTO SEGRETO (1987, CLAUDE CHABROL)

Un ospite viene chiamato a riconoscere dei vini da bendato.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ BLASONATO

DELITTI E CHAMPAGNE (1967, CLAUDE CHABROL)

Paul Wagner, interpretato da Maurice Ronet, è l’erede di una blasonata casa di produzione di Champagne, che sta trattando di vendere a degli americani. Così descrive il suo brand : “Il mio marchio è qualcosa di più di una semplice impresa commerciale : fa parte delle glorie nazionali!”.

 

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ ALLUCINATO

LA DAMIGELLA D’ONORE (2004, CLAUDE CHABROL)

Sancerre e Chateau d’Yquem sono i vini scelti per due incontri tra i due giovani protagonisti, in un film allucinato.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ VISIVO (E ANOSMICO)

L’ALA O LA COSCIA (1976, CLAUDE ZIDI).

Un famoso critico eno-gastronomico, interpretato da un grandissimo Louis De Funès, perde i suoi più preziosi “ferri” del mestiere : il gusto e l’olfatto. Chiamato ad una sfida televisiva da un nemico giurato, nonostante il gravissimo handicap , riesce ad individuare di un vino il terroir, la denominazione e lo Chateau, dalla sola, magistrale, analisi visiva. Curiosità :  altri film trattano della incapacità di percepire gli odori (anosmia) : “Petit Marguery” di Laurent Bénégui, del 1995, sull’ultima cena di un ristoratore privato dell’olfatto da un tumore, e “Il ricordo delle belle cose” di Breitman, del 2002, sui tentativi di riabilitazione di un enologo che ha perso l’olfatto.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ IDENTITARIO

NOVECENTO (1976, BERNARDO BERTOLUCCI).

Il vino identitario e connotatore delle differenze di classe. “Vino troppo buono per voi”, dice il padrone ai contadini.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ DATATO (MA ANCHE IL PIU’ IGNORATO)

007 UNA CASCATA DI DIAMANTI (1971, GUY HAMILTON)

James Bond fa sfoggio di una incredibile abilità degustativa, su un vino vecchio più di un secolo :

“Ah, Solera ’51!

Lo Sherry non è mai millesimato!

Ma io mi riferivo alla annata di base , infatti : 1851!”.

007 smaschera inoltre un falso sommelier, che si dimostra particolarmente ignorante, porgendo all’agente segreto un Mouton Rotshild e , quando Bond chiede se non avessero un Bordeaux, dice di essere spiacente, ma di esserne sprovvisti. “Ma il Mouton Rotschild è un Bordeaux!”, sentenzia Bond.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ ANACRONISTICO

IL PADRINO (1972, FRANCIS FORD COPPOLA)

Vengono serviti vini italiani d.o.c. che non esistevano ancora negli anni ’50 (il primo d.o.c italiano è del 1963).

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ INVESTIGATIVO

ASSASSINIO SUL NILO (1978, JOHN GUILLERMIN)

Il celeberrimo investigatore Hercule Poirot (Peter Ustinov) trova concentrazione investigativa sorseggiando vino rosso.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ “BARBONE”

TAMPOPO (1986, JUZO ITAMI).

Un gruppo di barboni staziona nei pressi di un lussuoso hotel di Tokyo, recuperando le bottiglie di vino ordinate al ristorante dell’hotel da miliardari ignoranti e cialtroni. Diventeranno così i più esperti degustatori della città.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ DISINIMBENTE

APPUNTAMENTO AL BUIO (BLAKE EDWARDS, 1987).

Kim Basinger perde qualsiasi freno inibitore con un solo sorso di vino, con conseguenze irresistibili…

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ SPIRITUALE

IL PRANZO DI BABETTE(1987, GABRIEL AXEL) (SCHERRY AMONTILLADO, CLOS VOUGEOT, MARC FINE CHAMPAGNE, VEUVE CLICOT)

Il celeberrimo film, campione dei film gourmands, riesce a trasmettere la spiritualità emozionale di una vera e propria avventura dell’anima. Come dice uno dei personaggi del film, il generale Lowenhielm, che  ricorda di aver mangiato le celeberrime cailles en sarcophage ospite del generale Gallifet che gli spiegò essere la “creazione di uno strano chef donna (Babette Hersand, n.d.r.), capace di trasformare un pranzo in una specie di avventura amorosa, nobile e romantica, in cui non s’è più capaci di fare distinzione tra l’appetito del corpo e dell’anima.”. Dimostrazione che la sensorialità è profondamente culturale.

 

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ AROMATICO

FRENCH KISS (1995, LAWRENCE KASDAN).

Il ladro, truffatore, affascinante canaglia Kevin Kline, che ha perso a poker  la sua quota di proprietà di un grande vigneto in Borgogna, nel quale si produceva gran vino da tre generazioni, incontra sul volo Toronto-Parigi Meg Ryan. Che proverà ad introdurre al linguaggio del vino (“Per fare un grande vino occorre l’anima del giocatore d’azzardo!”, le dirà). Le farà odorare varie essenze, per paragonarle con il bouquet di un grande vino. Immancabile lieto fine tra le vigne, mentre Louis Armstrong intona La Vie en rose.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ ASSAGGIATO

UN AFFARE DI GUSTO (2000, BERNARD RAPP)

Jen-Pierre Lorit viene assunto da un ricco industriale come assaggiatore personale di ogni pietanza e di ogni vino.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ GRIFFATO

TUTTE LE DONNE DELLA MIA VITA (2002, SIMONA IZZO)

Una sofisticata cliente ordina cibi sofisticati e griffati, innaffiati da un prezioso Barolo Cerretto ’82.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ DISEGNATO

AGATA E LA TEMPESTA (2004, SILVIO SOLDINI).

Claudio Santamaria è un disegnatore di etichette per vini.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ PORNOLALICO

LA COMMEDIA DEL POTERE (2005, CLAUDE CHABROL)

Un senatore , all’inizio del film, fa un riferimento più che allusivo, al limite del pornolalico ,  ad una moda degli anni ‘60 tra i vip : “Mi ricordo che negli anni ’60 c’era questa moda del p…. allo champagne. D’accordo per chi lo fa, ma per chi lo riceve, cosa cambia?”.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ CARO

FALSE VERITA’ (2005, ATOM EGOYAM)

Il vino più caro della storia del cinema, un Haut Brion ’61.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ AL DI SOPPRA DEI PROPRI MEZZI

A CASA NOSTRA (2006, FRANCESCA COMENCINI)

Un insegnante in pensione, interpretato da Teco Celio, di nascosto dalla moglie , sottrae dalla biblioteca di casa volumi rari che vende ad un antiquario, per concedersi piaceri voluttuari, come fare un brasato con un a bottiglia di barolo da 50 euro.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ “DIVINO”…

THANK YOU FOR SMOKING (2006, JASON REITMAN)

Aaron Eckhart , che vuole sedurre una giornalista a cena, sceglie un vino particolarmente pregiato, dandole questa motivazione : “Margaux dell’82, ti porterà più vicino a Dio”.

 

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ ELEGANTE

BELLE TOUJOURS (2006, MANOEL DE OLIVEIRA)

Magistrale rappresentazione di una intimissima cena a due, a lume di candela, tra Bulle Oger e Michel Piccoli, con l’immancabile champagne

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ EMOZIONALMENTE FRAGILE (ED ENOFILO, RIFLESSIVO, AMICHEVOLE, LATERALE)

SIDEWAYS (2004, ALEXANDRE PAYNE)

Paul Giamatti comunica a Virginia Madsen la sua fragilità emozionale attraverso la similitudine con il Pinot Nero. Il film più enofilo della storia del cinema. Viaggio appassionante tra i grandi vini californiani della Santa Ynez Valley della Santa Barbara County, dall’Andrew Murray Syrah al Whitcraft Pinot Noir. Ma con incursioni prestigiosissime di vini europei, quali il Sassicaia ’88, lo Chateau Cheval Blanc ’61 e il Latour Pommard.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ CULTURALE E SINESTETICO (MA ANCHE GLOBALIZZATO)

MONDOVINO (2004, JONATHAN NOSSITER)

La etimologia di sinestetico è :  Syn = unione, aisthetis = percezione  : percepire insieme , una singola stimolazione genera più di una percezione coinvolgendo diversi eventi sensoriali. Il vino sollecita infatti l’udito (tappo e gorgoglìo) , la vista, l’odorato, il gusto. Il vino è arte e cultura. Mondovino non è un film/documentario sul vino.  Sarebbe infatti stato noioso vedere sullo schermo gente che assaggia vini di cui il pubblico non può condividere il gusto. Mondovino è, invece,  un viaggio affascinante tra uomini e donne che combattono la omologazione globale del gusto, che è stata operata in tutto il mondo negli ultimi decenni. Ad opera essenzialmente di due persone. Un avvocato americano, Robert Parker, il temutissimo critico della rivista Wine Spectator. Ed un enologo francese, Michel Rolland. Il duo Parker-Rolland, viene accusato della cosiddetta “napalizzazione” mondiale dei vino. Di far cioè somigliare tutti i grandi vini del mondo a quelli della Napa Valley in California. Pastosi, con il caratteristico gusto di vaniglia derivato dalla quercia giovane con la quale vengono “barriquati” . Si sarebbe cioè innescato un meccanismo perverso secondo il quale se un produttore di un grand cru vuole avere successo, o vuole aumentare il valore commerciale della sua bottiglia, deve ottenere un punteggio superiore a 90 della speciale classifica di Wine Spectator. Deve cioè piacere a Robert Parker. E per ottenere questo , deve assumere Rolland come enologo. Lo hanno fatto in tanti. Come il Margaux dello Chateau Kirwan, di Schroeder & Shyler. Che, dopo la cura Rolland, non era più Margaux, ma si vendeva alla grande. Avendo avuto 94 di punteggio da Parker. Oppure l’italiano Frescobaldi, secondo produttore della Toscana. Che è arrivato a 50 milioni di dollari di fatturato, un terzo del quale in joint venture con i fratelli Mondavi , i più famosi produttori di qualità della Napa Valley. O anche il marchese Antinori, primo produttore della Toscana e terzo dell’Italia. Altre creature del duo Rolland-Parker  due vini che sono diventati tra i primi al mondo : l’Ornellaia ed il Masseto. In particolare l’Ornellaia che è diventato il number one dopo essere stato acquistato dai fratelli Mondavi : 96 nella classifica Wine Spectator. Novelli Davide, contro il Golia globalizzato, si oppongono strenuamente e eroicamente, pochi produttori, che difendono con le unghie le loro specificità. Ed i loro gusti non omologati. Come i grandi vini rossi piemontesi. Come i vini della Borgogna, che vedono il loro paladino in Hubert de Montillé. Il quale con i suoi soli 8 ettari di vigneto produce un eccellente Borgogna Volnay e dichiara che : “dove c’è vigna, c’è civilizzazione, non c’è barbarie!”.  Oppure Aimé Guibert di Aniane, Languedoc, che è catastrofico : “il vino è morto”, sentenzia. Ha con il vino un rapporto religioso. “Il vino buono è solo l’1%, ci vuole un poeta per fare un buono vino!”, conclude.

 

IL VINO IN CELLULOIDE PIU’ INCAPACE DI MENTIRE ( E MITICO)

UN’OTTIMA ANNATA (2006, RIDLEY SCOTT)

Alla morte dello zio, il broker londinese Russell Crowe, cinico ed insensibile, torna al vigneto in Francia, in Provenza, dove aveva trascorso l’infanzia. Riaffiorano proustianamente i ricordi di quando suo zio, grande cultore dei piacere della gola ( e del naso…) , lo iniziava alla degustazione dei grandi vini, ricordandogli che sono “incapaci di mentire!”. Mitica la scena in cui lo zio fa assaggiare alla cieca al nipotino un Bandol del ’69.  Film delizioso. Che buca lo schermo con sentori caldi ed avvolgenti. Battute fulminanti, come “Ricordati quello che ha detto Proust : “lasciate le belle donne agli uomini privi di fantasia!”. (Il vignaiolo Didier Bourbon a Russel Crowe). Oppure : “Fai compagnia a Fanny! / Veramente volevo leggere l’ultimo capitolo di Morte a Venezia. / Dato il titolo, non credo che troverai grandi sorprese!”. (Scambio di battute tra lo zio Albert Finney ed il giovane nipote). O ancora il battibecco tra Russell Crowe  e la prorompente Marion Cotillard: “Questo posto non si adatta alla mia vita! /No! È la tua vita che non si adatta a questo posto!”. Sublime la frecciata ironica sull’enologo corrotto che arriva in limousine, che fa il verso alla star Michel Rolland, di cui parla “Mondovino”.

 

 

 

 

 

Bibliografia

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