CONFERENZA STAMPA LA MACCHINA DELLA IMMAGINI DI ALFREDO C.  10 sett 21 A cura di Anna Piccini

CONFERENZA STAMPA LA MACCHINA DELLA IMMAGINI DI ALFREDO C.  10 sett 21

A cura di Anna Piccini

 

Regista Roland Sejko: faceva parte di una ricerca che avevo fatto nel tempo. Durante una serie di convegni che la ambasciata di Italia in Albania aveva organizzato ho parlato con molti storici. Il Luce ha avuto la voglia di farlo. Le piccole storie raccontate si sono messe assieme.

 

Moder : c è l’operatore prima della retorica fascista e poi di quella comunista albanese. Quanto riesce ad essere occhio neutro?

 

Da Silva : è un piccolo strumento di propaganda. Si attiene a quello che viene istruito di fare. La propaganda è strumento micidiale. Nell’arco della narrazione resta sempre più annichilito nei suoi pensieri e scivola in una sorta di stupore. Il lavaggio delle pellicole è una metafora, le immagini si accumulano ed hanno riportato alle macerie della storia, vuole negare a se stesso di avere documentato qualcosa di inquietante. Come se fosse un brutto sogno ad occhi aperti di cui non riesce a capirne la portata. Che cosa ha portato di fronte agli occhi della gente.

 

Regista Roland Sejko: non so se è la sua fortuna o la sua disgrazia. Perché resta vivo. Tra tutti gli italiani restasti in Albania, era uno di quelli di cui avevano bisogno. Per la propaganda. Anche quello che era l’unico a costruire le gallerie. Sono stati trattenuti. Erano necessari al paese. La figura dell’operatore è stata scelta, per raccontare altri temi. Sia il tema della propaganda che quello degli italiani restati in Albania.

 

Moder: Alfredo è terrorizzato che svanisca. Prova a ricostruire la sua storia. È quello che fa l’Istituto Luce

 

Enrico Bufalini, Luce: è un tributo a tutti gli Alfredo C che hanno prodotto filmati con un archivio unico al mondo, in nomina UNESCO. La pellicola da una qualità di immagini potenti, di grande risoluzione e fotografia ad alta risoluzione. A cinecittà riapre il laboratorio di sviluppo dele pellicola. Anche questo film è stato girato in pellicola. Diamo spazio a chi voglia continuare a farlo. Abbiamo restauro, immagini decontestualizzate, ricondizionate e sonorizzate. Ai fini creativi.

 

Moder : le immagini seguono il decalogo. Il duce ripreso da sotto per la mascella, che effetto ti ha fato montare queste immagini che sono la nostra storia.

 

Luca Onorato: emozione a ritrovare cose dimenticate. Voglia di cercare particolari all’interno della inquadratura. È stato amplificato all’interno del lavoro. La ripresa della moviola delle macchine da presa. Fatto con passione.

 

 

D: durante il periodo delle dittature importanza del cinema, per propaganda e censura. Oggi questo ruolo non è più riconosciuto al cinema. È possibile riconoscere al cinema la potenzialità di un’arma senza tornare alla dittatura?

 

Regista Roland Sejko: complicato dare una risposta all’interno del nostro cinema. In questo documentario cerchiamo sempre scene che non sono usate. Ma la scena più usata è quella, il cinema è la prima, la più potente. Anche Lenin diceva la stessa frase ripresa poi da Mussolini. Anche Hitler e Goebbels. Poter sapere leggere è anche poter capire.

 

Catello Masullo: anche se il repertorio è il cuore e la parte più importante, avrei qualche curiosità sulla parte di finzione che fa da fil rouge. Prima di tutto perché, possedendo un’arma così potente come questo magnifico attore che è Pietro De Silva, hai deciso di non farlo parlare se non con la voce narrante fuori campo? Poi, come sono state fatte le ricostruzioni? Ho letto che la moviola è stata prestata, era del tipo che si usava allora? Ho visto che Pietro, che sarà diventato un espertissimo operatore, usava una pressa per attaccare le pellicole. Non credo fosse una pressa Catozzo, inventata a Santa Marinella e poi diventata standard internazionale, perché all’epoca ancora non era stata inventata, è così?

 

Regista Roland Sejko: sembra una domanda che sembra che l’avessi chiesta. La Prevost è unica in Italia, anzi ce ne sono solo due. Ne avevamo visto una al museo del cinema di Torino, l’abbiamo richiesta, ma non è stato possibile averla. L’ing Paolo Prevost ce l’ha prestata. A Roma l’abbiamo trattata con molto calore. E funziona. È una moviola unica. Paolo Prevost quando è venuto a Roma durante le riprese si è emozionato tantissimo. Le presse e le pellicole sono tutte originali degli anni 30. Essendo acetone, la pressa non è Catozzo, inventata negli anni ’50. Non ho fatto parlare Pietro. Facciamo i provini. Gli ho detto che non era prevista una scena parlante. Gli attori sono vanitosi. Pietro è stato umile ed ha capito come doveva essere raccontata questa storia. Il set di cinecittà, teatro 3, ha preso vita grazie alle scenografie ed al lavoro enorme degli artigiani di cinecittà. Per me è la prima volta. Il più grande complimento da un collega che voleva vedere il luogo dove era stato girato. Senza sapere che il giorno dopo, alla fine delle riprese in un ‘ora è stato smontato tutto. Altre persone sono state importanti a livello tecnico. Le musiche, che hanno dato ali al film. La squadra di fotografia, era un set difficile, giravamo in pellicola, non si poteva vedere il girato in tempo reale. Non poteva che essere girato in pellicola, parlando di pellicola.