CONFERENZA STAMPA CALIFORNIE di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman 8 SETT 2021 di Anna Piccini

CONFERENZA STAMPA CALIFORNIE di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman 8 SETT 2021

di Anna Piccini

 

Renata Santoro, selezionatrice: rapporto tra voi e Kadija, continuate a sentirla?

 

Casey Kauffman, Regista: è stata una nuova esperienza per noi questo nuovo progetto. Khadija, quando abbiamo cominciato con lei non sapevamo dove sarebbe andata sfinire questa storia. Dopo tante esperienze nei documentari, non voglio mai dare l’idea che fare un film insieme può cambiare la vita. Ho fatto tanti anni di documentari in tanti paesi diversi. Passi tempo insieme alle persone e non sempre rimani in contatto. Non si sperava niente. Non volevamo dare aspettative. Abbiamo noi fatto fare la terza media a lei, non l’avrebbe fatta mai. La Indigo vuole fare una nuova serie e vogliono lei. La accompagniamo noi. Anche se lei non vuole fare l’attrice. È stata felice di questa esperienza.

 

Catello Masullo: Casey, quanto è scritto questo film e quanto invece vi siete lasciati sorprendere dal reale? Quanto corrisponde la storia a quanto era stato scritto? Ho visto che avete utilizzato la stessa palestra di Irma di Butterfly, con il mitico maestro Lucio.  Ad esempio la scena della emozione provata dalla protagonista per la vittoria del fratello nell’incontro di boxe, è reale, oppure è finzione cinematografica?

 

Casey Kauffman, Regista: è reale, la sua emozione è reale. Quasi tutto è scritto. Ma non è stato mai un progetto che mette in atto quello che è stato scritto. Abbiamo scritto. Poi si facevano provini. Se i provini non funzionavano, non si cercavano altri. Si cambiava la sceneggiatura, per mantenersi vicino ai personaggi ed alle loro vite. Questo per tre anni. La sceneggiatura è sempre stata viva, basata sulle idee e le azioni e gli stati d’animo. Un terzo viene dalla vita vera di Khadija, un terzo dalla sua sorella maggiore, che abbiamo riscritto. Tutto il filone lavoro, è opportunità e sfruttamento è la storia di sua sorella. Che andava a Taranto a fare la badante. Ed un terzo è la nostra immaginazione presa da altre situazioni di ragazzi di Torre Annunziata.

 

D: questa ragazza verso i 12 anni dice: io non capisco la gente si fa i cazzi suoi ed io mi faccio i cazzi miei. Si vede la trasformazione di questa ragazza. Volevo capire il momento in cui c’è la trasformazione identitaria. La scuola ha potuto arricchire questa ragazza?

 

Casey Kauffman, Regista: era uno dei motivi che ci ha fatto interessare alla ragazza. La corazza che si era fatta. Si scriveva anche in base alle fasi di vita. Lei non aveva questa mentalità di autoisolamento. Contro tutti. Si era alleggerita in po’. Stava provando ad avere contatti con i coetanei. Ma non siamo esperti nella preadolescenza. Gli obiettivi cambiano da un mese all’altro a quella età. Mancanza di punti di riferimento. Motivazione di base perché abbiamo fatto il film.

 

D: la negazione è quando ha avuto i messaggi sulle pulci. Si è sentita rifiutata dalla scuola. E si è chiusa. Ha cercato di risolvere da sola.

 

Casey Kauffman, Regista: le prese in giro da parte dei coetanei a 11 e 12 anni erano uno dei motivi principali di esclusione di queste ragazze.

 

Santoro: il film è nato da questa ragazza?

 

Casey Kauffman, Regista: non siamo partiti con una storia. Sulla immigrazione o sule seconde generazioni. Ma ci è piaciuto lavorare a Torre Annunziata. Khadija è entrata nelle nostre riprese di Butterfly. La curiosità è venuta dal pubblico. Era sola in scena, e tutti ci chiedevano: ma chi è quella ragazza? Ed allora abbiamo deciso di esplorarla. Ma non sapevamo su quale storia. Uno dei pochi punti di riferimento che aveva nella vita. La palestra. Quando lo ha perso si è sentita senza guida. Ed è scattata la storia. Abbiamo deciso di seguire la ragazza.

 

Rossella Pozza: mi ha molto emozionato questo film. Disagio che provano queste famiglie che si sradicano dal loro territorio e vengono in un paese diverso, con abitudini diverse. Lei vuole tornare in Marocco. Mi ha fatto pensare ad un altro film di due ragazze tunisine. Erano in Francia. Storia molto violenta di disagio. Famiglie che si vogliono bene, ma sono molto indipendenti. I figli maturano prima. Argomento importante.

 

Casey Kauffman, Regista: è un argomento a cui sta pensando tutta Europa.

 

D: la scuola ha sbagliato tutto. C’è errore sociale. La maestra che dice che non capisce niente. Non si fa così. Non è professorale.

 

D: l’evasione scolastica è stata abbandonata dalle istituzioni. Abbiamo visto un film sulla assistenza sociale in Francia da poco. L’assistente sociale insiste sulla scuola. Dove avete preso la battuta sui 20 anni di don Matteo?

 

Casey Kauffman, Regista: nella sceneggiatura molti dialoghi vengono spontanei. Quella battuta l’abbiamo inserita. Questa battuta è stata sentita in una bancarella al mercato fuori Caserta.

 

D: insegno ad una scuola di periferia, vicino a Tor Bella Monaca (a Roma, ndr.). Khadija come l’avete trovata? In questa prospettiva, c’è lettura sociale di un contrasto sociale, manca una lettura di Khadija donna. È una RAGAZZA. Che subisce una discriminazione specifica di genere. Lavora da parrucchiera. Vi siete posto il problema che avevate a che fare con una adolescente femmina?

 

Casey Kauffman, Regista: abbiamo pensato ad arricchire questo aspetto. L’abbiamo conosciuta per caso. Giravamo un documentario su Irma Testa che ha fatto le olimpiadi e sconfitta a Rio. Entra per caso in questa scena dove stava facendo pugilato con il vecchio maestro Lucio. È entrata per caso, non si conosceva. La scena è piaciuta. Irma esce fuori da sé stessa. Viene ammirata dalla ragazza. È anche facile, far diventare scuola d’amore. Non sono uno sceneggiatore, è la prima che scrivo. L’amore aiuta moto gli sceneggiatori. Ci mancava qualcosa. Quando avevamo dei dubbi, la nostra soluzione era sempre di tornare al realismo, dove ci sentivamo più sicuri. Così si evita il cliché della scrittura. Sua sorella con i fidanzati di 20 anni che l’aspettavano sotto casa con la macchina. Ed il padre impazziva. Lei non ce li aveva. Abbiamo scritto con Vanessa Picciarelli che è sceneggiatrice vera. Anche Vanessa ci diceva che a 13 anni alcuni si tuffavano subito. Altre invece aspettavano fino a 16 anni. Ci ha tranquillizzato. Il ruolo di Emanuele, il meccanico, si sono fermati lì. Lei è altissima. Ha avuto uno sviluppo enorme. Per i maschietti della sua età era impossibile chiederle di uscire.

 

D: Vanessa ha fatto molto bene a guardare la crescita femminile di questa ragazza che è molto rispettata. Smette la boxe. Sceglie la parrucchiera. Non è solo una sfruttata. Cerca di mettere la sua personalità femminile creativa.

 

Casey Kauffman, Regista: lei già a 11 anni diceva che voleva fare la pugile e la parrucchiera.

 

D: questo film mi ha lasciata triste. Era questo l’obiettivo?

 

Casey Kauffman, Regista: forse l’obiettivo no. Il finale avevamo cercato di rispecchiare quello che avevamo visto l’anno prima. Lei ci aveva detto: non posso perché devo accompagnare mia sorella che doveva prendere un permesso da badante a 16 anni a Taranto. Senza tamponi, certificati, ecc. Era una avventura per andare via da casa. Anche se non provato da nessuna parte. Ma la libertà di vivere fuori casa. E per portare più soldi in famiglia. Abbiamo cercato di rendere la zona grigia di entusiasmo e tragedia. Lei ha un senso di rifiuto del maestro di boxe. Perde interesse nella boxe. Nella vita vera anche. Perché preferivano il fratello. Faceva parte della diffidenza e della corazza che si era creata. Si fottessero tutti. Perdita di punti di riferimento. Un paio di anni dopo ha ripreso la boxe. Ma non l’abbiamo inserita. Il vecchio maestro Lucio l’ha sempre incoraggiata. È diventata anche campionessa italiana nella sua categoria di peso.