Il Colibrì (Recensione di Catello Masullo)

Il Colibrì (Recensione di Catello Masullo)

(credits e sinossi da cineblog)

 

Sinossi: È il racconto della vita di Marco Carrera, “il Colibrì”, una vita di coincidenze fatali, perdite e amori assoluti. La storia procede secondo la forza dei ricordi che permettono di saltare da un periodo a un altro, da un’epoca a un’altra, in un tempo liquido che va dai primi anni ‘70 fino a un futuro prossimo. È al mare che Marco conosce Luisa Lattes, una ragazzina bellissima e inconsueta. Un amore che mai verrà consumato e mai si spegnerà, per tutta la vita. La sua vita coniugale sarà un’altra, a Roma, insieme a Marina e alla figlia Adele. Marco tornerà a Firenze sbalzato via da un destino implacabile, che lo sottopone a prove durissime. A proteggerlo dagli urti più violenti troverà Daniele Carradori, lo psicoanalista di Marina, che insegnerà a Marco come accogliere i cambi di rotta più inaspettati. Il Colibrì è la storia della forza ancestrale della vita, della strenua lotta che facciamo tutti noi per resistere a ciò che talvolta sembra insostenibile. Anche con le potenti armi dell’illusione, della felicità e dell’allegria.

Cast: ad interpretare il protagonista Marco Carrera, il “Colibrì”, Pierfrancesco Favino, Nanni Moretti nel ruolo dello psicoanalista Carradori e Kasia Smutniak in quello di Marina Molitor. Nel ruolo di Luisa Lattes, il grande amore di Marco Carrera, Berenice Bejo. Laura Morante e Sergio Albelli sono i genitori di Marco, nel ruolo della sorella Irene Fotinì Peluso e in quello del fratello Giacomo Alessandro Tedeschi. Benedetta Porcaroli è invece Adele, la figlia di Carrera e a interpretare “l’Innominabile” Duccio, Massimo Ceccherini.

  • Il film è tratto dal romanzo di Sandro Veronesi vincitore del Premio Strega 2020, pubblicato in Italia nel 2019 dalla casa editrice La Nave di Teseo e tradotto in 25 lingue.
  • La sceneggiatura de “Il Colibrì” è firmata da Francesca Archibugi, Laura Paolucci e Francesco Piccolo, la fotografia da Luca Bigazzi, la scenografia è curata da Alessandro Vannucci, i costumi sono di Lina Nerli Taviani e il make up and special effects di Lorenzo Tamburini. A cura di Esmeralda Calabria il montaggio.
  • Le riprese si sono svolte tra Roma, Parigi, Firenze e al Monte Argentario per una durata di 9 settimane.
  • La compagine produttiva composta da Fandango con Rai Cinema si arricchisce di una preziosa collaborazione internazionale con la francese Les Films des Tournelles di Anne-Dominique Toussaint che insieme a Fandango aveva già prodotto Respiro di Emanuele Crialese. Il film sarà distribuito in Italia da 01 Distribution.

Francesca Archibugi si forma al Centro Sperimentale di Cinematografia dove entra nel  1983 per poi diplomarsi  tre  anni dopo con il cortometraggio La Guerra  è  appena  finita, grazie al quale, giovanissima, partecipa a numerosi festival internazionali. Il primo approccio di  Francesca col mondo del cinema avviene attraverso la recitazione, ma ben presto saranno  la  regia e la  sceneggiatura a rivelarsi le sue  grandi  passioni, complici anche le frequentazioni con grandi maestri come Furio  Scarpelli, Leo  Benvenuti e Ermanno  Olmi. Ed è proprio Ipotesi  Cinema di Ermanno Olmi a produrre il cortometraggio Il Sogno Truffato la cui sceneggiatura le fa vincere il premio Solinas. Da quel riconoscimento inizia la preparazione del suo primo lungometraggio: Mignon  è  partita, un’opera prima vincitrice di ben cinque David di Donatello e due Nastri d’Argento. Ma i premi arriveranno anche con i successivi Verso sera e Il grande cocomero.

Recensione di Catello Masullo: Francesca Archibugi ed i suoi co-sceneggiatori Laura Paolucci e Francesco Piccolo hanno accettato la sfida di mantenere la struttura narrativa del romanzo di Veronesi, che fa viaggiare il racconto avanti ed indietro nel tempo. Con un coraggio maggiore rispetto alla pagina scritta. E di questo ne va loro dato ampio merito. In effetti, grazie ad un uso accorto del trucco nell’invecchiamento dei personaggi, con un po’ di attenzione si riesce ad entrare nella storia senza eccessiva fatica. Anzi la struttura del racconto funziona da attrattore della attenzione (e della soddisfazione) dello spettatore. La Archibugi si conferma regista di grande sensibilità. Capace di toccare le corde dell’anima e di cogliere l’essenza della vita e del fatto che vale sempre la pena di viverla, anche nelle più grandi avversità e nei più grandi dolori. Soprattutto conferma la sua straordinaria bravura nella direzione degli attori, dai quali riesce ad ottenere le loro migliori interpretazioni di sempre.   Da non perdere.

Curiosità, ho chiesto alla regista: “Francesca come hai lavorato sulle musiche ed in particolare sulle scelte dei brani musicali? Ci sono brani di Janis Joplin, ma anche di Marco Mengoni ed altri. Evocano i vari mood del tre momenti storici che si intrecciano?”. Questa la risposta di Francesca Archibugi: “molto spesso è una scelta semplice. Che sono pezzi che ti piacciono e che possano evocare qualcosa di forte per l’epoca. Poi bisogna parlarne con il produttore. Le canzoni hanno dei costi pazzeschi. Per fortuna Domenico (Procacci, ndr.) mi ha dato canzoni stupende”. Ha ancora commentato Mengoni: “la parola, chiave per tutti è stato il terrore di fare qualcosa di grande. Sono onorato di entrare in questo progetto con un pezzo di Sergio Endrigo una colonna portante. Sono entrato in punta di piedi cercando di arrangiare un po’ il pezzo. È assurdo ma abbiamo il timore di fare cose belle. Si dovrebbe avere la paura contraria. Ringrazio tutti. Ringraziò Endrigo che mi ha regalato questo pezzo un po’ di anni fa. Il film è bellissimo, ho pianto come un bambino”.

 

 

Valutazione sintetica: 8