UN MONDO A PARTE recensione di Catello Masullo

UN MONDO A PARTE recensione di Catello Masullo

 

(credits e sinossi da CINEMATOGRAFO.IT)

UN MONDO A PARTE

ITALIA 2024

Sinossi: Dopo 40 anni di insegnamento nella giungla romana, riesce a farsi assegnare all’Istituto Cesidio Gentile detto Jurico: una scuola composta da un’unica pluriclasse, con bambini dai 7 ai 10 anni, nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo. Grazie all’aiuto della vicepreside Agnese e dei bambini, supera la sua inadeguatezza metropolitana e diventa uno di loro. Quando tutto sembra andare per il meglio però, arriva la notizia che la scuola, per mancanza di iscrizioni, a giugno chiuderà. Inizia così una corsa contro il tempo per evitarne la chiusura in qualsiasi modo.

Regia: Riccardo Milani

Attori: Antonio Albanese – Michele Cortese, Virginia Raffaele – Agnese, Sergio SaltarelliAlessandra BarbonettiSolidea PistilliDonatella La CesaBianca Maria Macro, Gianmarco Borsa, Guglielmo Casale, Enzo De Sanctis, Andrea Decina Di Pirro

Soggetto: Michele AstoriRiccardo Milani

Sceneggiatura: Michele AstoriRiccardo Milani

Fotografia: Saverio Guarna

Montaggio: Patrizia CeresaniFrancesco Renda

Scenografia: Marta Maffucci

Colore: C

Genere: COMMEDIA

Produzione: WILDSIDE, SOCIETÀ DEL GRUPPO FREMANTLE, IN ASSOCIAZIONE CON MEDUSA FILM

Distribuzione: MEDUSA FILM

Data uscita: 2024-03-28

Recensione di Catello Masullo: Riccardo Milani si conferma come uno dei pochissimi registi viventi capaci di realizzare cinema popolare, che va incontro al grande pubblico, ma con altissima qualità cinematografica. I suoi film hanno un modo raro di raccontare semplicemente storie (a volte) difficili, mai banali, sempre con temi alti che riguardano importanti temi sociali. Film da cui emerge sempre una grande umanità ed una grande credibilità. Si riconosce da ogni fotogramma il “Milani Touch”, un marchio di fabbrica. Non fa eccezione questa sua ultima “fatica”, “Un mondo a parte”. Un film totalmente riuscito e compiuto, con la costruzione perfetta di una sceneggiatura d’acciaio, dello stesso regista, a quattro mani con Michele Astori, lo stesso del precedente “Grazie Ragazzi”. A cominciare dagli importanti temi sollevati. Primo la strenua resistenza degli antichi, piccoli, borghi storici, in via di progressiva estinzione (il film è stato girato nei deliziosi borghi che il regista mi ha precisato, vedi domanda alla fine di questa recensione, dell’alta valle del fiume Sangro, sui monti Marsicani, nel parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e soprattutto ad Opi, 1250 metri sul livello del mare, poco più di 300 abitanti, antico borgo medioevale, singolare per la posizione e l’aspetto di grande interesse archeologico, in cui la popolazione ha origini remote, ne sono testimonianza i resti di un centro fortificato nel luogo in cui sorge l’attuale abitato, i tanti reperti archeologici rinvenuti nella Necropoli di Val Fondillo e i resti di un probabile tempio nelle località “Casali” e “Fonte delle Lecina”). Luoghi splendidi e preziosi dove il grande nemico è la rassegnazione al destino di un progressivo declino. “Siete troppo giovani per essere rassegnati”, ammonisce il maestro, Antonio Albanese, ai suoi alunni della scuola elementare. “Maé, mia sorella Gemma dice che qua la rassegnazione se magna a mozzichi, come la scamorza”, gli risponde il piccolo Concezio. Virginia Raffaele, la vice-preside, spiega al maestro appena arrivato da Roma: “Abbiamo perso prima la biblioteca, poi la sala cinema…, piano piano ci siamo abituati. Ci siamo abituati al peggio, è la cosa più brutta per un essere umano!”. E ancora, il tema della scuola, tanto caro a Milani, elemento essenziale allo sviluppo di un paese. Il tema dell’ambiente e della sua difesa (non senza una gustosa stoccata ai catastrofisti del cosiddetto “cambiamento climatico”, con la saggezza popolare dell’impagabile bidello Nunzio, interpretato da Sergio Saltarelli, “viaggiatore di Pescasseroli”, quando impreca, mentre fatica, come tutti i giorni d’inverno, a liberare dalla neve l’ingresso alla scuola: “Dicevano che non nevicava più, e invece ogni anno è la stessa cosa!”). Ed anche il tema della “diversità”, che nei piccoli centri assume toni da tragedia. Deliziosi ed irresistibili i toni di commedia, sin dall’incipit, con lo scambio di battute tra il preside della scuola romana, l’Alberto Moravia, dove insegna, e Albanese: “Rupe, 378 abitanti… te l’hanno accettata… ma chi te lo fa fa? / Io vivo a Roma da 35 anni… l’altro giorno mi stavano inseguendo i genitori dei miei alunni, pe’ menarme!”. Oppure nei comici primi approcci con il dialetto abruzzese, tra Albanese ed il bidello: “Che vi siete detti? / Che va a dormire. / Ma è Swahili? / No, è abbruzzese: me vajo a crecà, mi vado a coricare!”. Oppure la maestrina che fa la spola tra quattro diversi comuni che così sistema, fulmineamente e genialmente, la pluriclasse, per dare modo allo svolgersi di un drammatico consiglio di Istituto: “La prima fa un tema: come vedete Rupe (il nome di fantasia del loro paese, ndr.) nel terzo millennio, la terza sulla: transizione ecologica da Benedetto Croce a Greta Thumberg, la quinta: la transumanza digitale!”. Sapiente e molto divertente il dosaggio dei “tormentoni”, “la montagna lo fa!”, e “non vogliamo fare la fine di Sperone”, quest’ultimo conferisce anche un sapido sapore di thriller al racconto. Milani ha scelto tutti attori non professionisti, residenti dei luoghi dove ha girato (a parte i due protagonisti, immensi, Antonio Albanese, al quinto film con il regista, suo perenne alter ego nell’impegno civile, ed una sorprendente Virginia Raffaele, che ha anche una perfetta dizione abruzzese, ereditata dalla madre). Questo conferisce un grado di verità assoluta ai vari caratteri. Li dirige divinamente e mai si ha la sensazione che siano attori presi dalla strada. Secondo la somma lezione del neorealismo e della commedia all’italiana classica che ne è figlia. Bellissime e brillanti le musiche di Piernicola Di Muro che leggono ed anticipano alla meraviglia il mood del film. Che è ulteriormente impreziosito nel finale da due liriche del compianto Ivan Graziani, abruzzese di Teramo, “Agnese” (il nome della vice-preside/Virginia Raffaele) (“Agnese, dolce Agnese sapor di cioccolata…”) e “Taglia la testa al gallo”. Quando si esce dalla visione di questo film (l’ho voluto vedere due volte prima di scrivere questo commento, per averne la conferma) ti si allarga il cuore, come dopo aver visto i migliori film di Frank Capra, dai quali eredita anche la esaltante epicità della lotta vittoriosa del singolo (vedi di piccole comunità, per la specie) contro forze soperchianti. Abbiamo trovato l’erede italiano del mitico maestro di Hollywood, massimo interprete del sogno americano, ma nato a Bisacquino in provincia di Palermo con il nome Francesco Rosario Capra?

 

Curiosità, ho chiesto al regista: “Riccardo, mi confermi che il film è stato girato nei borghi di Pescasseroli, Opi, Villetta Barrea, Civitella Alfedena, Barrea e Gioia dei Marsi? Il paese dove c’è la scuola, il municipio, ecc. è solo uno, o una composizione di più comuni?”.

La risposta di Riccardo Milani: “Il paese di riferimento è quello di Opi (uno dei Borghi d’Italia). Però poi le varie ambientazioni specifiche, Chiesa, Comune, ecc , sono una composizione dei comuni di Opi, Pescasseroli, Villetta Barrea, Barrea, Civitella Alfedena. Abbiamo girato anche a Gioia dei Marsi la scena dei lavoratori nordafricani”.

 

Valutazione Sintetica: 8