TSN 2022: Critiche a cura di Paola Dei

Critiche a cura di Paola Dei

 

HOW TO di FRANCESCO DI GIORGIO e VALENTINA GHETTI

Girata interamente con IphoneX la digital series racconta il bisogno di contatto e la capacità di adattamento dell’essere umano in tempo di pandemia. La ricerca di un collegamento con il mondo ha permesso a due creativi di comunicare attraverso il vedere, l’ascoltare, il pensare. Notevole la capacità di ripresa del cineasta che riesce a unire spazi e agglomerati urbani dove si intrecciano tempi ed emozioni per costruire l’incontro. Il percorso è ricco di sorprese fra angolazioni, inclinazioni, orizzonti che permettono agli spettatori di immergersi nelle immagini, seguendo una composizione visiva che incastona il personaggio ripreso: Valentina, fra i motivi geometrici che grazie alla potenzialità immaginifica evocano la metafisica. Una composizione minuziosa e precisa, un preludio che ci conduce alla scena finale dove, dal contatto con l’ambiente si passa al contatto fra i corpi.

LE SUPPOSTE DI CARMELO regia di CARMELO COMISI ed ELISA CAPO

Sessualità, disabilità e lockdown; un trinomio delicatissimo che il regista ha affrontato con la leggerezza necessaria ad attrarre un pubblico eterogeneo in grado di attraversare tematiche pregnanti e complesse. Il cortometraggio nato dall’incontro del protagonista, Carmelo Comisi, tetraplegico a causa di un incidente stradale, con Elisa Capo che fa parte del network che organizza il Disability Pride in Italia la quale ha detto: “Una sit down comedy per ridere di quello che siamo o che stiamo passando, perché attraverso l’ironia è possibile anche esorcizzare e semplicemente aiutare gli altri ad entrare in una situazione con il sorriso”. Le clip ironiche illuminano aspetti della vita di un disabile che troppo spesso non vengono presi in considerazione. Un modo intelligente e irriverente quello di Carmelo di condividere la sua situazione affrontandola con leggerezza capace di abbattere stereotipi e pregiudizi. Uno sguardo diverso per raccontare come la sensualità e la capacità ironica non siano colo prerogativa di corpi perfetti.

RAJEL regia di ANDREA BRUNETTI

La digital serie, concepita dal Progetto OLTRE, che vede come protagonista Raf, alias Ramzi Lafrindi, un giovane testardo e ribelle, ha un carattere didattico, ma è comunque capace di avvincere con il suo tentativo di abbattere gli stereotipi. Un concentrato di pregiudizi, razzismi, integrazione, conflitti generazionali e culturali, dove le ombre e le luci scolpiscono i personaggi e tracciano storie, lasciando emergere le paure diffuse che generano, a loro volta, altrettanti pregiudizi. La digital serie rappresenta un metodo intelligente per sfatare luoghi comuni a partire dal titolo che in arabo significa “UOMO”. Questo è infatti l’obiettivo che si propone il regista; trasformare un ragazzo ribelle in un uomo attraverso un percorso formativo di trasformazione. La digital serie ha come ambassador Mahmood ed è realizzata con la collaborazione di quattro Atenei: L’università degli Studi di Roma Tor Vergata, L’Università degli Studi di Cagliari, L’Università La Sapienza di Roma e l’Università degli Studi di Palermo.

THERE IS NO “I” IN ISLAND regia di REBECCA THOMSON

La regista nella digital serie affronta in maniera originale e creativa i vissuti degli abitanti della Tasmania in tempo di pandemia, utilizzando le parole auto-registrate degli abitanti dell’Isola di Lutruwita durante il blocco dovuto al Covid nel maggio 2020, e abbinandole alle stupende immagini e musiche prodotte dagli stessi artisti della Tasmania. Ogni singola immagine rappresenta il tentativo di uscire da una sorta di reclusione dovuta al virus dove gli orizzonti delle arti non hanno limiti e confini. Le immagini intrise di animismo hanno il potere di far percepire allo spettatore una forza magica che abita gli oggetti, e il racconto iconico fa da sfondo alle storie auto-registrate della Tasmania, dando voce non solo alle vicende di un singolo, ma alla storia di un intero popolo. Lo spettatore viene accompagnato a vivere le sensazioni del particolare momento storico attraverso la fascinazione di magici itinerari. L’arte supera ogni frontiera, colma le distanze e varca la soglia della clausura.

 

IL VESTITO regia di MAURIZIO RAVALLESE

Giocato tutto sulla scoperta, il mistero e l’ambiguità, il cortometraggio di Maurizio Ravallese, racconta le storie d’amore atipiche di due uomini: Amid interpretato da Danilo Arena e Massimo interpretato da Christian Ansante. Fra loro una valigia, unico elemento femminile presente nel film, con una forte valenza simbolica, in quanto contenitore di verità che saranno svelate soltanto nel finale.

Con drammatica dolcezza il regista unisce elaborazioni di lutto, fuggevolezza della vita, condanna e perdono fra fantasmi di un passato prossimo e sogni di un futuro appeso ad un vestito. Un emigrato, Amid, confessa di doversi sposare ma non ha il vestito, un altro uomo è in procinto di sposarsi ma è solo. Il caso, le circostanze della vita, gli incastri banali di situazioni portano i due uomini, entrambi emarginati per motivi diversi, ad incontrarsi, scontrarsi e riuscire a portare a termine entrambi il loro obiettivo.

Senza retorica il regista porta il pubblico a riflettere su tematiche pregnanti con un impianto narrativo efficace e una fotografia dove i cromatismi rafforzano ed evidenziano il disagio interiore dei protagonisti.

VECCHIO regia di DINO LOPARDO

Un fantastico Leo Gullotta veste i panni di Aldo, un anziano signore che vive in una RSA. L’uomo si presenta allo spettatore davanti ad uno specchio mentre esegue i rituali quotidiani del risveglio. É solo con i suoi ricordi, i suoi rimpianti, la vita che gli resta da vivere. Lo sguardo potete della regia si posa sui particolari del volto, sui gesti, sugli occhi. Poco dopo lo vediamo all’ospedale circondato dall’affetto dei suoi cari, Aldo non dice una parola anzi è capace di trasformare la parola stessa in immagine e conferendo al cortometraggio un’autentica poeticità esaltata dal bianco e nero. Una musica fra i ricordi e gli oggetti, regalati dai figli e dai nipoti all’anziano signore, che assumono un significato speciale e divengono il simbolo di un limpido sentimento.

Con leggerezza spirituale, potenza e levità il regista realizza una poesia tenera e malinconica nella quale la recitazione del protagonista attraverso i gesti, le espressioni e i primi piani riesce a dire l’indicibile. Come ha sostenuto lo stesso regista, il corto è stato ispirato da due importanti citazioni, una di Aristotele che afferma: “Chi è felice nella solitudine o è una testa selvaggia o è Dio”. L’altra da Gabriel Garcia Marquez dove lo scrittore latino-americano dice: “La morte non arriva con la vecchiaia ma con la solitudine”. Un cortometraggio che sussurra all’anima con tragica dolcezza.

KALA regia di CARLO FALCONETTI

La Parola Kala dal sanscrito è indicativa del tempo e può avere vari significati, come spazio temporale, un tempo definito, il fato. Nel periodo preindoeuropeo invece, Kala assumeva il significato di “roccia” e più precisamente “riparo sotto la roccia”. Il linguaggio onirico e allusivo del cortometraggio si inserisce perfettamente in tutti questi significati e avvince fin dalla prime scene dove fra ombre e luci emerge un personaggio perseguitato da flashback e ricordi che faticano ad avere un senso compiuto. Attimi di luce e una psiche imprigionata fra le mura di un antico palazzo. L’uomo con una parte di sé è immobile ma con l’altra parte corre incessantemente in spazi boschivi. Le riprese evidenziano alternativamente il volto immobile e sofferente e le gambe in corsa del protagonista. Fra i flashback una promessa d’amore e la morte di un amico che solo grazie alla visione della donna devota amata avrà una spiegazione e permetterà all’uomo di recuperare i brandelli di ricordi. Un disperato viaggio nella propria interiorità dove la fotografia e i suoni accompagnano lo spettatore alla scoperta della verità.