IDRA 14 : EDITORIALE di Catello Masullo

IDRA 14 : EDITORIALE

di Catello Masullo, ingegnere idraulico, membro del Consiglio Direttivo della Sezione Italia Centrale della Associazione Idrotecnica Italiana e vice presidente di Inarsind Roma (sindacato ingegneri ed architetti liberi professionisti)

 

Dal 7 al 10 settembre si è tenuto a Bari la 34-esima edizione del Convegno di idraulica e Costruzioni Idrauliche. E’ un incontro ricorrente. Che, puntualmente, ogni due anni, vede l’incontro di tutti gli studiosi ed operatori della ingegneria idraulica e della meccanica dei fluidi. E che, da qualche anno, ha assunto il logo semplificato “Idra”, affiancato dall’anno in cui si tiene, per distinguere ciascun convegno da quelli precedenti. Per la prima volta ha avuto una struttura molto compatta. Una durata di soli 3 giorni, contro i 5 o i 6 delle edizioni  precedenti. La durata inferiore ha comportato il contenimento dei costi. Favorendo la partecipazione dei più giovani. Ed è stato un successo. Con oltre 400 partecipanti. Molti dei quali giovani. Come auspicato. Certo la struttura si è dovuta adeguare. Compattandosi. Ogni giorno c’erano 4 sessioni parallele. Ed ovviamente se ne poteva seguire solo una. Ma ci sono state molte ed ampie “sessioni poster”. Che ha dato la possibilità agli interessati di vedere anche i lavori delle sessioni che non è stato possibile seguire direttamente. E ci sono stati molte sessioni plenarie. Che hanno affrontato temi di grande interesse. Non solo per addetti ai lavori. Ma anche di interesse generale. Per l’intera popolazione. Ho pertanto pensato di condividere con i lettori di questa testata i miei sintetici resoconti di questi seminari. Proprio per il loro interesse, non solo scientifico, ma anche giornalistico. Ne è testimonianza la sessione di apertura. Che ha visto la partecipazione non solo della vice-presidente della Regione Puglia, che era programmata. Ma anche la presenza straordinaria dello stesso presidente Niki Vendola. E non solo per un saluto istituzionale. Ma per un intervento appassionato ed informato. Sulla emergenza del momento. Il dissesto idrogeologico. Che, proprio pochi giorni prima della apertura del convegno aveva visto eventi luttuosi nel Gargano. Vendola ha detto cose davvero significative. E sorprendenti per un “politico”. Forte e vibrante la sua denuncia : “Le continue sanatorie hanno fatto di questo paese una groviera. Costruire gli alberghi sulla sabbia. Se malediciamo il mal tempo e non la mala politica, non traiamo la necessaria lezione. Piove e piove sempre e piove da sempre. E non è possibile che ogni pioggia sia una tragedia.”. Ma anche di profonda significatività ed umiltà: “…la politica non deve essere enciclopedica. Si deve connettere ai luoghi della formazione e del sapere. Altrimenti è una politica ignorante, che può solo far male!”.

Il primo Convegno di idraulica e Costruzioni Idrauliche al quale ho partecipato  è stato quello di Palermo del 1980, poco dopo la laurea. 34 anni fa. All’epoca c’era una frequentazione più variegata. Oltre ai professori universitari ed ai ricercatori., si potevano incontrare in tali occasione anche professionisti, funzionari di ministeri, di Consorzi di Bonifica. Esponenti di spicco delle imprese di costruzioni e dei produttori di tubazioni ed apparecchiature per le opere idrauliche. Con il tempo, queste ultime categorie hanno diradato le loro partecipazioni. Ed oggi i partecipanti sono soprattutto universitari. I convegni sono organizzati dal Gruppo Italiano di Idraulica, ed ospitati, a turno,  da una delle sedi universitarie di ingegneria idraulica. Dopo Palermo 1980, sono di nuovo tonato in quella università nel 2010. 30 anni dopo. Per usare una locuzione familiare agli ingegneri idraulici, si potrebbe dire che i Convegni di idraulica hanno un “tempo di ritorno” tra 30 e 40 anni. Cioè ogni 30 o 40 anni , tornano di nuovo in una  sede universitaria che l’aveva ospitato 30 o 40 anni prima.  Dal 1980 non ne ho perso uno. Un appuntamento per me imperdibile. Ed ho quasi sempre presentato anche un contributo, una memoria su uno specifico argomento. In questo numero speciale pubblico anche il sommario di quella che è pubblicata negli atti di questa ultima edizione 2014. Sui problemi di stabilità delle spalle in calcare fortemente carsificato della diga di Ermenek in Turchia. Una diga molto ardita. Di 210 metri di altezza, ad arco a doppia curvatura, con spessori molto piccoli della struttura in calcestruzzo.

Tra i vari seminari c’è anche quello della Associazione Idrotecnica Italiana. Una gloriosa associazione culturale, senza scopo di lucro, che ha compiuto da poco 90 anni di età. Che vede tra i soci non solo i cattedratici ed i ricercatori, ma anche i professionisti e gli operatori in campo idraulico.

Dicevo che l’argomento di maggiore interesse generale tra quelli trattati è stato il dissesto idrogeologico. Richiamato esplicitamente non solo nelle sessione di apertura, ma anche in un seminario dedicato. Ed anche nel simposio della associazione Idrotecnica.

Approfitto del ruolo di direttore responsabile di questa testata giornalistica per proporre qualche considerazione  personale sull’argomento.

Periodicamente i media aggiornano la macabra contabilità dei morti  a causa di quelle che i media hanno battezzato “bombe d’acqua”. E, puntualmente, si ripete, all’infinito, il lamento dei corifei. Da una parte ci si strappano le vesti e si piangono le vittime e si fanno proclami della serie “mai più!”, dall’altra si cade dalle nuvole, della serie “nessuno poteva prevederlo, “evento senza precedenti”, “tragica fatalità”, “inarrestabile furia degli elementi”, e così via cantilenando. E si affidano , sempre, editoriali alle nostre migliori “penne”. Le quali ripetono, a loro volta, sempre la stessa (corretta) solfa : “disastro annunciato”. E poi, immancabile, spunta, senza eccezione alcuna, questa nuova figura professionale della quale pare non si possa fare a meno : il “geologo televisivo”. A spiegarci che occorrono soldi, nuovi stanziamenti, prevenzione. Ma possibile mai che a nessuno, dico a nessuno, viene in mente di sentire gli ingegneri idraulici? Quella particolare tipologia di tecnici che dedicano tutta la loro formazione e tutta la loro vita professionale proprio a studiare le cause di questi fenomeni ed a progettare le opere che sarebbero necessarie per evitare queste tragedie? Possibile che nessuno parla di “invarianza idraulica”?  Provo a chiarire meglio questo termine , che appare oscuro ai più (anche ai “geologi televisivi”, apparentemente). Se, cioè, un determinato territorio, prima di realizzare un intervento di trasformazione, produce una certa quantità di acqua in occasione di determinate precipitazioni meteoriche, dopo la trasformazione deve mantenere costante questa quantità di acqua prodotta. Questo significa che, se si impermeabilizzano o disboscano porzioni più o meno vaste di tale territorio, riducendo quindi le naturali capacità di ritenzione idrica del terreno originario, è necessario ed obbligatorio realizzare opere di cattura ed immagazzinamento delle acque di pioggia intensa, per poi restituirle alla natura solo successivamente allo scroscio di pioggia. In modo tale da evitare ogni danno da alluvione. Realizzando quindi quello che gli ingegneri idraulici definiscono la “laminazione delle piene” e la conseguente “invarianza idraulica” di quell’intervento. Non sarà il caso di  imporre per legge la “invarianza idraulica” per ogni intervento sul territorio, anche il più piccolo? (peraltro, è il caso di sottolinearlo, alcune amministrazioni più avvedute già lo fanno). Sta di fatto, dicevo, che, ogni volta che si parla di dissesto o pericolo idro-geologico, i giornalisti ritengono, erroneamente, che competenti siano solo ed esclusivamente i geologi. Faccio, sommessamente, notare che la parola è composta da “idro” e da “geologico”. Già solo questa doppia composizione semantica dovrebbe indurre il dubbio che non solo di esperti geologi ci sia bisogno, ma anche di esperti idraulici. E, anzi, è il caso di sottolineare che una parte rilevante degli aspetti relativi ai  problemi idrogeologici sono di ESCLUSIVA PERTINENZA, PER LEGGE DELLO STATO,  degli ingegneri. Ed in particolare degli INGEGNERI IDRAULICI.  Gli UNICI ad avere competenze specifiche, ed a poter redigere e firmare le relative  valutazioni, relazioni e progettazioni in merito a :

  1. a)previsioni ed elaborazioni idrologiche (relative alle precipitazioni meteoriche ed alle portate idriche che esse generano);
  2. b)calcoli e dimensionamenti idraulici
  3. c)determinazione e perimetrazione  delle aree a rischio di inondazione ;
  4. d)progettazione delle opere e misure necessarie a contrastare (sia e, soprattutto, a livello di prevenzione, che di riparazione di eventuali danni) i pericoli relativi al dissesto idrogeologico;
  5. e)calcoli e progettazioni statiche-strutturali;
  6. f)calcoli e progettazioni geotecniche;
  7. g)computi metrici estimativi delle opere;
  8. h)specifiche tecniche di esecuzione e capitolati speciali di appalto;
  9. i)piani di sicurezza.

Senza nulla togliere alle competenze dei colleghi geologi, che sono indispensabili per la redazione della relazione geologica, che deve obbligatoriamente accompagnare ogni progettazione in cui vi sia una relazione tra strutture e suolo, ritengo che quando si voglia approfondire, anche a livello giornalistico, i delicati temi del dissesto idrogeologico, sia indispensabile avvalersi delle competenze degli ingegneri idraulici. Ed anche dal punto di vista squisitamente lessicale, mi permetterei di fare qualche osservazione. Come (quasi) sempre i media parlano di eccezionalità degli eventi meteorologici. Sempre più spesso si usano (impropriamente) locuzioni e neologisimi come  “bomba d’acqua”, “tropicalizzazione del clima”, “cambiamenti climatici”, “piogge mai viste prima”, “dissesto idrogeologico”,  e simili. Che il territorio italiano sia particolarmente fragile è testimoniato dal fatto che il 68% circa delle frane in Europa avvengono nel nostro paese. Siamo una “frana” nella prevenzione. In compenso siamo degli assi negli interventi in emergenza ex-post. Abbiamo sviluppato la migliore protezione civile del mondo. E tutti imparano da noi.  Ma tutto questo non è particolarmente efficiente. Perché, come numerosi studi scientifici dimostrano, spendiamo somme spropositare per riparare i danni post-evento, che si sarebbero potute evitare ove si fossero spese somme di gran lunga inferiori in prevenzione (anche di 10 o 15 volte). Lo dice anche la saggezza popolare : “prevenire è meglio che curare”.  Ma la politica non ci sente da questo orecchio. I soldi spesi in interventi eseguiti in sperduti anfratti, letti di torrenti, versanti di colline e montagne, non si vedono e quindi non portano voti. I soldi spesi in emergenza post catastrofe, per riparazione di drammatici danni e risarcimenti a danneggiati, invece hanno un grande impatto mediatico. E quindi portano voti. Sarà cinica, e forse anche un po’ grossolana, come analisi, ma se fate due più due, vi accorgerete che non siamo troppo lontani dalla realtà. E’ il dissesto “ideologico”, la maggiore causa del dissesto “idrogeologico”. La maggior parte dei disastri, sono disastri annunciati. E spesso si ripetono nelle stesse aree geografiche. Basta dare un’occhiata alle liste delle alluvioni ed inondazioni (si veda la appendice alla fine di queste considerazioni, tratta dalla sempre ben informata Wikipedia). Ci sono ad esempio zone come quelle della Liguria e della Campania meridionale ove periodicamente si contano i morti. E non è casuale. Provate a prendere una cartina del mediterraneo. Con un righello tracciate delle linee che vanno dallo stretto di Gibilterra all’Italia. Le linee di mare più lunghe, senza che siano interrotte da isole o coste, sono quelle che puntano a nord in Liguria ed a sud sulla Campania meridionale. Queste linee vengono chiamate dagli ingegneri con il termine “fetch”. E non sono altro che corridoi sul mare aperto dove più a lungo possono svilupparsi venti senza che siano interrotti da qualche ostacolo. E possono quindi caricare l’aria di grande umidità presa dal mare. E generare le più potenti perturbazioni atmosferiche. Che sono la causa delle più grandi alluvioni. Ed ecco che periodicamente si verificano eventi importanti nelle zona di Genova e  della penisola Sorrentina e relativo entroterra (disastri di Sarno, Quindici, Castellammare di Stabia, ecc.). Il 4 novembre del 2011 a Genova cadono quasi 500 mm di pioggia in 5 ore. Esondano i fiumi ed i torrenti che esondano sempre in queste occasioni, BisagnoFereggianoSturla e Scrivia. Si è , al solito, parlato di evento mai accaduto prima. Ma non è così. Il 4 ottobre dell’anno prima, la quantità di pioggia era stata praticamente la stessa. Ed alluvioni gravi ci sono state in precedenza a Genova nel ’93, nel ’92 e nel ‘70 (quando i mm di pioggia furono addirittura più di 900). I danni ed i lutti a seguito di alluvioni non sono però sempre gli stessi. Molto dipende da quello che fa e da quello che non fa l’uomo. Enormi straripamenti di fiumi nel passato più o meno recente non hanno provocato gli stessi danni e lo stesso numero di perdite di vite umane degli ultimi tempi. Semplicemente perché la aree interessate dalle esondazioni non avevano insediamenti abitativi. Negli ultimi decenni le urbanizzazioni sono state, in alcuni casi,  davvero dissennate e criminali. I cosiddetti “pianificatori” urbanistici dalla licenza edilizia facile hanno dimostrato di avere la memoria sempre cortissima. Ed hanno consentito di costruire in aree dove si sapeva benissimo che prima o poi sarebbero arrivate le acque straripate. Pochi sanno, ad esempio, che una alluvione del fiume Arno, farebbe oggi molti più danni di quella famosissima del 1966, che è stata immortalata dai tg di tutto il mondo. Perché sulle sponde del fiume, subito dopo l’evento disastroso, si è costruito moltissimo. Ci fu una vera e propria corsa alla licenza edilizia da parte di tutti gli enti territoriali competenti, per arrivare prima dei divieti di edificazione che di lì a poco la benemerita Commissione De Marchi (dal nome del grande ingegnere idraulico che la guidava) avrebbe istituito.

Ma non tutto va così male. Prendiamo l’alluvione di  Sarno, Siano, Bracigliano e Quindici, del 5 maggio del ’98. Un evento tremendo, 159 morti. È un argomento che conosco abbastanza bene, essendo stato aggiudicatario della gara pubblica per la progettazione di una parte non irrilevante degli interventi post-emergenza. Siamo proprio in quella zona della Campania meridionale soggetta a ricorrenti alluvioni, a cavallo tra le province di Salerno, Napoli ed Avellino, di cui dicevo prima. Con suoli particolarmente fragili. Si tratta  di terreni provenienti dalle eruzioni del Vesuvio, proiettati in aria negli scorsi millenni e ricaduti sui massicci carbonatici, i calcari  di base, sui quali si sono addensati. In particolari condizioni, dopo lunghi periodi di pioggia, anche non particolarmente intensa, ed in aree acclivi, che abbiamo subito di recente un disboscamento oppure un incendio, questi strati di terreno, tecnicamente detti “coltri piroclastiche”, si staccano di schianto dalle rocce di base e creano le cosiddette “colate di fango superveloci”. Che vengono giù anche a 80 km all’ora. Ed hanno una potenza davvero devastante. Figuratevi che a Sarno, in quel tragico maggio, una di queste colate staccò di netto dalle fondazioni un palazzotto di tre piani, che era stato costruito, ovviamente, dove non doveva,  e lo spostò, rigidamente, di oltre 300 metri. Miracolosamente i tanti giovani che stavano ballando ad una festa al secondo piano del palazzo, sono restati incolumi. Non è andata altrettanto bene ad altri 159 sventurati di quell’area.  Non è di questi paesi colpiti dai lutti che voglio parlare.  Ma di un altro paese. Che non è andato sulle cronache di alcun giornale o tg. Eppure si tratta di un comune che si trova proprio nella stessa area di Sarno, Siano, Bracigliano e Quindici. Con esattamente le stesse condizioni dei versanti. Piroclastiti su calcari, su forti pendenze. Si tratta di un paese proprio attaccato al Comune di Quindici, e cioè del comune di Forino, in provincia di Avellino. Dove quel giorno disgraziato si sono innescate colate di fango veloci del tutto simili a quelle che hanno mietuto tante vittime a pochi chilometri di distanza. Ma a Forino non c’è stato nessun morto. E nemmeno un ferito. Perché quel territorio si era dotato, negli anni precedenti, di opportune opere di prevenzione. Non di opere faraoniche. Opere flessibili anti-erosione, opere di contenimento dei versanti con tecniche di ingegneria naturalistica. E, soprattutto, una serie di piccole vasche per la raccolta delle prevedibili future colate di fango. Che riprendevano la tradizione delle antiche bonifiche borboniche. Che usavano queste vasche come accumuli di detriti che venivano dai monti e come cave di sabbie per le costruzioni. Con uno splendido equilibrio. La natura ogni tanto colmava queste vasche. E gli uomini, pian piano, le svuotavano. Per lasciarle saggiamente vuote ad accogliere le prossime colate. E così è avvenuto a Forino il 5 maggio del ’98. Le colate hanno trovato le vasche vuote e le hanno colmate. Senza uccidere nessuno. Ne sono testimone diretto. Avendo personalmente curato la progettazione e la direzione dei lavori di realizzazione di tutti questi interventi a Forino. Esempio poco clamoroso. Che non ha attirato alcun cronista. Di “normale” manutenzione del territorio. Ma anche valido esempio della validità del detto di saggezza popolare già ricordato : prevenire è meglio che curare.

Provo infine a riassumere le principali cause delle catastrofi e dei lutti provocati dal dissesto idrogeologico, dando anche qualche cenno sui  possibili rimedi:

1)     Scelleratezza urbanistica: permettere di costruire dove i tecnici competenti sconsigliano di costruire, trattandosi di zone a rischio di alluvione o di frana o di dissesto, è da stolti o da criminali; non sarà il caso di smettere di farlo? I programmi di tutte le forze politiche, nessuna esclusa, contengono parole altisonanti ed impegni solenni di lotta al dissesto idrogeologico. Ma, dopo le elezioni, i buoni propositi restano solo chiacchiere (di quelle che la antica saggezza partenopea accomunava alle tabacchiere di legno, nel novero degli oggetti non accettati dal banco dei pegni);

2)     Eccessivo consumo di territorio, con disboscamenti, cementificazioni ed impermeabilizzazioni del terreno:  sarebbe semplice ovviare. Da una parte vietare ulteriori consumi di territorio, permettendo nuove costruzioni solo nella zone già urbanizzate, densificando e rottamando la edilizia di scarsa qualità del dopoguerra. E dall’altra imponendo il cosiddetto criterio della “invarianza idraulica”. Se, cioè, un determinato territorio, prima di realizzare un intervento di trasformazione, produce una certa quantità di acqua in occasione di determinate precipitazioni meteoriche, dopo la trasformazione deve mantenere costante questa quantità di acqua prodotta. Questo significa che, se si impermeabilizzano porzioni più o memo vaste di tale territorio, riducendo quindi le naturali capacità di ritenzione idrica del terreno originario, è necessario ed obbligatorio realizzare opere di cattura ed immagazzinamento delle acque di pioggia intensa, per poi restituirle alla natura solo successivamente allo scroscio di pioggia. In modo tale da evitare ogni danno da alluvione. Realizzando quindi quello che gli ingegneri idraulici definiscono la “laminazione delle piene”.

3)     Mancata realizzazione di opere di manutenzione idraulica:  non pochi disastri sono causati dalla incuria, dalla ridotta capacità di portata del reticolo idrografico a causa di ostruzioni, interramenti, abbandoni di rifiuti ingombranti, crollo di alberi ed arbusti, ecc. . Le operazioni di manutenzione idraulica andrebbero effettuate con regolarità, e consentirebbero, a conti fatti, di spendere meno e meglio, e, soprattutto, di evitare di piangere vite umane perdute;

4)     Mancata realizzazione di opere idrauliche di accumulo e regolazione: l’acqua è elemento fondamentale di vita. Ma può causare danni e morti sia quando ce n’è troppo poca, sia quando ce n’è troppa. Occorre quindi usare la saggezza del buon padre di famiglia. Che mette da parte le risorse nei tempi grassi per i tempi delle vacche magre. E quindi ci vogliono le vituperate dighe. Che immagazzinano le acque quando scorrono impetuose e possono causare danni e vittime, per poterle restituire quando piove poco e ce n’è più bisogno, ad esempio per irrigare i campi d’estate. Basta studiare un po’ di storia, anche recente, per apprendere, ad esempio, che la città di Roma andava regolarmente sott’acqua tutti gli anni fino a pochi decenni orsono. Tanto è vero che le autorità papaline avevano organizzato un capillare servizio di barchini che percorrevano le strade romane allagate per distribuire pane agli abitanti costretti a casa dalle alluvioni, i quali lo ritiravano dalle finestre. Tutto questo è diventato solo un ricordo storico, grazie agli imponenti interventi idraulici dei cosiddetti “muraglioni”, ma anche grazie alle grandi dighe realizzate su alto e medio corso del Tevere, che consentono di “laminare” le piene del fiume stesso.

5)     Mancata realizzazione di opere di presidio contro erosioni, frane e dissesti idrogeologici :  gli specialisti della materia conoscono perfettamente quali sono i versanti in frana, quali sono gli alvei dei corsi d’acqua in erosione, quali sono le aree a rischio di dissesto idrogeologico, e sono perfettamente in grado di progettare gli interventi atti a scongiurare le catastrofi. L’investimento più produttivo che possiamo fare è quello nella salvaguardia del nostro capitale umano e del nostro territorio (l’unica nostra specifica risorsa non riproducibile dai nostri concorrenti diretti nell’attrarre flussi turistici) .  Diamo quindi fiducia ai (pochi) decisori politici che lo hanno capito.

 

 

APPENDICE

Lista di alluvioni e inondazioni in Italia

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Data Comune Area geografica Morti Cause e/o colpevoli Note
18 novembre 2013 Alluvione in Sardegna OlbiaNuoro, e parte della Provincia dell’Ogliastra 16 Esondazione di fiumi, torrenti, e canali di smaltimento per le acque piovane. In molti quartieri di Olbia le acque giungono ai piani alti delle abitazioni. Un fronte temporalesco dal Mar Tirreno si sposta verso la Sardegna Nord-orientale. Precipitazioni molto intense vanno avanti per oltre 20 ore. Si registrarono accumuli pluviometrici record, anche superiori ai 300 millimetri. Ponti crollati, viabilità in tilt, campagne allagate. Nel tardo pomeriggio di lunedì 18 Novembre la tempesta si abbatte con particolare violenza su Olbia, città dove si è registrato il maggior numero di vittime[2].
28 novembre 2012 Alluvione di Carrara e Carrara e Ortonovo 0 Nubifragio investe la costa tra Carrara e il comune di Ortonovo al confine tra Liguria e Toscana. A distanza di due settimane dall’alluvione dell’11 novembre, un nuovo forte temporale si abbatte sulle medesime zone, ad esclusione della parte orientale del Massese. Esondazione dei torrenti Carrione e Parmignola, che hanno arrecato ulteriori danni, a zone già in sofferenza e la chiusura della Statale Aurelia tra Massa e Sarzana. Intere zone abitate risultano allagate da mezzo metro di acqua. Elevati gli accumuli pluviometrici:40 mm in 15 minuti,109 mm in 45 minuti, 134 mm in 60 minuti, fino ad un complessivo accumulo di 200mm in quasi due ore.
12 novembre 2012 Alluvione della Maremma grossetana Provincia di Grosseto 6 Nubifragio investe la città di Grosseto e i territori meridionali della Maremma. Esondazione dei torrenti e del fiume Albegna. I centri abitati di Albinia e Marsiliana allagati. Piena record dell’Ombrone, ma nessun danno in città. Tre morti a Marsiliana per il crollo di un ponte e un morto a Capalbio per la piena del Chiarone. Quinta vittima rinvenuta a Capalbio Scalo nelle acque del Lago di Burano tre giorni dopo l’alluvione. Anziana di 73 anni deceduta dopo un mese di rianimazione.
12 novembre 2012 Alluvione di Orvieto e dell’Orvietano del novembre 2012 Umbria 0 Cloud burst su Orvieto e i territori dell’Orvietano. Esondazione dei fiumi Paglia e ChianiOrvieto Scalo e Piano allagati. Piena record del Paglia. Caserma VVFF, Polstrada, PPTT, parcheggio FS, attività commerciali e abitazioni private sott’acqua. ASL non accessibile. Inondato e chiuso l’unico ponte che collega la zona moderna di Orvieto da quella storica. L’Orvieto “nuova”, Ospedale e plessi scolastici, isolati. Interrotte, A1 (casello Orvieto chiuso) e SR Umbro-Casentinese e Amerina, crollo di una parte del ponte Gregoriano sul Paglia nei pressi di Acquapendente.
11 novembre 2012 Alluvione di Massa e Carrara dell’11 novembre 2012 Provincia di Massa e Carrara 1 Nubifragio investe tutto il territorio con precipitazioni superiori ai 200 mm in due ore, dovuto ad un sistema temporalesco V-Shaped che insistette sulla medesima zona a lungo. Si conteranno accumuli prossimi ai 300 mm nelle colline appena retrostanti la città. Esondazione dei torrenti, zone sotto 1 metro di acqua per diversi giorni, numerose frane, 5000 abitazioni colpite e 300 sfollati. Acqua non potabile in alcuni quartieri e black out elettrici. Un morto per infarto causato dall’onda di acqua che stava invadendo la cantina.
22 novembre 2011 Alluvione di Barcellona Pozzo di Gotto, Merì e Saponara Provincia di Messina 3 Esondazione dei torrenti a causa delle intense precipitazioni. Forti mareggiate lungo le coste. Tre persone, tra cui un bambino di dieci anni, sono morti travolti dal fango a Scarcelli, frazione di Saponara.
4 novembre 2011 Alluvione di Genova Genova e provincia 6 Esondazione/piena dei fiumi BisagnoFereggianoSturla e Scrivia a causa delle intense precipitazioni. Forti mareggiate lungo le coste. Ritmo: 500 mm in cinque ore.
25 ottobre 2011 Alluvione dello Spezzino e della Lunigiana Val di VaraCinque TerreLunigiana 12 Esondazione/piena dei fiumi VaraMagraTaro e altri corsi d’acqua minori, a causa delle intense precipitazioni. Ritmo: 520 mm in meno di 6 ore.[6]
11 giugno 2011 Alluvione di Sala Baganza, Collecchio e Fornovo di Taro Sala BaganzaCollecchioFornovo di Taro (Provincia di Parma) 1 Esondazione del Rio Ginestra e del Torrente Scodogna a causa delle intense precipitazioni. Incuria nella pulizia e gestione dei corsi d’acqua. Cementificazione. Ritmo di pioggia orario massimo: 195,2 mm/h (Stazione meteorologica di Fornovo di Taro-Neviano de’ Rossi). I danni ammontano a circa 7.200.000 euro per privati e aziende e circa 450.000 euro i danni pubblici. Sono 185 le famiglie e 50 le attività produttive colpite.
1 e 2 marzo 2011 Frazioni di Marina di Ginosa del Comune di Ginosa (versante pugliese, la più colpita) e di Metaponto del Comune di Bernalda (versante lucano) Interessato il confine ovest della Puglia nella Provincia di Taranto e il confine est della Basilicata nella Provincia di Matera 0 Piogge alluvionali, piena ed esondazione dei fiumi BradanoAgriGalaso, sovraccarico d’afflusso d’acqua della diga della Riserva regionale San Giuliano in Basilicata e altri corsi d’acqua minori, a causa delle intense precipitazioni. La zona più colpita è quella di Marina di Ginosa con danni ingenti a parte della popolazione evacuata e inagibilità permanente degli immobili, infrastrutture, agricoltura per un valore stimato dal Comune di Ginosa di oltre 80 milioni di euro. Nella frazione di Metaponto seri danni alla zootecnia, con capi di bestiame annegati e agricoltura
3 marzo 2011 La frazione di Casette d’Ete, nel comune di Sant’Elpidio a Mare, è la più colpita Interessate gran parte delle Marche, il teramano e la Romagna 5 Piena ed sondazione dei fiumi VomanoTrontoEteChientiFiastraEsinoMisa e altri corsi d’acqua minori a causa delle intense precipitazioni. La zona più colpita è quella di Casette d’Ete, frazione di Sant’Elpidio a Mare (Fermo), dove straripa l’Ete morto: muoiono due persone, padre e figlia, travolte con la loro auto dall’acqua. A Venarotta (Ascoli Piceno) un’anziana donna perde la vita cadendo in un fosso in piena. Altre due persone muoiono rispettivamente a Cervia (Ravenna) e Teramo, affogando all’interno delle loro auto bloccate in dei sottopassi allagati. Danni diffusi, soprattutto nelle provincie di TeramoAscoli PicenoFermoMacerata e Ancona.
1º e 2 novembre 2010 Alluvione del Veneto Vicenza e hinterland, aree collinari e montane della zona nord ovest del vicentino, aree extraurbane a ovest e a sud-est di Padova, Bassa Padovana sud-occidentale, alcuni comuni tra Vicenza e Verona 3 Esondazione del fiume Bacchiglione e di altri corsi d’acqua minori causata dalle fortissime piogge nell’area prealpina e pedemontana veneta, unite a una rapida escursione termica con conseguente scioglimento del manto nevoso presente in montagna.[11] Ritmo: 540 mm di pioggia caduti in 24 ore nel solo vicentino.
200.000 animali deceduti.
500.000 persone interessate.
140 km² direttamente allagati.
Oltre 1 miliardo di Euro di danni.
5 ottobre 2010 Prato Comune e provincia di Prato 3 Violento nubifragio. Un violento temporale scarica 100 mm in meno di due ore, 3 cinesi rimangono annegate in un sottopasso con la loro macchina, numerose case e strade allagate, diverse macchine distrutte[12][13]
4 ottobre 2010 Alluvione a Genova Sestri Ponente, Varazze, Cogoleto Liguria Provincia di Genova e Provincia di Savona 1 Piogge alluvionali e dissesto idrogeologico. Sestri Ponente straripano il torrente Chiaravagna, Cantarena e Molinassi dopo la caduta di circa 400 mm di pioggia in poche ore sulle alture, 350 a Pegli, 310 a Varazze, 300 a Genova Bolzaneto e Genova PontedecimoGenova e il suo hinterland sono stati colpiti da un evento alluvionale lampo eccezionale.
9 settembre 2010 Alluvione e colata di detrito nel comune di Atrani Costiera Amalfitana in Provincia di Salerno 1 Forti piogge e dissesto idrogeologico. A causa delle forti piogge intorno alle ore 18:30 esonda il Torrente Dragone che scorre al di sotto del centro abitato. Danni segnalati anche nei vicini comuni di ScalaRavello e Tramonti ove per alcune ore è mancata la corrente elettrica.
1º ottobre 2009 Alluvione e colata di detrito a Messina, nelle frazioni di Giampilieri SuperioreAltolia e Briga Superiore e nel comune di Scaletta Zanclea Provincia di Messina 36 Forti piogge e dissesto idrogeologico. A causa delle forti piogge e del dissesto idro-geologico della zona a carattere torrentizio, si generano una serie di colate detritiche che travolgono numerose abitazioni e automobilisti tra Giampilieri Superiore e Scaletta Zanclea.
18 luglio 2009 Alluvione di Cancia, nel comune di Borca di Cadore, e nei paesi di Valesella, San Vito di Cadore, e Acquabona Valboite in Provincia di Belluno 2 Piogge e dissesto idrogeologico. una frana di sessantamila metri cubi di acqua e ghiaia si stacca dal monte Antelao e scivola sull’abitato di Cancia nel comune di Borca di Cadore; uccidendo due persone.
22 ottobre 2008 Alluvione e colata di detrito nel comune di Capoterra (CA) Capoterra (CA) 5 Forti piogge. A causa delle forti piogge si generano diverse esondazioni dei corsi torrentizi e colate detritiche che travolgono le abitazioni di Poggio dei Pini, Torre degli Ulivi e svariati altri insediamenti.
29 maggio 2008 Alluvione e colata di detrito nel comune di Villar Pellice Villar Pellice (TO) 4 Forti piogge. A causa delle forti piogge, nell’alveo del Rio Cassarot, tributario del torrente Pellice, si genera una colata detritica torrentizia che travolge una casa e ne danneggia altre 3 in Borgata Garin.
30 aprile 2006 Frana a Ischia Provincia di Napoli 4 Piogge, abusivismo e dissesto idrogeologico. Muore un padre con le sue tre figlie nel crollo della villetta colpita dalla frana. Duecento gli sfollati.
03 luglio 2006 Alluvione di Vibo Valentia Vibo Valentia e provincia 4 Violento nubifragio e dissesto idrogeologico L’evento pluviometrico eccezionale (circa 190 mm di pioggia in 2 ore registrati al pluviometro di Vibo Valentia) causò e l’esondazione dei torrenti nelle località di Bivona e Vibo Marina e l’attivazione di frane, colate e valanghe di detriti, con notevoli danni a edifici e alla viabilità del territorio.
23 settembre 2003 Alluvione di Carrara del 2003 Provincia di Massa-Carrara 2 Violentissimo nubifragio.
29 agosto 2003 Val Canale e Canal del Ferro Provincia di Udine 2 Piogge violente concentrate nel tempo e nello spazio dopo un’estate molto calda. Pontebba caddero oltre 300 mm di pioggia in circa 6 ore. Una frana invase l’autostrada A23.
6 e 23 novembre 2000 Alluvione nella Riviera di Ponente Province di Imperia e Savona 7 Nubifragi. Tre morti nel primo evento alluvionale, in cui si ebbe l’esondazione, fra gli altri, dei torrenti Verbone e Armea. 4 morti nel secondo evento (2 a Imperia e 2 a Ceriana).
dal 13
al 16 ottobre
2000
Alluvione in Piemonte PiemonteValle d’AostaLiguriaLombardia 23 e 11 dispersi, 40.000 sfollati. L’evento interessò il fiume Po e gran parte dei suoi affluenti in Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria e Lombardia.
9 settembre 2000 Alluvione in Calabria Soverato 13 e un disperso. Straripamento della fiumara Beltrame: il campeggio “Le Giare” presso Soverato è travolto dal fango che provoca 13 morti e un disperso 441 i millimetri di pioggia caduti sul territorio di Soverato, 150 i chilometri di costa tra le province di Catanzaro e Reggio Calabria colpiti e devastati dal maltempo.[20]

 

Alluvioni e inondazioni avvenute in Italia fra il 1947 e il 1999

Data Comune Area geografica Morti Cause e/o colpevoli Note
5 maggio 1998 Alluvione di Sarno, Siano, Bracigliano e Quindici Valle del SarnoVallo di Lauro in Campania 159 Cause naturali, piogge consistenti, dissesto idrogeologico. Decine di eventi franosi su entrambi i versanti del monte Pizzo d’Alvano (Sarno e Quindici) e zona frontale e dorsale del monte “Le Porche” di Siano provocano enormi colate di fango che si riversano sulle abitazioni.
14 ottobre 1996 Alluvione di Crotone Crotone 6 Piogge consistenti.
19 giugno 1996 Alluvione della Versilia Versilia 13 e 1500 senzatetto Una cella temporalesca locale non prevista formatasi a causa dell’umidità, scarica 474 mm di pioggia in 12 ore, causando esondazioni del fiume Versilia e centinaia di frane di versante in un bacino idrografico molto ristretto, con esiti devastanti per il fondovalle e l’allagamento di ampie zone della pianura di uscita.
12 settembre 1995 Alluvione in Lombardia Lombardia nord-occidentale 1 e centinaia di sfollati Una violenta perturbazione provocò l’esondazione di vari corsi d’acqua.
13 marzo 1995 Alluvione a AcirealeGiarreRiposto e Mascali Sicilia orientale 11 e 7 dispersi Torrenti in piena, mareggiate, bufere di vento: interrotte strade, autostrade e ferrovie. Affonda la nave greca “Pelhunter” a 140 miglia a Sud Est delle coste catanesi.[24] Sei morti per il nubifragio a Giarre, Acireale e Riposto. Tre superstiti, cinque morti e sette dispersi per l’affondamento della nave greca “Pelhunter”..
5 novembre 1994 Alluvione in Piemonte Fiume Tanaro e tratta basso-piemontese del fiume Po 70 e 2226 senzatetto Cause naturali e dissesto idrogeologico. Dopo 3 giorni di piogge continue (oltre 600 mm) le acque del Tanaro allagano AstiAlbaCeva e Alessandria; il Po esonda a Palazzolo Vercellese, allaga TrinoCasale Monferrato e numerosi altri paesi fino a Valenza.
23 settembre 1993 Alluvione a Genova Genova 2 e 3 dispersi Nubifragio. Esondazione dei torrenti VarennaLeira ed altri corsi d’acqua del ponente genovese.
31 ottobre 1992 Alluvione di Poggio a Caiano Poggio a Caiano, Toscana 0 Cause naturali. Il torrente Ombrone Pistoiese rompe gli argini la notte del 31 ottobre 1992 inondando il paese.
27 settembre 1992 Alluvione a Genova Genova 2 Cause naturali. Esondazione dei torrenti Bisagno e Sturla.
22 settembre 1992 Alluvione a Savona SavonaQuilianoVado Ligure 3 Cause naturali.
15 novembre 1991 Alluvione di Campi Bisenzio Campi Bisenzio 1
estate 1987 Alluvione della Valtellina Valtellina 53 Cause naturali e dissesto del territorio. A causa di forti e persistenti precipitazioni vi fu l’esondazione del fiume Adda e di alcuni torrenti e frane in Valtellina. Vengono seppelliti da una frana i paesi di Aquilone e San Antonio Morignone.
19 luglio 1985 Catastrofe della Val di Stava Stava, frazione del comune di Tesero 268 I direttori della miniera e alcuni responsabili delle società che intervennero nelle scelte circa la costruzione e la crescita del bacino superiore (Montedison, Industria marmi e graniti per conto della Fluormine, Snam per conto della Solmine, Prealpi Mineraria) e i responsabili del Distretto minerario della Provincia Autonoma di Trento che omisero del tutto i controlli sulle discariche. I bacini di decantazione della miniera di Prestavel ruppero gli argini scaricando 160.000 m³ di fango sull’abitato di Stava.
8-9 novembre 1982 Esondazione del fiume Taro Provincia di Parma 0 Cause naturali e dissesto del territorio. L’8 novembre 1982, a seguito di eccezionali violentissime piogge interessanti l’alta valle del Taro, il fiume entrava in piena rompendo le arginature. Comuni interessati: Fornovo Taro, Parma, Trecasali, San Secondo e Sissa.
7-8 ottobre 1977 Alluvione in Piemonte e Valle d’Aosta Province di AstiAlessandriaVerbano-Cusio-OssolaCanavese, bassa Valle d’AostaValle Stura in provincia di Genova 15 e 2 dispersi Nubifragi.
7-8 ottobre 1970 Alluvione a Genova Provincia di Genova 44 Cause naturali e dissesto del territorio. Il 7 e l’8 ottobre 1970, a Genova straripano in più punti e travolgono varie parti della città i torrenti Bisagno PolceveraLeiraChiaravagna e Cantarena. Piogge molto intense e localizzate che sono tipiche della costa ligure, accumularono circa 900 mm d’acqua in 24 ore. La più colpita fu Genova, ma gravissimi danni ebbero anche in altri 20 comuni delle province di Genova tra i quali il più colpito fu Masone. Le vittime furono 44, di cui 35 morti, 8 dispersi. Gli sfollati furono oltre 2000.
2-3 novembre 1968 Alluvione in Piemonte BielleseAstigiano 72 Cause naturali. Sommersi interi paesi; nella sola Valstrona l’alluvione causò 58 morti. Distruzione di edifici e fabbriche così che molte aziende dovettero ricorrere alla cassa integrazione.
4 novembre 1966 Alluvione nel Triveneto VenetoTrentino e Friuli 18 in Trentino, 20 in Friuli, n.d. in Veneto. Piogge eccezionali su tutta l’area, unite ad un repentino aumento termico con il rapido disgelo della neve precedentemente caduta in montagna, e ad un fortissimo vento di scirocco che impedì lo sversamento in mare delle acque meteoriche. Esondazione di tutti i fiumi dei bacini dell’Adige, Brenta-Bacchiglione, Piave, Livenza e Tagliamento; numerosi i centri urbani sott’acqua, decine di km² di campagna sommersa; gravissimi danni ovunque. Acqua alta eccezionale a Venezia, a +194 cm.
4 novembre 1966 Alluvione di Firenze Toscana 34 Eccezionale ondata di maltempo. Danni inestimabili anche al notevole patrimonio artistico di Firenze.
4 novembre 1966 Alluvione di Grosseto ToscanaMaremma 1 Rottura degli argini del fiume Ombrone dovuta al forte maltempo. Dieci milioni di metri cubi di acqua e fango inondarono la città, 4500 al secondo, raggiungendo i 4 metri in pochissimo tempo.
2 settembre 1965 Alluvione del Friuli LatisanaVilla SantinaCodroipo 11 Forti precipitazioni. Sulle montagne del Friuli cadono fino a 828 mm in 48h (Barcis). Il fiume Tagliamento esonda presso Villa Santina e a sud di Codroipo.
9 ottobre 1963 Disastro del Vajont LongaroneErto e Casso Circa 2000 (ufficialmente 1909) Tecnici della SADE e Montedison. Una frana si stacca dal Monte Toc, cade nel bacino della diga e crea un’onda che investe Longarone.
23-25 novembre 1959 Alluvione nel Metapontino Metaponto 11 Piogge e dissesto idrogeologico. Nell’arco di pochi chilometri, sboccano uno vicino all’altro i cinque fiumi lucani. Quando sono in piena e al contempo il vento soffia verso terra, enormi masse d’acqua inondano una fascia larga una ventina di chilometri caratterizzata da un’intesa attività agricola.[29]
5 settembre 1959 Alluvione ad Ancona Ancona 10 Cause naturali.
25-26 ottobre 1954 Alluvione di Salerno Vietri sul MareCava de’ TirreniSalernoMaioriMinoriTramonti 318 e 250 feriti, 5.500 senzatetto Comincia a piovere verso le ore 17:00 e in meno di 24 ore cadono più di 500 mm di pioggia. I torrenti in piena trascinano via ponti, strade e case. Numerose frane. Spazzato via il villaggio di Molina. Per l’immenso apporto di detriti cambia l’aspetto della fascia costiera salernitana.
21 ottobre 1953 Reggio Calabria Reggio Calabria 51 e 100 dispersi. Evento meteo intenso, predisposizione strati geologici superficiali, orografia, rottura argini. La fiumana Valanidi, a ovest di Reggio Calabria, raggiunge portate di massa prudenziali di 420 m³/s. Le falde degradate, per via anche delle elevate pendenze delle pareti del vallone della fiumana, incrementando il peso specifico del liquido, aumentano la forza d’urto della piena. Valore puntale di pioggia di 82,6 mm 1 ora.
19 settembre 1953 Alluvione in val Trebbia Genova, val Trebbia, provincia di Piacenza 10 Nubifragi. Esondazione del torrente Bisagno e del Trebbia.
9 luglio 1953 Alluvione in Val Camonica DarfoPisogneSale MarasinoVelloZone 16 Nubifragi. Esondazione dei torrenti Bagnadore e Opolo. 3 morti a Marone, 11 a Pisogne e 2 a Zone. Danni per 1 miliardo di Lire dell’epoca. [31]
14 novembre 1951 Alluvione del Polesine Polesine 84 Cause naturali e dissesto del territorio.
8 novembre 1951 Alluvione a Tavernerio Tavernerio 16 Frana. A seguito di intense piogge (120 mm in 24 ore) dalla montagna si staccò una frana che finì nel Cosia, ostruendone il corso e producendone l’esondazione.[32]
15 ottobre 1951 Calabria Calabria Meridionale ed orientale 70 Evento meteo eccezionale. In quattro giorni sono caduti 1770 mm di pioggia. Ben più dell’intero quantitativo annuale. L’evento meteo intenso ha interessato 67 comuni, provocando 4500 senzatetto, con 1700 abitazioni crollate o inagibili. Notevoli danni infrastrutturali e forte impatto sull’agricoltura con la perdita di posti di lavoro nei braccianti e mezzadri.
4 settembre 1948 Alluvione in Piemonte Provincia di AstiAlbeseChivasso, Piemonte Orientale 49 Cause naturali, piogge consistenti, dissesto idrogeologico. Esondazione dei torrenti BorboreTriversa e fiume Tanaro. 16 morti (aumentati a 49 con i violenti nubifragi del 12-14 settembre) oltre 400 senza tetto.

 

 

Alluvioni e inondazioni avvenute nel Regno d’Italia fra il 1861 e il 1946

Data Comune Morti Area geografica Cause e/o colpevoli Note
2 novembre 1944 Alluvione di Grosseto ToscanaMaremma Un violento nubifragio colpì la città di Grosseto provocando l’esondazione del fiume Ombrone. Grossi danni in città, completamente sommersa dalla piena.
13 agosto 1935 Disastro di Molare 111 Valle dell’Orba Malgrado l’ineguadezza delle misure di sicurezza, il processo si concluse con l’assoluzione di dodici imputati. A causa di una violenta precipitazione il lago di Ortiglieto straripò a Molare, inondando diversi paesi e le campagne in provincia di Alessandria.
21 febbraio 1931 Alluvione di Palermo 11 Palermo Ondata eccezionale di precipitazioni per cinque giorni continue, e forte vento di Tramontana. Strariparono i principali fiumi che attraversano la città, l’Oreto, il Kemonia e il Papireto, con una conseguente inondazione di quasi tutti i quartieri, tale evento per intensità ed entità dei danni, non si è più verificato a oggi, nel capoluogo siciliano. Inoltre, crollarono mura e alti edifici.
22 novembre 1926 Alluvione di Campi Bisenzio 1 Campi Bisenzio
1º dicembre 1923 Disastro del Gleno 356 Valle di Scalve Dal processo, che si tenne dal gennaio 1924 al luglio 1927 e si concluse con la condanna del titolare della società concessionaria e del progettista della diga. Una delle arcate centrali della diga cedette e le acque del lago artificiale si riversarono nella vallata sottostante.
20 settembre 1920 Alluvione in Friuli Provincia di Udine Cause naturali. Esondazione dei fiumi CornoCormorTorreNatisone e altri.
24 ottobre 1910 Alluvione in Campania Circa 200 Costiera Amalfitana, SalernoCasamicciola sull’Isola d’Ischia Cause naturali. Più della metà delle vittime si ebbe a Cetara (SA).
17 novembre 1908 Alluvione in Sicilia e Calabria Costa orientale della Sicilia e parte meridionale della Calabria Cause naturali. Riposto, uno dei centri più danneggiati, caddero 465 mm in 24 h.
26 settembre 1902 Uragano in Sicilia Oltre 300 Sicilia Cause naturali. Un violento uragano devasta la Sicilia uccidendo oltre 300 persone.
17 settembre 1882 Alluvione del Polesine
Inondazione di Verona del 1882
VeronaValli Grandi VeronesiPolesine Dissesto idrogeologico.
21 settembre 1868 Alluvione di Parma 21 Emilia-Romagna Straripamento dei torrenti Parma e Baganza. La città di Parma sommersa dalla piena, con numerose vittime nell’oltretorrente ad ovest della città.

Alluvioni e inondazioni avvenute sul territorio italiano in periodi remoti

Data Comune Morti Area geografica Cause e/o colpevoli Note
1861 Tornado della Sicilia 500 Sicilia
3 novembre 1844 Alluvione di Firenze Toscana Esondazione del fiume Arno.
1777 Alluvione di Pisa Toscana Esondazioni del fiume Arno. Rovinosa esondazione dell’Arno.
febbraio 1763 versante ionico della Provincia di Messina alcune decine Sicilia Piogge torrenziali e tifone. Nei giorni di carnevale la Fiumara d’Agrò, il Torrente Savoca ed il Torrente Pagliara ruppero gli argini travolgendo alcune borgate rivierasche dei comuni di Savoca e Pagliara; anche il Mare Ionio fece la sua parte: altissimi cavalloni seminarono morte e distruzione.
19 maggio 1680 Alluvione di Pisa Toscana Esondazioni del fiume Arno. Le acque del fiume superarono di 30 cm gli argine e unite alle fogne incapaci di scolare nel fiume allagarono le parti più basse della città.
27 settembre 1557 Alluvione di Palermo circa 7000 Conca d’Oro È poco nota ma resta una delle alluvioni più sterminatrici della storia italiana. L’alluvione del 1557 uccise circa 7000 palermitani e numerosi animali tra cavalli e buoi, le cui carcasse venivano trascinate dalla furia del fango fino al porto della città. Una spaventosa ondata di fango venne giù dai Monti di Palermo, colmi di valloni e gole del maltempo e si accumulò nella depressione sotto le mura della città fino a toccare i quattro metri di altezza
13 settembre 1557 Alluvione di Firenze Toscana Esondazione del fiume Arno. Una delle più disastrose alluvioni che abbiano colpito Firenze, povocò il crollo di molti palazzi e danni alla città.
autunno 1348 Rotta della Malopera Polesine Forse la breccia fu aperta per motivi bellici. Il Tartaro è disalveato e l’Adige cambia letto.
4 novembre 1333 Alluvione di Firenze Toscana Esondazione del fiume Arno. La più catastrofica alluvione che abbia colpito Firenze, provocò ingenti danni alla città e il crollo di tutti i ponti compreso il Ponte Vecchio.
autunno 1167 Alluvioni di Pisa Toscana Esondazioni del fiume Arno. Nel corso di un piovosissimo autunno l’Arno esonda a Pisa ben nove volte fra settembre e novembre creando innumerevoli danni e crolli.
1152 Rotta di Ficarolo Polesine Dissesto idrogeologico. Il corso principale Po abbandona l’antico letto, il Po di Volano, e resta disalveato per una ventina d’anni prima di venire regolato nuovamente.
950 Rotta del Pinzone Polesine L’Adige e il Tartaro cambiano il proprio alveo.
17 ottobre 589 Rotta della Cucca e altri eventi Innumerevoli VenetoLiguriaRoma Dissesto idrogeologico seguito alla scarsa manutenzione dei fiumi dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e peggioramento generalizzato del clima. Strade, sentieri, campagne e interi villaggi furono distrutti. In seguito all’alluvione ci fu un incendio a Verona e un’epidemia a Roma. Secondo la tradizione storiografica veneta, questo evento causò anche lo sconvolgimento del corso dei fiumi della pianura veneto-friulana; la bassa pianura Padana fu trasformata in un’enorme palude.