Gli spietati, recensione di Riccardo Rosati

Gli spietati

Genere: Western

Nazione: USA

Anno produzione: 1992

Durata: 125′

Regia: Clint Eastwood

Cast: Clint Eastwood, Morgan Freeman, Gene Hackman, Richard Harris

Sceneggiatura: David Webb Peoples

Produzione:  Clint Eastwood

Distribuzione: Warner Home Video Italia

 

Due vecchi e spietati assassini

Sono già trascorsi undici anni da quando William Munny (Clint Eastwood) ha riposto il fucile e si è ritirato in una fattoria persa nella immensa prateria americana. I tempi sono duri da quando la moglie è morta: i bambini sono affamati e il bestiame decimato dalla febbre. Un giorno, si presenta a lui Schofield Kid, un giovane cacciatore di taglie alla ricerca di un socio. Dunque, chi meglio del famigerato pistolero Munny, un tempo assassino senza pietà! Comincia così una avventura che fa gradualmente riaffiorare tutti quei fantasmi del passato che l’anziano bandito aveva cercato di nascondere in qualche angolo remoto della propria memoria…

 

Non voler uccidere

Questo è il tredicesimo Western interpretato da Eastwood, nonché la sua sedicesima regia di un lungometraggio per il cinema. Si tratta di un film crepuscolare, venato di un fortissimo cinismo, che in alcuni casi si concede persino – cosa rarissima in un Western – ad alcune atmosfere noir. Un’opera che ha avuto una lunga gestazione: le sue origini risalgono alla metà degli anni Settanta, da un soggetto originale dell’allora sconosciuto David Webb Peoples. Questo autore divenne celebre alcuni anni dopo per aver scritto, insieme a Hampton Fancher, la sceneggiatura di quel capolavoro assoluto che è Blade Runner (1982) di Ridley Scott. Difatti, anche ne Gli spietati è preponderante quel tono marcatamente introspettivo dei personaggi che ha contribuito al successo del film fantascientifico del cineasta inglese.

 

William Munny è un uomo che viene da un passato indicibile, quando era dedito all’alcol e capace di assassinare donne e bambini. Il suo contraltare è Little Bill Dagget – interpretato da un perfetto Gene Hackman – lo sceriffo di Big Whiskey nel Wyoming. Egli è l’altra faccia della stessa medaglia: ex-pistolero, non più giovane, Little Bill ha abbandonato il Texas, divenendo sceriffo di una località relativamente tranquilla, dedicando tutto il suo tempo libero a costruirsi, senza troppo successo, una casa. All’apparenza, quella messa in scena da Eastwood sembra la storia di uomini vecchi, sporchi e di poche parole, nulla più. Tuttavia, il procedere degli eventi fa intendere che la oscurità nascosta nell’animo di questi attempati pistoleri è tutto, tranne che parte di un vissuto perduto e dimenticato. Il parallelismo fra Munny e Little Bill è quasi scontato: entrambi appartengono a una storia fatta di violenza, come ambedue del resto hanno subìto una specie di redenzione.

 

La vendetta, che è poi un Leitmotiv di molti Western, sta alla base di una pellicola formalmente essenziale, dove si narra la storia di una America avvilente e senza speranza, così ricorrente in Eastwood; autore nichilista e, nel contempo, paradossalmente romantico. Egli, come suo solito, non dà giudizi. Anche in questo film, il regista statunitense racconta una vicenda in cui non esiste una divisione manichea tra buoni e cattivi, ma solo il modo che certi esseri umani hanno di sopravvivere.

 

Questa pellicola confermò Clint Eastwood anche nel campo registico, difatti gli valse ben quattro Oscar, tra i quali quello per il Miglior Film e la Miglior Regia. Quella icona consacrata dal grande Sergio Leone ci propone qui una narrazione completamente priva dell’epica un po’ retorica delle Frontiera, sostituendola con una elegia della prateria americana. Non per nulla, più di una inquadratura ricorda quelle che troviamo in un altro film che racconta in modo quasi amorevole una America fatta di prati incolti e paesaggi sterminati; ci riferiamo al bellissimo Una storia vera (“The Straight Story”, 1999) di David Lynch. Lo spirito antieroico che anima tutto il cinema di Eastwood trasforma i luoghi canonici del Western, in atmosfere morbose che connotano regioni aride, in cui alberga solo la perdita d’identità di una cultura, quella degli USA, che forse non è mai stata tale e che proprio dal “mito” del West traeva da un lato l’unica sua autentica specificità; dall’altro quel carattere crudele, belligerante e dedito allo scontro, che caratterizza buona parte della storia di questa Nazione.

Riccardo Rosati

 

Caratteristiche tecniche

Formato Video: 16:9 (2,35:1)

Formato audio: Italiano: Dolby Digital 2.0. Sottotitoli: Inglese e Francese.

 

Contenuti speciali

Il menu principale è inspiegabilmente in francese. Il DVD non presenta extra e non è nemmeno serigrafato. Discreta la qualità audio e video.