Guerra tra poveri: Questa è l’Italia di Oggi (2022) (Recensione di Catello Masullo)

 

Guerra tra poveri: Questa è l’Italia di Oggi (2022) (Recensione di Catello Masullo)

(credits IMDB)

 

SINOSSI: Nella periferia di Roma i due fratelli Manuel e Matteo vengono sfrattati dalla casa popolare dove vivono con la madre da sempre. Di fronte a quello che sembra un abuso ed una ingiustizia, i tre si disperano. Sono disorientati e convinti che sarà una famiglia di immigrati, come tante altre arrivate nel quartiere, a prendere il loro posto.  

Directed by 

Kassim Yassin Saleh (directed by)

Writing Credits (in alphabetical order)  

Fabrizio Quadroli (contributing writer)
Kassim Yassin Saleh (original idea)
Heidrun Schleef (contributing writer)
Toni Trupia (contributing writer)

Cast  

Andrea Autullo Sergetto
Bernardini Giorgia Fernanda
Maria Lauria Anna
Alessandro Sardelli Manuel
Francesco Rodrigo Sirabella Matteo

Produced by 

Joana de Freitas Ginori executive producer
Lorenzo Lazzarini associate producer

Music by 

Franco Eco composer

Cinematography by 

Daniele Ciprì director of photography

Film Editing by 

Mauro Bonanni (edited by)

Makeup Department 

Gaia Colonna makeup artist

Production Management 

Brando Taccini post-production supervisor

Sound Department 

Paolo Amici sound designer
Rachele De Salvo assistant to re-recording mixer
Gianni Pallotto re-recording mixer
Daniele Quadroli sound effects editor
David Quadroli sound effects editor

Camera and Electrical Department 

Marco Valerio Carrara first assistant camera
Nicola Cera second assistant camera

Costume and Wardrobe Department 

Luciana Potito costumer
     

 

RECENSIONE DI CATELLO MASULLO: Kassim Yassin Saleh migliora di film in film. Sono davvero lontani i giorni in cui arriva in Italia dal suo paese natale, Gibuti, la punta del corno d’Africa, a cercare di sbarcare il lunario tra mille mestieri, a cominciare dal manovale edile. Uno straordinario talento visivo si esprime con sempre maggiore nitidezza. In uno con la sua altrettanto straordinaria capacità di farsi apprezzare e ben volere nel mondo del cinema che conta. Che lo ha accolto con affetto e rispetto. E che lo aiuta a crescere ed a migliorare. Per questo ultimo film riesce a coinvolgere il gotha del nostro sistema cinematografico, da Heidrun Schleef (la sceneggiatrice de “La Stanza del Figlio” di Nanni Moretti, tra gli altri) alla scrittura, a Daniele Ciprì alla fotografia, al compianto Mauro Bonanni al montaggio (mi piace sottolineare al proposito che il Premio Cinema Giovane & Festival delle Opere Prime del Cinecircolo Romano è stato “Galeotto”, avendo provocato il primo incontro tra Kassim e Mauro, e ne andiamo fieri, tanto da aver intitolato proprio a Mauro Bonanni il Premio per Miglior Montaggio del Festival), a Franco Eco per le musiche, ad Amir Issaa per il brano “Guerra tra Poveri”, a Gaia Colonna per il trucco, a Joana de Freitas Ginori per la produzione, e a tanti altri professionisti di altissimo valore. I quali, tutti, hanno aderito ad un progetto al quale non si poteva dire di no. Di valore sociale e culturale incommensurabile: la guerra tra poveri che dilania le periferie di tutto il mondo. Che genera odio e violenza. Che nega i più elementari diritti umani, i più naturali sentimenti di solidarietà. Che fa crescere a dismisura l’egoismo, la cattiveria, la discriminazione ed il respingimento del “diverso”. Il diverso fa paura, va combattuto ed annientato. Perché non lo conosci. La soluzione è proprio questa: quando il diverso arrivi a conoscerlo non ne hai più paura e non hai più necessità di combatterlo. Riconosci in lui i comuni tratti di umanità. Quando Albert Einstein arrivò per la prima volta negli Stati Uniti, si trovò a dover riempire gli assurdi e complicatissimi formulari dell’Ufficio immigrazione, che ti fa mille domande, tutte figlie della diffidenza verso lo straniero. Quando arrivò al rigo “razza”, scrisse la risposta più bella, vera e disarmante che si possa immaginare: “umana”! Siamo tutti della stessa razza umana, neri, bianchi, gialli, cristiani e islamici, buddisti, indù ed ebrei, etero ed omo e trans, di destra e di sinistra (“siamo figli delle stesse strade, uguali anche senza la stessa madre”, canta Amir Issaa sui titoli di coda). E ne riconosciamo istintivamente, a pelle, i tratti comuni. Come nello sguardo dei bambini che chiedono protezione, ai quali nessun essere umano dotato di cuore sa resistere. Cinematograficamente il film di Kassim è un capolavoro. In soli 15 minuti è capace di tratteggiare i caratteri dei protagonisti con rapide pennellate. Ci è subito chiaro che Matteo (Francesco Rodrigo Sirabella Sinigallia), pur avendo un fratello maggiore Manuel (Alessandro Sardelli), parenti e vicini neonazisti con la testa rasata, è diverso da loro, capelli biondi tendenti al lungo, cuffie per sentire la musica, ama una ragazza di colore, ragiona con la sua testa e non criminalizza gli altri. I soli 15 minuti di durata Kassim è capace di ribaltare la scena più volte, di spiazzarci, di sorprenderci. Come sorpresi sono i protagonisti quando si trovano ad assalire poveri più poveri di loro, scoprendo, amaramente, che sono perfino più romani di loro. Come se guardassero le loro immagini riflesse in uno specchio che li disarma, fa loro cadere dalle mani le sbarre di ferro che sono pronti ad usare come micidiali armi di offesa. Kassim si rivela l’autore più pasoliniano del momento. Per poetica dello sguardo. Per scelte stilistiche (il magnifico bianco e nero che Kassim ha posto come scelta irrinunciabile, nelle immagini splendide di Daniele Ciprì, capace di scolpire le ombre). Per la scelta dei protagonisti delle sue storie, gli ultimi, i diseredati, i paria della società. Come Pasolini, e prima di lui un altro grande, inarrivabile, “metteur en scène”, il Caravaggio. Imperdibile.

Curiosità: una delle battute più belle il film la riserva alla mitica, compianta, “Mirella”, già protagonista assoluta di un precedente film di Kassim, quando i ragazzi le chiedono “Che ci fa Budda in mezzo alla Madonna e Gesù Cristo?”, Mirella risponde con un significativo e filosofico: ”Più so, mejo è… Armeno quarcuno m’ascorta!”. Impagabile.    

VALUTAZIONE SINTETICA: 9