VENEZIA 76 : PASSATEMPO (recensione di Assunta Masullo)

PASSATEMPO

VENEZIA 76 : RECENSIONE DI ASSUNTA MASULLO (2 settembre 19)

 

Estratto dalla cartella stampa 34. Settimana della Critica ( a Cura del Sindacato Critici Cinematografici Italiani):

PASSATEMPO

di Gianni Amelio. Italia, 2019. Col., 18’

 

Sceneggiatura: Gianni Amelio. Fotografia: Luan Amelio UJkaj. Montaggio: Simona Paggi. Suono: Alessandro Zanon. Scenografia: Giancarlo Basili. Costumi: Maurizio Millenotti. Interpreti: Renato Carpentieri, Daouda Sissoko.

Una produzione Bartlebyfilm, The Film Club con Rai Cinema in collaborazione con Fondazione Fare Cinema

Prodotto da Massimo Di Rocco, Luigi Napoleone. Coprodotto da Simone Gattoni, in collaborazione con Paola Pedrazzini, Pier Giorgio Bellocchio

 

Così inizia questa storia

Un professore in pensione è seduto al tavolino di un bar all’aperto, in una bella giornata di sole. La cameriera gli porta la colazione. Subito dopo arriva un ragazzo, e il professore lo invita a sedersi, lo aspettava. Il ragazzo ha la pelle scura, viene dal Mali. È ben vestito, sereno, pronto anche lui al “gioco” che il professore deve condurre. Si tratta di una gara di enigmistica, dove si vince compilando per intero un cruciverba. Ma c’è una variante che rende la prova impossibile: indovinare le soluzioni prima ancora che venga posto il quesito. E tuttavia il ragazzo arriva alla fine. O quasi…

 

Gianni Amelio (1945) assistente di Vittorio De Seta, ha esordito come regista negli anni 70 con alcuni film per la televisione (La fine del gioco, La città del sole, La morte al lavoro, Il piccolo Archimede). Al cinema debutta con Colpire al cuore (1982), che segna la sua prima partecipazione in concorso alla Mostra di Venezia. I film successivi, I ragazzi di via Panisperna (1988), Porte aperte (1990), Il ladro di bambini (1992), mettono in luce una particolare attenzione alla Storia, ai temi del lavoro, e al rapporto tra le generazioni, che sarà quasi una costante nella sua attività a venire. Nel 1994 dirige Lamerica, interamente ambientato nell’Albania post‐comunista, in cui conferma uno stile di forte impatto realistico, ma aperto a una visione epica, con influenze sapientemente assorbite dal cinema italiano classico. Con il successivo Così ridevano (1998) intreccia esperienza pubblica e memoria personale rappresentando l’emigrazione interna dal sud al nord dell’Italia negli anni 50. Il film vince il Leone d’oro alla Mostra di Venezia dello stesso anno. Nel 2004 Amelio dirige Le chiavi di casa, storia del rapporto tra un giovane padre e un figlio disabile, girato interamente a Berlino. In seguito, realizza La stella che non c’è (2006), storia di un operaio italiano che va da Shanghai in Mongolia cercando un pezzo della “sua” fabbrica comprata dai cinesi. Nel 2010 Amelio affronta in Algeria la memoria dell’infanzia di Albert Camus, come il grande scrittore l’aveva narrata nel suo libro incompiuto Il primo uomo. Il film vince il premio dei critici al Festival di Toronto. Del 2013 è L’intrepido, ancora in concorso a Venezia, del 2017 La tenerezza e il cortometraggio Casa d’altri. Amelio ha diretto per quattro anni il Torino Film Festival, e scritto libri come Il vizio del cinema, Un film che si chiama desiderio, L’ora di regia. Ha scritto due romanzi Politeama, Mondadori, 2016 e Padre quotidiano, Mondadori, 2018. È l’unico regista italiano vincitore per tre volte del premio EFA, altrimenti detto Felix. Attualmente insegna al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.

 

RECENSIONE : Ci vuole un grande autore per realizzare un capolavoro. E Gianni Amelio e’ un grande autore. Per un capolavoro cinematografico non servono i molti minuti di un lungometraggio o una costosa organizzazione. Basta una idea geniale, attori di razza e molto mestiere. Ingredienti, tutti, che ritroviamo in questo piccolo, ma grandissimo film. In cui si gioca con deliziosa maestria nell’equivoco tra sogno (mai così realistico) e realtà. Con un attore supremo ed inarrivabile come Renato Carpentieri, che sta assumendo in questi ultimi anni un ruolo di Re Mida del cinema italiano, rendendo splendente e lucente tutto quello che tocca. Con il suo carisma, con la sua presenza scenica ineguagliabile, con il suo senso della sottrazione magistrale. Il film e’ una potentissima metafora di un conflitto tra europei ed africani extracomunitari in cui e’ impossibile ci sia un vincitore. Se volete vedere un esempio di “cinema cinema”, alto, colto, spettacolare e popolare al contempo, ed avete una ventina di minuti a disposizione, questo e’ il film che fa per voi. Complimentissimi alla selezione di Giona Nazzaro e della Settimana della Critica.

VALUTAZIONE SINTETICA COMPLESSIVA : 10/10