L’isola del Dr. Moreau, recensione di Riccardo Rosati

L’isola del Dr. Moreau

(“The Island of Dr. Moreau“)

 

Genere: Fantascienza

Nazione: USA

Anno produzione: 1977

Durata: 99’

Regia: Don Taylor

Cast: Burt Lancaster, Michael York, Barbara Carrera, Richard Basehart

Sceneggiatura: Al Ramrus, John Herman Shaner

Distribuzione: Koch Media

 

Isole, mari e orrori

Siamo nei primi anni del XX secolo, su di una sperduta isola dei Mari del Sud fa naufragio il marinaio Andrew Braddock, che così scopre  la esistenza della base di uno scienziato bandito in eterno dalla comunità scientifica internazionale a causa dei suoi esecrabili studi. Trattasi del cinico dottor Paul Moreau, il quale si delizia in tremendi esperimenti di vivisezione tra uomini e bestie, nel folle tentativo di poter plasmare l’aspetto di ogni essere vivente. Ispirato a The Island of Lost Souls (1932) di Erle C. Kenton, e tratto allo splendido romanzo omonimo (1896) di Herbert George Wells (1866 – 1946), il film presenta un carismatico Burt Lancaster nel ruolo dello squilibrato Moreau.

 

Se questo è un uomo

Quella di Don Taylor è generalmente considerata la più complessa e apprezzata versione filmica per la fedeltà al celebre libro a cui si ispira. Come la sua fonte letteraria, essa tocca tematiche sociali e offre una interessante riflessione sulla morale della scienza. Lo scenario è ricco di buoni effetti speciali (per l’epoca) e sovente in bilico tra Horror e Fantascienza, a dimostrazione di quanto l’opera wellsiana sia una importante precorritrice di quel fenomeno che ormai la critica chiama della “contaminazione” dei generi narrativi.

Il cardine di tutta la storia ruota intorno alla questione deontologica sulle responsabilità della scienza di fronte alla scelta di rispettare o meno le regole della Natura. Il dottor Moreau è da sempre uno dei prototipi di scienziato folle e amorale. A metà tra un Dio e un carnefice, egli è legato alle sue creature, vittime di un rapporto di dominio e necessità in cui è ricomposto persino un accenno alla lotta di classe. Moreau è inoltre una vera icona ante litteram della civiltà contemporanea, che ha divinizzato tecnologia e progresso, nonché il simbolo eloquente dello sfruttamento industriale che crea automi e burattini al posto di esseri umani.

Il film è essenziale, formalmente quasi scarno. Talvolta sembra persino strizzare l’occhio a un linguaggio di tipo documentaristico. La  fotografia poi esalta dei colori tenui, che ben si sposano con un indugiare di tutta la pellicola in un certo esotismo. Anche per questo motivo, malgrado sia l’ennesimo esempio di versione cinematografica di un’opera letteraria, a discapito della più articolata operazione di trasposizione, dove non cambia solo il titolo ma anche la location e altri particolari presenti nella fonte scritta, possiamo dire che il film di Taylor riprende in modo sapiente molte delle atmosfere del romanzo di Wells, insieme, come si è detto, a gran parte delle tematiche politico-sociali.

 

Una riflessione finale va rivolta su una più esatta comprensione della grande differenza nella visione della FS tra quella di matrice britannica e quella invece statunitense. In quest’ultima troviamo spesso una interpretazione ingenua e positiva della scienza, dove il male viene solitamente “da fuori” e non è quasi mai causato della “voglia di sapere” dell’uomo. Quella britannica, per converso, stigmatizza con coraggio l’egoismo della scienza, in cui “brilla” la figura del ricercatore, il quale, più che essere semplicemente matto, è reso cieco da un falso stato di onnipotenza garantitogli da una tecnica che si illude stolidamente di poter dominare.

Riccardo Rosati

 

 

Caratteristiche tecniche

Formato Video: 1.78:1

Formato audio: Dolby Digital 2.0 italiano, inglese

Sottotitoli in italiano.

 

Contenuti speciali

Contenuto extra: Trailer originale

Booklet con biografia e filmografia del regista e degli attori.