YURT, recensione di Catello Masullo

YURT, recensione di Catello Masullo

(credits e sinossi da https://www.labiennale.org/it/cinema/2023/orizzonti/tatami)

YURT (DORMITORIO)

Orizzonti

Share on FacebookShare on TwitterShare on LinkedINSend via WhatsApp

Regia: Nehir Tuna
Produzione: TN Yapim (Tanay Abbasoğlu), Red Balloon Film (Dorothe Beinemeier), Cine-Sud Promotion (Thierry Lenouvel) con il sostegno di MOIN Film Fund Hamburg, Schleswig-Holstein, German-Turkish Co- Production Development Fund, L‘aide Aux Cinémas Du Monde, CNC, Institut Français, Sundance Film Festival con la partecipazione di Pyramide International Dulac Distribution
Durata: 118’
Lingua: Turco, Inglese
Paesi: Turchia, Germania, Francia
Interpreti: Doğa Karakaş, Can Bartu Arslan, Ozan Çelik, Tansu Biçer, Didem Ellialtı, Orhan Güner, Işıltı Su Alyanak
Sceneggiatura: Nehir Tuna
Fotografia: Florent Herry
Montaggio: Ayris Alptekin
Scenografia: Vahhap Ayhan
Costumi: Didem Ellialti
Musica: Avi Medina
Suono: Simone Weber
Effetti visivi: Philippe Perrot, Vincent Vacarisas

 

SINOSSI

1997, le tensioni tra turchi religiosi e laici stanno aumentando. Il quattordicenne Ahmet viene mandato da suo padre, recentemente convertito, in un dormitorio islamico, uno “Yurt”, per imparare i valori musulmani. Ahmet si impegna molto per diventare il figlio perfetto, ma ha difficoltà a integrarsi con i ragazzi turbolenti dello Yurt, e si sente isolato nella scuola laica che frequenta di giorno, tenendo nascosto ai compagni che risiede in questa nuova casa. La sua unica consolazione è il nuovo amico Hakan, un ragazzino smaliziato che sa come muoversi nel sistema dello Yurt. Insieme sognano di prendere delle decisioni autonome.

COMMENTO DEL REGISTA

Da bambino, sono stato mandato in un dormitorio religioso per cinque anni. Ho un ricordo che non dimenticherò mai: sono nella biblioteca del dormitorio. Sto con la testa appoggiata alla finestra. Sento il calore del radiatore sulle gambe e il freddo della finestra sulla fronte. Tengo gli occhi fissi sul soggiorno della nostra casa, che è a trecento metri di distanza, in attesa che le luci si accendano. Aspettando che i miei genitori tornino a casa. Poi le luci si accendono e li guardo. Papà si toglie la giacca e la appende sullo schienale di una sedia, mamma si toglie gli orecchini. Guardano la TV, cenano… li guardo vivere. Guardo le cose più comuni e noiose con nostalgia. Soprattutto con un nodo in gola. In Yurt ho cercato di portare la mia esperienza personale per raccontare una storia che va oltre la lotta politica tra religiosità e secolarismo, trasmettendo l’isolamento e la pressione che Ahmet deve affrontare nel tentativo di soddisfare le aspettative della sua famiglia e il suo bisogno di appartenenza.

PRODUZIONE/DISTRIBUZIONE

PRODUZIONE 1: TN Yapim
Rasimpaşa, Ortaç Sk., 9
34716 – Istanbul, Turkey
Tel. +90 533 257 49 04
tanay@tnyapim.com.tr
http://www.tnyapim.com.tr

PRODUZIONE 2: Red Balloon Film GmbH
Behringstrasse, 16B
22765 – Hamburg, Germany
Tel. +49 4050090808
Mob. +49 15786846727
flor@redballoon-film.de

Home v3

ALTRE COPRODUZIONI: Thierry Lenouvel – Ciné-Sud Promotion
11, quai de la Seine
75019 – Paris, France
Mob. +33 678000592
thierry@cinesudpromotion.com

DISTRIBUZIONE INTERNAZIONALE: Eric Lagesse – Pyramide International
32, Rue de l’Echiquier
75010 – Paris, France
Tel. +33 142960220
elagesse@pyramidefilms.com
http://pyramidefilms.com

UFFICIO STAMPA: Barbara Von Lombeek – The PR Factory
Tel. +32 486546480
barbara@theprfactory.com

UFFICIO STAMPA ITALIANA: Barbara Von Lombeek – The PR Factory
Tel. +32 486546480
barbara@theprfactory.com

 

Recensione di Catello Masullo: Un film molto importante, che fa conoscere al grande pubblico un fenomeno poco conosciuto, quello dei cosiddetti “dormitori islamici” in Turchia. Dove i genitori osservanti e militanti dell’islam come religione e come legge e modello di vita inviano i propri figli per essere formati all’islam radicale. Pur continuando, la mattina, a frequentare la scuola dell’obbligo statale, quella dello Stato laico fondato da Ataturk. Il film mette bene in luce tutte le contraddizioni di tale prassi dicotomica ed ossimorica. Il tutto in una società  in cui sopravvivono pesanti discriminazioni sociali, in termini di censo e di fede religiosa. Come dichiara il regista nelle sue note di accompagnamento al film, il film deriva da una sua esperienza di vita, quando, in età da liceo, fu inviato a frequentare un dormitorio islamico per 5 anni.  Significativamente tutta la prima parte del film è in bianco e nero, perché il regista non aveva alcun ricordo a colori del suo dormitorio islamico. Il film vira nell’ultima parte al colore a significare che l’uscita dal dormitorio è anche l’uscita dalle tenebre dello stesso, per tornare a vivere una vita normale e colorata. Questo passaggio, curiosamente, è marcato da una celebre canzone italiana, cantata da Nada, “Ma che freddo fa”. In definitiva, la ribellione dell’allora adolescente futuro regista si potrebbe condensare in questa frase: “potrete avere il mio corpo, ma non la mia anima”. Tradotto: mi posso, se devo, conformare alle leggi della sharia, ma non ne sono stato convinto, né convertito.

 

 

Valutazione sintetica: 7